Max Pezzali: “Discoteche abbandonate” tra ricordi e rimpianti

“Discoteche abbandonate” è il nuovo singolo di Max Pezzali. Un brano scritto con Jacopo Ettore e Michele Canova che per il momento verrà trasmesso solo per radio (“alla vecchia maniera”) e sul tubo.

Una canzone che vuole rievocare l’epoca d’oro delle maxi discoteche, tra gli anni 80 e i primi 2000, nata grazie al fotolibro “Disco mute. Le discoteche abbandonate d’Italia”, dove sono immortalati i locali che hanno fatto epoca, oggi in rovina. 

Stessa storia, stesso posto, stesso bar

“Vedere quei luoghi straordinari, epici, oggi vuoti e vandalizzati, mi ha fatto pensare a quanto i luoghi spogliati dalle persone perdano il loro fascino, che rimane solo nella memoria, sembravano foto di una civiltà decaduta tipo Atlantide. A Pavia c’erano due discoteche e 106 farmacie, ora sono rimaste solo le 106 farmacie”.

“Si pensava che le discoteche fossero la causa di ogni degrado, le hanno chiuse ma il degrado è rimasto, sono state il capro espiatorio, ma evidentemente il punto non era lì. Anzi, arrivo a dire che le discoteche hanno avuto meriti culturali pazzeschi”.

Le parole dello stesso Max Pezzali, ai microfoni di Tgcom24, riassumono perfettamente il senso del progetto.

Quella delle maxi-discoteche è stata un’epoca fortunata, per chi l’ha vissuta, e Max Pezzali è uno di quelli che può raccontare quel periodo.

#iocero

Un tuffo nel passato, dolce, per i ricordi, ma al tempo stesso amaro, per come è andata a finire.

La Cometa

Se a Pavia c’erano due discoteche il Docking e il Celebrità (a cui gli 883 dedicarono “La regina del Celebrità“, uno dei loro maggiori successi), in provincia di Torino c’erano due locali altrettanto mitici: La Cometa a Piobesi e L’Ultimo Impero a Airasca.

La Cometa era un enorme struttura su due piani, frequentata da famiglie al gran completo: papà, mamma e figli al seguito. I primi due generalmente si fermavano al piano di sotto, la sala del liscio, i secondi di sopra, nella sala dedicata alla “musica moderna”. C’era il deejay, ma soprattutto si suonava dal vivo, con orchestre e complessi (come si diceva allora) niente male.

Luogo ideale per “baccagliare” sia tra un valzer e una mazurka, era frequentato dai “cariun” (chi è piemontese sa cosa significa) della provincia, e non solo, sia a ritmo di dance. Soprattutto nella sala disco, si ritrovava tutta la tamarreria torinese e della prima cintura mentre i “paesani” (“barot” sempre in piemontese) si dividevano tra liscio e moderno.

Ma bisognava fare attenzione: tra un valzer e una mazurka, i genitori erano soliti buttare un occhio vigile alla sala di sopra, soprattutto alle figlie femmine, e i genitori degli anni ’70 e ’80 non erano quelli di adesso.

Finito il pomeriggio, di solito quello della domenica, si tornava a casa, meglio se con un numero di telefono in tasca. All’epoca era già tanta roba.

Gli anni dove si si divertiva davvero, si era felici, forse senza saperlo.

L’ultimo Impero

Inaugurata il 18 dicembre 1992, la discoteca aveva quattro piani e poteva contenere fino a ottomila persone, rendendola per un periodo la discoteca più grande d’Europa.  

Durante i sei anni di gestione, ha offerto una vasta gamma di generi musicali, dall’energia della techno-house, all’evoluzione verso la techno-progressiva. Dal 1995, questa evoluzione musicale è diventata il marchio distintivo delle serate, attrattiva per DJ nazionali e internazionali di alto livello. L’ultimo impero è stata la piattaforma di lancio per talenti emergenti come Gigi D’Agostino, Claudio Diva, Daniele Gas, Lello B., Alberto Esse e per voci iconiche come Superpippo, Joe Tequila e Gradiska.

Meta preferita della tammareria di cui sopra, sia di Torino, che della cintura, che della provincia, era considerato “IL” posto per eccellenza: non si era “nessuno” se non si era stati lì almeno una volta nella vita.

A dispetto dei duri da battere, l’atmosfera era relativamente tranquilla, in fin dei conti ci si andava per divertirsi (e baccagliare).

max pezzali - la copertinaa del nuovo singolo discoteeche abbandonate, che raffigura una palla a specchio rotta

Discoteche abbandonate

L’astronave Max torna a volare e atterra sulla terraferma con qualcosa di nuovo, quattro anni dopo: un pezzo come ai vecchi tempi.

Una canzone “doc” che ci restituisce l’artista pavese in splendida forma: quel ritmo che si memorizza fin dal primo ascolto, e che diventa automaticamente un tormentone nella testa, e il testo diretto che riesce a dire le cose in modo chiaro e semplice. Max, sei un mito.

Bellissima la auto-citazione “Convinti che sarà il più bello dei weekend”, ed è subito un brivido che sale lungo la schiena.

Max Pezzali si dimostra intramontabile e sempre sul pezzo, ancora oggi dopo trent’anni di carriera. Continua a stupire con le sue canzoni sempre al passo con i tempi, passati, presenti e futuri.

Una canzone nuova che riporta indietro di minimo 20 anni, dal sapore piacevolmente vintage, ma assolutamente moderna.

Davvero catching anche il videoclip, diretto da Dario Garegnani, che raffigura una serie di foto tratte dal libro “Disco mute. Le discoteche abbandonate d’Italia” a cura di Alessandro Tesei e Davide Calloni (Magenes Editore), alternate ai ricordi dei più importanti deejay di casa nostra. Toccante la dedica finale a Claudio Coccoluto.

Potete seguire Max Pezzali su Facebook, Instagram, X, Spotify e sul canale YouTube.

La foto di copertina è stata generata con Bing IA.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.