Daspo per i rapper che incitano alla violenza: “a Sanremo non li vogliamo”

Il primo dicembre Carlo Conti annuncerà ufficialmente i big in gara al prossimo Festival di Sanremo ed esiste già un “caso Sanremo”. Questa volta, il dibattito ruota attorno alla presenza di rapper e trapper accusati di promuovere la violenza e veicolare messaggi sessisti attraverso le loro canzoni.

Fin dall’annuncio del ritorno di Carlo Conti a direttore artistico del Festival, il Codacons aveva messo le mani avanti e rivolto un appello Chiediamo a Conti di rompere col passato e di allontanarsi il più possibile dalla strada tracciata da Amadeus. La musica deve essere riportata al centro dell’evento, perché negli ultimi anni le scelte che hanno interessato il Festival sono andate nell’unica direzione di garantire alla trasmissione un pubblico di giovanissimi e l’attenzione dei social network, a tutto discapito della qualità dei brani in gara”.

Ma i recenti rumors sui nomi dei big in gara ha messo il Codacons sul piede di guerra. Tra attese e polemiche, il dibattito si concentra sull’opportunità di ospitare artisti controversi, in particolare rapper e trapper (come Tony Effe) accusati di promuovere messaggi violenti o sessisti. E così, il Codacons ha espresson una diffida formale e ha chiesto al conduttore ed alla Rai di prendere una posizione chiara su questa delicata questione.

L’appello del Codacons: “No a messaggi pericolosi sul palco di Sanremo”

Un caso destinato a far discutere quello sollevato dal Codacons, che ha diffidato formalmente la Rai e Carlo Conti, conduttore del Festival di Sanremo 2025. Codacons chiede l’introduzione di un “Daspo” per escludere dal palco gli artisti che in passato si sono contraddistinti per testi violenti o sessisti, e invita le cantanti donne a non partecipare al Festival se saranno accettati in gara rapper o trapper che hanno scritto brani offensivi verso il mondo femminile.

Secondo il Codacons, ospitare artisti con un passato segnato da testi controversi rappresenterebbe un grave errore, soprattutto in un momento in cui l’Italia sta affrontando emergenze sociali legate alla violenza di genere e ai femminicidi.

Negli ultimi anni, il palco dell’Ariston ha visto una crescita significativa della presenza di rapper, segnando un netto cambio di rotta rispetto alle edizioni del passato. In precedenza, il Festival di Sanremo aveva spesso ignorato questa categoria musicale, considerata poco in linea con la tradizione melodica italiana. Tuttavia, l’interesse per questo genere è esploso, e il rap è diventato uno specchio delle nuove generazioni, trovando spazio in un evento che si propone come vetrina della musica italiana.

Questo cambiamento ha portato con sé inevitabili polemiche. Se da un lato il rap ha dato voce a temi sociali complessi, dall’altro non mancano brani accusati di denigrare le donne o glorificare la violenza. Un paradosso, come sottolineano alcuni critici, considerando che nelle edizioni passate il Festival (sotto la direzione artistica di Amadeus) ha dedicato spazio e riflessioni alla lotta contro la violenza di genere.

Come può, dunque, lo stesso palco ospitare artisti i cui testi sembrano contraddire quei valori?

Tony Effe e gli altri: i nomi sotto accusa

Tra i presunti partecipanti al Festival spicca il nome di Tony Effe, figura controversa della scena musicale italiana. Sul noto (t)rapper soffia, soprattutto in questo momento, un vento di bufera che riguarda il suo presunto coinvolgimento in una poco chiara questione di loschi accordi con la criminalità organizzata e i suoi concerti.

Non è l’unico ad essere entrato nel mirino della Procura: con Tony Effe sarebbero coinvolti altri illustri nomi del mondo del trap e del rap, tra cui spicca quello di Fedez che con il Codacons non ha propriamente un rapporto idilliaco e che parrebbe essere anche lui sulla lista dei papabili scelti da Conti.

Tornando a Tony Effe, il Codacons lo cita direttamente per i suoi testi che, in passato, avrebbero contenuto riferimenti espliciti alla denigrazione delle donne e alla glorificazione della violenza. Questa scelta, se confermata, potrebbe alimentare un acceso dibattito sui criteri con cui vengono selezionati gli artisti che partecipano a un evento così popolare.

