Pesticidi nel piatto: cosa mangiamo ogni giorno?

Anche quest’anno, torna l’appuntamento con Stop pesticidi nel piatto, il rapporto elaborato da Legambiente in collaborazione con Alce Nero.

In Italia, l’impiego di sostanze chimiche nocive, utilizzate per combattere piante infestanti, insetti, funghi e prevenire il possibile sviluppo di malattie biotiche, è ancora estremamente diffuso. Eppure, è ampiamente dimostrata la possibilità di ridurne l’utilizzo sia attraverso le strategie di lotta integrata che ricorrendo a tecniche di intervento o prevenzione alternative, tra cui: l’applicazione di corrette pratiche di gestione agronomica, l’agricoltura biologica, l’utilizzo di specie antagoniste e fitofarmaci di origine naturale.

La questione che riguarda l’utilizzo di pesticidi riguarda il mondo intero e, nello specifico, è stato ed è tema di dibattito in Europa. A giugno, la Commissione europea ha proposto un nuovo regolamento all’interno della strategia “Dal produttore al consumatore” che obbliga gli agricoltori a ridurre del 50% (per l’Italia la percentuale è del 62%), l’uso dei fitofarmaci entro il 2030. Ma ciò non piace a tutti gli addetti ai lavori, in quanto, sostengono, si verrebbe a creare un intrigante conflitto di interessi.

Perchè la riduzione di fitofarmaci può essere un pericolo?

L’Europa è una dei maggiori produttori ed esportatori di fitofarmaci, di cui si avvalgono le aziende europee, e continuerebbe ad esportare con successo nei Paesi al di fuori del territorio europeo, che non hanno una regolamentazione così rigida. Tali paesi potranno quindi continuare ad avere produzioni massicce di cereali e prodotti agricoli destinati al mercato mondiale, garantendo la qualità a basso costo, ma non certo lo stesso standard qualitativo.

In Europa, invece, un ulteriore diminuzione dell’uso di pesticidi porterebbe all’abbandono di molte coltivazioni che già in questo momento sono a rischio di difesa da parassiti, soprattutto in Italia. In questo momento, la crisi alimentare dovuta alla guerra in Ucraina ha spinto l’Europa a chiedere una produzione maggiore di cereali, per evitare l’importazione dell’est. Ma riducendo la possibilità di utilizzare fitofarmaci, le nostre colture sarebbero fortemente a rischio di essere compromesse.

Se poi, si considera la già grave situazione, dovuta alla siccità dell’estate appena passata e che promette di essere una costante per gli anni a venire, è ben chiaro che molte aziende saranno scoraggiate dall’investire ancora in produzioni agricole.

E allora, quali alternative?

Il rapporto di Legambiente

Stop ai pesticidi nel piatto” è un rapporto realizzato per fare il punto della situazione sui fitofarmaci presenti negli alimenti che ogni giorno arrivano sulle tavole degli italiani. Primo dato eclatante, in controtendenza rispetto all’edizione precedente del dossier, è l’aumento dei campioni in cui sono state trovate tracce di pesticidi che hanno raggiunto quota 44,1%.

Al centro dell’indagine 4.313 campioni di alimenti di origine vegetale e animale, compresi i prodotti derivati da apicoltura di provenienza italiana ed estera, analizzati nel 2021. Nonostante la bassa percentuale di campioni irregolari, quindi con principi attivi oltre le soglie consentite, pari all’1% (in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente), è necessario evidenziare che solo il 54,8% del totale dei campioni risulta senza residui di pesticidi.

Lo scorso anno, la rilevazione aveva raggiunto quota 63%. A destare preoccupazione è, inoltre, il 44,1% di campioni in cui sono state trovate tracce di uno o più fitofarmaci, tra monoresiduo (14,3%) e multiresiduo (29,8%), seppur nei limiti di legge. 90 le sostanze attive rintracciate, tra cui un campione di uva con 14 residui, uno di pere con 12 residui, uno di peperoni con 10 residui. Dai dati EFSA, risulta altresì campionata una fragola proveniente dall’Unione europea con 35 diversi residui.

Cosa arriva sulla nostra tavola?

Il rapporto di Legambiente evidenzia che solo il 54,8% dei campioni analizzati tra gli alimenti che arrivano ogni giorno sulle tavole degli italiani, risulta senza residui di pesticidi. Nel 44,1% dei casi, dato in crescita, tracce di uno o più fitofarmaci.

In linea con il trend degli anni passati, la frutta si conferma la categoria più colpita: oltre il 70,3% dei campioni contiene uno o più residui. In riferimento alla verdura, il quadro risulta migliore: il 65,5% dei campioni analizzati risulta senza residui. Da segnalare l’uva da tavola (88,3%), le pere (91,6%) e i peperoni (60,6%). Tra gli alimenti trasformati, il vino e i cereali integrali trasformati sono quelli con le maggiori percentuali di residui permessi, contando rispettivamente circa il 61,8% e il 77,7%. I pesticidi più presenti troviamo (in ordine decrescente): Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil, Azoxystrobina, Tubeconazolo e Fluopyram.

