Sanremo 76: Peppino Di Capri e l’ultima canzone in bianco e nero

Sanremo ’76. Mentre l’Italia affronta austerity, tensioni sociali e profonde trasformazioni culturali, il Festival della canzone italiana si aggrappa con forza alle sue radici. È l’ultima edizione trasmessa in bianco e nero, l’ultima ospitata nello storico Salone delle Feste del Casinò di Sanremo e, in molti sensi, l’ultimo Festival così come lo si era conosciuto fino a quel momento.

A vincere, quasi in punta di piedi, è Peppino Di Capri con la delicata “Non lo faccio più”, brano di struggente malinconia che sembra voler dire addio a un’epoca. Il patron è Vittorio Salvetti, chiamato a rimettere in carreggiata un evento ferito dal disastro dell’edizione precedente. Ma l’operazione nostalgia ha vita breve: i tempi stanno cambiando, anche a Sanremo.

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Il contesto: una Rai titubante, un Paese disilluso

Il 1976 è un anno di crisi economica, terrorismo diffuso, e una generale perdita d’innocenza per l’Italia. Il governo Andreotti combatte l’inflazione e l’instabilità economica. Le piazze si infiammano di cortei e rivendicazioni, mentre il Paese cerca rifugio nei programmi tv come Domenica In e nei fotoromanzi.

Dopo il tonfo dell’edizione ’75, funestata da ascolti bassi e polemiche, la Rai accetta di trasmettere solo la serata finale in diretta televisiva, e soltanto per radio le prime due. Una scelta che dice molto sulla considerazione in cui veniva tenuto lo show: un evento da archiviare in seconda serata, senza troppi clamori.

Tra l’altro, la diretta della serata finale del Festival sforò con i tempi stabiliti, andando a finire alla soglia del telegiornale della notte; pertanto, la linea fu tolta di punto in bianco e la canzone vincitrice, venne comunicata durante il telegiornale della notte, così come successo anche l’anno prima.

Eppure, un piccolo sussulto arriva con il ritorno di Vittorio Salvetti, uomo pragmatico e già artefice del rilancio del Festivalbar. Il suo tentativo è evidente: riportare serietà e decoro a una macchina inceppata, ma la forma resta più che mai antica.

Il conduttore che non salì mai sul palco

A rendere ancora più singolare quest’edizione è il conduttore scelto dalla Rai, Giancarlo Guardabassi, all’epoca voce nota della radio. Una scelta inconsueta, rafforzata da un’altra decisione bizzarra: Guardabassi non mise mai piede sul palco dell’Ariston. La sua postazione, che ricordava parecchio una postazione radiofonica, era ai piedi dello stesso, da cui introdusse gli artisti con sobrietà e senza spettacolo. Niente siparietti, niente ospiti fissi, solo canzoni.

Lo speaker e disk-jockey fulginate si avvalse della collaborazione di due vallette, diverse per ognuna delle tre serate: Serena Albano e Maddalena Galliani nella prima, Stella Luna e Lorena Rosetta Nardulli nella seconda, Tiziana Pini e Karla Strano Pavese nell’ultima.

E a proposito di ospiti: Julio Iglesias, la grande guest star, si esibì… durante il telegiornale di mezza sera. Una delle apparizioni meno visibili di sempre per un artista internazionale a Sanremo.

Sanremo 76 Peppino Di Capri e l’ultima canzone in bianco e nero – Zetatielle Magazine (versione restaurata a colori)

Peppino Di Capri: l’ultimo lento prima del cambio di rotta

Con “Non lo faccio più”, Peppino Di Capri conquista la giuria e sorprende i commentatori. Il brano è un lento intimista, quasi sussurrato, scritto con Giorgio Calabrese. Non urla, non ammicca, non cerca consensi facili. È il racconto di una resistenza sentimentale, di una rinuncia dolceamara: “non lo faccio più… di pensare a te così”. È anche un addio implicito a un certo modo di fare canzone d’autore, fatto di notti in bianco e pianti al pianoforte.

La vittoria non fu priva di critiche: molti accusarono il Festival di essere autoreferenziale e superato. Eppure, proprio questa ballata “da fine serata” racchiudeva un’Italia che cambiava pelle, con eleganza.

Il podio riflette bene lo spirito dell’epoca: nessuna provocazione, solo sentimento e melodie rotonde.
Primo classificato: Peppino Di CapriNon lo faccio più, secondi Wess & Dori GhezziCome stai, con chi sei, terzi classificati ex aequo Sandro GiacobbeGli occhi di tua madre e gli AlbatrosVolo AZ 504.

Gli Albatros, guidati da Toto Cutugno, portarono una narrazione musicale a metà tra il teatro e il pop, segnando l’inizio di una nuova fase per la canzone italiana.

L’ultimo Festival in bianco e nero

Sanremo ’76 chiude definitivamente l’epoca della televisione in bianco e nero. Dalla successiva edizione, il colore entrerà nelle case e cambierà il modo di vivere anche lo spettacolo musicale. Ma proprio questo ultimo scorcio monocromatico restituisce al Festival un’aura da film neorealista, sobria e persino un po’ malinconica, come la canzone vincitrice.

È l’ultima volta anche per il Salone delle Feste del Casinò, che aveva ospitato le glorie del passato: da Modugno a Celentano, da Villa a Mina. L’anno dopo, il Festival traslocherà in via definitiva all’Ariston, cominciando così una nuova stagione.

In bilico tra decadenza e resistenza, il Festival del 1976 è un Sanremo fuori dal tempo. Un’edizione quasi sospesa, che racconta meglio di tante parole un’Italia alla ricerca di un equilibrio tra passato e futuro.

La voce vellutata di Peppino Di Capri chiude un cerchio: l’ultima nota prima che il Festival torni a rincorrere la modernità.

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Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.
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