Sono solo pietre d’inciampo; sono piccole, quasi nascoste dai passi frettolosi delle migliaia di persone che percorrono le strade di centinaia città europee. Sono più di novantamila. In 24 stati tra cui l’Italia. E ciascuna di esse partecipa a un mosaico: quello della memoria. Una piccola corte per ricordare le singole vittime della deportazione nazista e
fascista, che sfila da circa trent’anni.
Le pietre d’inciampo nascono da un progetto artistico ispirato da regioni etiche, storiche e politiche. Ma sono essenzialmente strumenti contro l’oblio, un modo per tracciare il ricordo in modo Indelebile. La forma è quella di un sanpietrino. E in effetti è un cubetto di porfido con la superficie d’ottone. Sopra una scritta “Qui abitava…” e poi dei dati: nome, cognome, data di arresto. A seguire data e luogo di deportazione. Infine data di morte. Poste sul selciato davanti all’ultima abitazione conosciuta della vittima. L’ultima abitazione da persona libera.
Gunter Demnig
Le pietre d’inciampo vedono la luce nel 1993, con il nome di Stolpersteine, per mano dell’artista tedesco Gunter Demnig. Due anni dopo vengono installate per la prima volta senza autorizzazione nella città di Colonia. Oggi ciascuna di esse partecipa alla costruzione di questo monumento diffuso, mosaico di memorie europee.


“Non è certo una gioia, lo faccio perché è importante ricordare“. Così commenta Gunter Demnig, 72 anni e l’ aria di chi fa semplicemente il proprio dovere. Gira l’ Europa per posare di persona le “formelle della memoria”, che produce nel suo laboratorio di Frechen, in Germania. Da allora ne ha installate più di 90 mila. Demnig ha fatto suo il passo del Talmud che recita “una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome”. Per questo le Pietre d’ inciampo riportano nome e cognome, data di nascita, data e luogo di deportazione e morte dei perseguitati.
“Sono sempre inorridito ogni volta che incido i nomi, lettera dopo lettera. Ma questo fa parte del progetto, perché così ricordo a me stesso che dietro quel nome c’è un singolo individuo. Si parla di bambini, di uomini, di donne che erano vicini di casa, compagni di scuola, amici e colleghi. E ogni nome evoca per me un’immagine. Vado nel luogo, nella strada, davanti alla casa dove la persona viveva. L’installazione di ogni Stolperstein è un processo doloroso ma anche positivo perché rappresenta un ritorno a casa, almeno della memoria di qualcuno“.
12 e 13 gennaio a Torino
E sarà proprio Gunter Demnig, giovedì 12 e venerdì 13 gennaio ad apporre a Torino le Pietre d’Inciampo 2023. Punto focale Giovedì 12, alle ore 16.00, quando verrà apposta la Pietra per ricordare Evelina Valabrega, Anselmo, Ercole, Ida e Pasqua Jachia in via Giuseppe Baretti 31. In questa occasione il Rabbino Capo ricorderà nell’Yizkhor i correligionari per i quali verranno posate le pietre di quest’anno.
Evelina Valabrega
Evelina Valabrega, figlia di Pacifico Valabrega e Ida Moresco è nata in Italia, a Torino, il 17 marzo 1907. Arrrestata a Montagnana il 23 dicembre 1947 e portata in un campo di raccolta a Trieste. Da lì, con il convoglio n. 33T, TRIESTE Risiera San Sabba campo 31/07/1944, parte il 31 luglio del 1944 alla volta del campo di stermino di Auschwitz dove arriva il 3 agosto dello stesso anno. Evelina non sopravvive alla shoah.


In una ricerca effettuata da Eva Vitali Norsa e conservata presso il museo di Padova Ebraica si legge questo. “Attraverso la consultazione del fascicolo relativo ad Evelina Valabrega presso l’archivio dell’EGELI (L’Ente gestione e liquidazione immobiliare istituito con le leggi razziali del 1938 per curare la gestione e liquidazione dei beni ebraici espropriati) è risultato che la giovane vedova con i quattro bambini, il fratello Umberto e la madre viveva in affitto in via Baretti 31 in un alloggio di ballatoio molto modesto al 3° piano. L’elenco dei beni confiscati nel 1943 è terribile: una carrozzina senza una ruota, piatti rotti, mobilio rovinato. La povera Evelina nei documenti compare ora come casalinga ora come cameriera, il fratello fattorino disoccupato, certo una famiglia che viveva in gravi ristrettezze economiche.
Nell’archivio parrocchiale di Vo’ Vecchio si conserva una memoria del parroco don Giuseppe Raisa che ricorda. “Prima di partire gli hanno tolto tutto. Anelli, soldi, orologi, tutto quello che avevano addosso. Anche i vestiti. Hanno detto che quello che avevano addosso bastava. Hanno fatto l’appello. E poi via con i camion”.


Il programma completo
giovedì 12 gennaio
- 16.00 per Evelina Valabrega, Anselmo, Ercole, Ida e Pasqua Jachia in via Giuseppe Baretti 31.
- 16.50 per Nicola Battista, via Bava 47
venerdì 13 gennaio
- 09.30 per Vanda Maestro, corso Marconi 11
- 10.00 per Isacco Cohen, via San Pio V 28
- 10.30 per Nella della Rocca e Gina Sbrana (nonna e madre di Rav Giuseppe Laras), Madama Cristina 18
- 11.00 per Marco Norzi, via Gaeta 1
- 12.00 per Valentino Merlo, via Breglio 38 (con cerimonia pubblica di posa alla presenza della stampa e delle istituzioni)
- 14.30 per Bartolo Gatti, via Venaria 97


La storia delle pietre d’inciampo a Torino
Gli Stolpersteine, le opere d’arte memoriale di Gunter Demnig sono state posate a Torino per la prima volta nel 2015. All’interno di un progetto che ha visto come promotori e sostenitori il Museo diffuso della Resistenza, la Comunità ebraica, il Goethe Institut e L’ANED. In stretta collaborazione con l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Istoreto) e l’adesione di numerosi enti.
Per l’avviamento e la cura del progetto torinese è stato individuato un Comitato esecutivo, incaricato della raccolta delle richieste di intitolazione di Pietre d’inciampo e della gestione del rapporto con l’artista tedesco. In parallelo anche un Comitato scientifico, che ha stabilito i criteri storiografici di accettazione delle richieste, la loro verificazione e la definizione specifica della singole formule memoriali da incidere.