La posizione del Codacons si fa ancora più chiara: la partecipazione di artisti con un messaggio diseducativo sarebbe in aperto contrasto con le campagne sociali portate avanti in Italia per combattere bullismo, violenza di genere e discriminazioni.

Il palco dell’Ariston: una vetrina e un veicolo di messaggi sociali

Non è certo la prima volta che Sanremo affronta la necessità di scegliere tra audience e responsabilità mediatica. E’ stato proprio il festival che ha portato a battesimo Amadeus ad avere i primi “imbarazzi” sulla scelta dei rapper da portare sul palco. Nel 2020 toccò a Junior Kelly (ricordate?), difeso nell’Arena di Giletti da Skioffi, che si schiantò contro il muro di Red Ronnie.

Il Festival di Sanremo non è solo un evento musicale. È anche un potente strumento di comunicazione sociale. Ogni anno, milioni di telespettatori seguono la kermesse, trasformandola in un’occasione per affrontare temi di grande rilevanza pubblica. Negli ultimi anni, il Festival ha promosso messaggi contro la violenza sulle donne e il bullismo, con monologhi, ospiti e iniziative che hanno cercato di sensibilizzare il pubblico su questioni cruciali.

Per questo motivo, la scelta degli artisti in gara non è un semplice atto organizzativo: è una dichiarazione di intenti. Permettere a cantanti con testi sessisti o violenti di esibirsi su un palco così importante rischia di vanificare gli sforzi fatti per promuovere messaggi socialmente utili. La Rai, in quanto servizio pubblico, ha il compito di garantire che Sanremo rimanga coerente con i valori che dichiara di voler rappresentare.

Il Codacons contro la contraddizione del Festival

L’appello del Codacons e la richiesta di una sorta di “daspo”, si inserisce in questo contesto di crescente attenzione alle responsabilità sociali del Festival. L’organizzazione ha sottolineato come il palco dell’Ariston, che dovrebbe essere un simbolo di unità culturale, non possa diventare un megafono per messaggi pericolosi o diseducativi. In particolare, ha puntato il dito contro l’ipocrisia di celebrare artisti i cui testi denigrano le donne, proprio mentre si dichiara di voler combattere la violenza di genere.

La richiesta di un daspo per gli artisti dai testi controversi non è solo un atto di protesta, ma una proposta concreta per garantire coerenza tra il messaggio sociale del Festival e i contenuti che veicola. In un evento così seguito, ogni scelta artistica ha un peso, e la presenza di certi artisti potrebbe essere letta come una legittimazione di comportamenti discutibili.

L’ipocrisia al mondo discografico e radiofonico

Il Codacons non risparmia critiche nemmeno alle etichette discografiche, alle emittenti radiofoniche e alle stesse artiste donne che collaborano con rapper dai testi problematici. Nomi come Emma Marrone sono stati menzionati come esempi di cantanti che, pur dichiarandosi contrarie alla violenza di genere, hanno duettato con artisti accusati di promuovere messaggi opposti.

Questa è una ipocrisia ignobile e intollerabile che deve finire“, denuncia l’associazione, sottolineando che il successo di questi rapper non sarebbe possibile senza il sostegno di un sistema discografico e mediatico che tollera, e talvolta incentiva, la diffusione di messaggi offensivi verso le donne.

Il “Daspo” a Sanremo: una richiesta concreta

La proposta avanzata dal Codacons prevede una sorta di “Daspo” culturale, simile a quello applicato in ambito sportivo per contrastare comportamenti violenti. Gli artisti con un passato di testi sessisti o violenti dovrebbero essere esclusi dalla kermesse, evitando così di legittimare comportamenti diseducativi.

Non si tratta solo di una questione morale: secondo l’organizzazione, la Rai, in quanto servizio pubblico, ha la responsabilità di selezionare contenuti che non compromettano l’educazione dei più giovani. L’obiettivo è fare del Festival un luogo di promozione culturale, non di controversie.

