Pier Paolo Pasolini: “Io so. Ma non ho le prove. E neanche gli indizi”.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi – inizia così l’ultimo articolo di Pier Paolo Pasolini, pubblicato il 14 novembre 1974 sul Corriere della Sera-. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio “progetto di romanzo”, sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti“.

E il mestiere a cui Pasolini si riferisce è quello del giornalista: Ordine interregionale del Lazio, Umbria, Abruzzo e Molise. Il sig. Pasolini Pier Paolo è iscritto nell’albo dei Giornalisti dal 1954. Elenco pubblicisti. Così si legge sul documento trovato accanto al suo corpo ucciso, nella notte tra l’uno e il due novembre 1975.

Io so perché sono un intellettuale scomodo

Pasolini è ritrovato la mattina sul litorale di Ostia. Travolto più volte dalla sua stessa macchina, anche preso a bastonate, dirà poi l’autopsia. Un anno dopo la pubblicazione di quell’articolo, di Pasolini non restano che due stivaletti neri di pelle incrostati di sabbia, una camicia a righe, una canottiera verde e un paio di jeans logori. È tutto lì dentro: l’intellettuale, il regista, il drammaturgo, il poeta, lo sceneggiatore, lo scrittore e il giornalista. Ucciso forse proprio per quei “io so”. Per quella denuncia ai lati oscuri dell’Italia che aveva iniziato a scrivere nel libro che poi rimarrà incompiuto: “Petrolio“. Già perché il petrolio sporca, é viscido, non si manda via facilmente. Inquina.

Sono tanti i suoi Io so. Troppi. In quell’articolo Pasolini dice di conoscere i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969, oltre ai nomi delle stragi di Brescia e di Bologna. “Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti”. Continua Pasolini, ma non si ferma. Perché scrive di sapere anche i nomi di chi, “tra una Messa e l’altra”, ha fornito protezione a generali e a criminalità comune.” Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli” É come un fiume in piena che è impossibile fermare.

Testimone di un sistema corrotto

È immerso nella ricerca della verità sui complotti degli importanti uomini d’affari legati al petrolio, alla mafia, ai servizi segreti, alla Chiesa. Probabilmente quei nomi Pasolini li aveva davvero e l’annuncio del suo libro, Petrolio, ha messo in moto la macchina che riduce al silenzio. È un intellettuale che non solo pensa, ma che anche agisce. Va fermato.E quindi Pasolini si ferma. Su una spiaggia di Ostia. Bastonato prima e investito poi. Il capro espiatorio del suo omicidio è fissato in Giuseppe Pelosi, un ragazzo di strada di 17 anni. Dichiara di aver ucciso Pasolini perché lui, Pelosi, non aveva accettato le sue offerte sessuali. Sconta nove anni di carcere, ma poi , nel 2005 , ritratta tutto.

Ritratta perchè “ormai saranno tutti morti oppure vecchi quelli che ci hanno riempito di botte quella sera. Per questo ora non ho paura di parlare“, dichiara in una trasmissione Rai: Ombre sul giallo. Le indagini vengono riaperte più volte. Dal 2010 al 2015, conclusione: richiesta di archiviazione da parte della Procura della Repubblica. Nel 2016 viene nuovamente avanzata una richiesta di riapertura delle indagini. Ma mentre si attende risposta, nel frattempo, è il 2017, Pelosi muore. Il suo avvocato storico, Alessandro Olivieri, subito dopo dichiarerà “esiste una verità. La verità’ non e’ morta con Pino Pelosi. Pero’ e’ una verità talmente pesante e difficile…”

Ucciso da un qualcosa che non ha volto

Quest’immagine che mi perseguita, di Pasolini che fugge a piedi, inseguito da qualcosa che non ha volto e lo ha ucciso, è un’immagine emblematica che deve spingerci a migliorare questo paese come Pasolini avrebbe voluto.” Queste le parole di Alberto Moravia che sottolineano come il mostro senza volto, protagonista di Petrolio, insieme a tutte le ombre che avvolgono il nostro Paese, siano gli artefici indiscussi di questa morte.

Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Pier Paolo Pasolini
Murales di Pier Paolo Pasolini ritratto in seppia come la pietà di Michelangelo muro scrostato con scritte
Il murales in onore di Pier Paolo Pasolini comparso a Roma, ritratto come La Pietà

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Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".