Tra i pesticidi più rintracciati, Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil, Azoxystrobina, Tubeconazolo e Fluopyram.

Scarica qui Il dossier 

Farm to fork e Biodiversity 2030

Legambiente: “Fondamentale approvare il Regolamento per l’utilizzo dei fitofarmaci e il nuovo Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari

“Dall’analisi dei dati rilevati – ha dichiarato Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente – emerge chiaramente la necessità di intraprendere la strada dell’agroecologia con ancora più determinazione, mettendo in atto, in maniera convinta e senza tentennamenti, quanto stabilito dalle direttive europee Farm to fork e Biodiversity 2030.

Con l’approvazione della legge sul bio – ha spiegato – indubbiamente è stato fatto un importante passo in avanti. Adesso, serve passare dalla teoria alla pratica, affinché quel traguardo non risulti solo una bandierina ma un patrimonio per l’intero settore. Servono, quindi, meccanismi incentivanti attraverso cui dare gambe e fiato alla transizione, a partire dalla messa a disposizione di risorse. Serve, inoltre, che vengano applicate in maniera stringente le norme, stando alla larga da eventuali ipotesi di deroghe all’utilizzo di specifici fitofarmaci, come purtroppo sta avvenendo con il Glifosato“.

È, inoltre, di fondamentale importanza approvare il regolamento per l’utilizzo dei fitofarmaci (SUR) presentato lo scorso 22 giugno dalla Commissione europea e che prevede obiettivi di riduzione dell’uso dei pesticidi legalmente vincolanti per gli Stati membri, a oggi a rischio a causa di continue richieste di rinvii da parte di alcuni Paesi tra cui l’Italia. Occorre infine aumentare significativamente le aree coltivate a biologico che rappresentano un metodo efficace di ridurre gli input negativi in agricoltura”.

L’impegno italiano

Il nostro Paese – ha dichiarato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – si sta dimostrando esempio virtuoso per l’intera Europa in fatto di riduzione dell’uso dei pesticidi, grazie soprattutto alle sempre più numerose aziende che scelgono l’agricoltura biologica, non di certo a politiche nazionali significative in tal senso. A conferma di ciò basti pensare al raggiungimento della quota del 17,4% di SAU condotta con metodo biologico.  

È quindi necessario un impegno più incisivo, considerando la richiesta dell’Unione europea di raggiungere un taglio dell’uso del 62% dei pesticidi entro il 2030. Il nuovo governo prosegua nel solco tracciato e permetta davvero, come previsto anche dalla nuova nomenclatura del Ministero, al made in Italy sano e pulito di divenire apripista del cambiamento. Quanto stabilito fino ad ora da PAC e PSN non ha permesso di raggiungere pienamente questo obiettivo.

Serve pertanto un’accelerazione, soprattutto in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo. I dati sul biologico fanno ben capire come la mancata transizione possa influire negativamente anche sulle buone pratiche: serve andare nella direzione contraria, verso una piena rivoluzione green dal campo alla tavola, a partire dall’approvazione del nuovo PAN (Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari). L’ultima stesura risale al 2014, la scadenza al 2019. È quindi urgente risolvere anche questo nodo”.

Il triomio agricoltura-cibo-salute

Anche per i consumatori è sempre più chiaro il legame esistente tra agricoltura, cibo e salute dell’Ambiente e delle Persone – sostiene Erika Marrone, Direttrice Qualità, Ricerca & Sviluppo, Filiere di Alce Nero – L’agricoltura modella non solo il nostro paesaggio e la nostra economia, ma anche le nostre comunità ed è onnipresente nelle nostre vite. Proprio per questo ci aiuta  a pensare in modo più consapevole a quanto sia cruciale oggi la transizione a modelli produttivi alternativi.

Tra questi l’agricoltura biologica e le diverse forme di agro-ecologia costituiscono oggi una risposta concreta e scientifica non solo alla questione climatica ma anche alla mitigazione dei rischi per la salute dei consumatori derivanti, soprattutto, dell’esposizione cronica alle molecole chimiche capaci di alterare tanto gli ecosistemi quanto gli equilibri del nostro organismo fin dalla vita intra-uterina. 

I traguardi fissati dalla strategia Farm To Fork  e la nuova legge sul Biologico sono segnali importanti ma non sufficienti ad agire un reale cambiamento; da un lato sono le istituzioni a dover creare le condizioni abilitanti ma, dall’altro, abbiamo bisogno come imprese di creare alleanze non solo di filiera ma sempre più orizzontali e trasversali”.

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”