Sanremo 2025: un banco di prova per Carlo Conti

L’annuncio del cast dei big in gara, previsto per il primo dicembre, rappresenterà, quindi, il primo vero banco di prova per Carlo Conti che torna a indossare i panni di conduttore e direttore artistico del Festival. Le polemiche già in corso sul tema del rap e dei messaggi sessisti potrebbero influenzare le sue scelte, costringendolo a trovare un equilibrio tra la libertà artistica e la responsabilità sociale.

Il pubblico e gli osservatori attendono con curiosità di vedere se la direzione artistica di Conti deciderà di dare spazio alla pluralità di generi musicali, senza però rinunciare a una rigorosa selezione dei contenuti. La sfida non è semplice: da un lato c’è il desiderio di rinnovare il Festival, dall’altro l’obbligo di non tradire i valori che da sempre lo accompagnano.

Denunce in Procura: un’arma legale contro i messaggi pericolosi

Oltre alla diffida nei confronti della Rai e di Carlo Conti, il Codacons ha dichiarato di essere pronto a presentare denunce in Procura qualora sul palco di Sanremo 2025 venissero ammessi artisti con testi ritenuti violenti o sessisti. L’organizzazione ritiene che ciò potrebbe configurare il reato di induzione alla violenza sulle donne, richiamando l’articolo 282 bis del Codice di procedura penale, che regola l’allontanamento di individui potenzialmente pericolosi.

In un passaggio particolarmente acceso, il Codacons ha persino suggerito l’allontanamento fisico di questi artisti dalla città di Sanremo, sollevando dubbi sull’interpretazione giuridica di tali provvedimenti in un contesto culturale.

Un vero e proprio daspo applicato con le stesse regole dello sport.

Sanremo e il dibattito culturale: quale responsabilità per la Rai?

La vicenda apre una riflessione più ampia sul ruolo del Festival di Sanremo come vetrina culturale. Da un lato, c’è chi sostiene che l’evento debba riflettere la varietà della scena musicale, dando spazio anche a generi e artisti controversi. Dall’altro, è ben noto a tutti che la popolarità di Sanremo è utilizzata per promuovere messaggi positivi, soprattutto in un’epoca in cui la lotta contro la violenza di genere è una priorità.

La Rai, in quanto emittente pubblica, si trova in una posizione delicata. Deve bilanciare la libertà artistica degli artisti con la responsabilità di offrire contenuti che rispettino sensibilità sociali e culturali. La selezione dei partecipanti al Festival, dunque, diventa non solo una questione musicale, ma anche un atto politico e simbolico. Deciderà, dunque, di applicare il daspo chiesta dal Codacons o si appellerà al primo comandamento dell’arte che si ispira al sommo principio di libertà di espressione? E anche qui, viene da chiedersi: qual è il confine tra libertà artistica e decenza morale?

I prossimi passi: il cast e le reazioni degli artisti

Nei prossimi giorni, la Rai renderà ufficialmente noto il cast dei cantanti che parteciperanno a Sanremo 2025. Sarà interessante osservare se le richieste del Codacons verranno prese in considerazione e se gli artisti coinvolti risponderanno alle accuse o accetteranno di buon grado il daspo.

Le polemiche potrebbero anche spingere il pubblico e gli sponsor a interrogarsi sui messaggi veicolati dall’evento. Una decisione controversa, infatti, rischierebbe di danneggiare l’immagine del Festival di Sanremo, trasformandolo in un simbolo di divisione piuttosto che di coesione culturale.

Sanremo tra musica e responsabilità sociale

Il Festival di Sanremo non è mai stato solo musica, ma anche uno specchio delle trasformazioni culturali e sociali del nostro Paese. La questione del “daspo”, sollevata dal Codacons, per quanto divisiva, mette in luce un problema reale: il potenziale impatto dei messaggi veicolati dalla musica sui giovani e sulla società.

Mentre il dibattito si accende, resta da capire quale direzione prenderanno la Rai e Carlo Conti. Sarà possibile trovare un equilibrio tra libertà artistica e responsabilità sociale, o le polemiche continueranno a dominare il dibattito? Una cosa è certa: anche l’edizione del 2025 non passerà inosservata.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”