Terence Trent D’Arby: Introducing the Hardline According to…

Per la rubrica “33 giri di ricordi”: Recensione retrospettiva di uno dei capolavori assoluti della storia della discografia: “Introducing the hard line according to Terence Trent D’Arby”.

33 giri di ricordi

La Storia non è solo quella che si studia sui libri di scuola. E’ storia tutto ciò che ha contribuito al nostro sviluppo sociologico e che ha segnato gli eventi culturali. Ogni contesto storico è stato accompagnato dalla musica, colonna sonora che ha “battuto il tempo” e raccontato in modo indelebile la storia, fissandola a colpi di note nella nostra memoria. Nasce così la rubrica “33 giri di ricordi”, la musica che ha fatto la storia.

Come già scritto e sottolineato più volte, l’estate appena trascorsa, post Covid-19, è stata caratterizzata da due trend musicali ben precisi e definiti: le cover e il reggaeton. Pochi brani inediti, qualcuno interessante, qualcuno meno, tanto ritmo caribico e tante canzoni “di altri”, in un caso specifico, unite in un tutt’uno, con esito imbarazzante.

Non avendo fatto le vacanze, ho avuto a disposizione parecchio tempo per analizzare le diverse proposte musicali, giungendo ad una conclusione: si stava meglio quando si stava peggio.

La memoria è tornata naturalmente ai mitici anni ’80, eh, gira che ti rigira, sempre lì si va a parare, e all’album che caratterizzò l’estate 1987, ma non solo: “Introducing the hard line according to Terence Trent D’Arby”.

1987

L’anno arrivava con un’eredità pesante, lasciata da quello precedente. A Chernobyl era scoppiato un reattore della centrale nucleare. In Islanda si teneva il meeting tra Reagan e Gorbaciov, che avrebbe dato il via alla fine della guerra fredda.

In Italia, a Palermo si teneva il maxiprocesso contro la mafia, frutto del lavoro di Giovanni Falcone, mentre a Milano, Michele Sindona veniva condannato all’ergastolo.

Il 1987 quindi, segnava a livello nazionale ed internazionale un contesto storico importantissimo: la riduzione degli armamenti, patto firmato tra USA e URSS e si chiude il maxi processo di Palermo.

Il Milan vinceva il suo 11 scudetto, i Los Angeles Lakers vincevano i playoff NBA e a Roma Carl Lewis guadagnava due medaglie d’oro ai Mondiali di atletica leggera.

Windows 2.0 veniva inaugurato. Era l’inizio di un’era digitale el futuro.

Morandi Ruggeri e Tozzi vincono il Festival di Sanremo con “Si può dare di più“.

Terence Trent D’Arby

All’epoca non c’era internet, MTV era giusto un’idea da sviluppare, le informazioni erano poche, giusto “Ciao 2001”, e “Rolling Stone”, per i più fighetti, quindi l’esplosione di questo cantante con le treccine, dalla voce pazzesca, colse tutti di sorpresa. Si venne a sapere, quasi per vie traverse, che era statunitense, venticinquenne, ex militare, di stanza in Germania, espulso dall’esercito USA per diserzione.

Notizie biografiche più approfondite arrivarono solo in seguito, con l’avvento del web, da dove si è scoperto che registrò un “demo” di “We need protection”, subito scartato, diventato in seguito l’unico successo del duo Picnic at the Whitehouse. I casi della vita.

Introducing the Hardline According to Terence Trent D'Arby - la copertina del disco

Introducing the hard line according to

Ricordo bene quel pomeriggio in radio, quando ascoltai per la prima volta l’album.

L’impatto fu devastante: pop, rock, dance, soul, blues, rhytm’n’blues, gospel e funky, tutti insieme in un caleidoscopio di colori e ritmi mai sentiti prima. Persino meglio di Stevie Wonder e Prince, anzi, tutti e due messi insieme, con la benedizione di Michael Jackson.

Autore, arrangiatore, produttore e polistrumentista, come nella miglior tradizione, con una voce pazzesca, marchio di fabbrica delle undici tracce: bassa e acuta, dolce e graffiante, zucchero e carta vetrata. Degno erede di Sam Cooke.

A partire dalla canzone d’apertura “If You All Get to Heaven”, l’album sarà una fucina inesauribile di hit-singles: “Sign your name”, “If you let me stay”, “Dance little sister”, “Whishing well”, e soprattutto “Rain”, la mia preferita da sempre.

Canzoni da ballare, assolutamente, ma anche semplicemente da ascoltare, in macchina, con gli stereo di allora, o con le cuffie a palla.

Anche i brani non pubblicati come singoli, una fra tutti “Seven More Days”, sono decisamente superiori alla media, per non parlare della chiusura, “Who’s Lovin’ You”, cover di Smokey Robinson, dove l’allievo non fa rimpiangere il maestro. Quando si dice “Masterpiece”.

Neither Fish nor Flesh

Riprendendo un vecchio adagio tanto caro a musicisti e cantanti, secondo il quale “il disco più bello è quello che deve ancora uscire”, si può tranquillamente, almeno in questo caso, confutare la tesi.

La parabola discendente, dopo l’album d’esordio, è stata costante ed irreversibile, tanto che da qualche anno ormai, il nostro, non si fa più chiamare Terence Trent D’Arby, ma Sananda Maitreya, e vive a Milano.

Resta comunque, negli annali della storia della musica, un capolavoro assoluto, irripetibile: un album che ha venduto più di un milione di copie dopo i primi tre giorni dall’uscita, e che ha superato i dodici milioni di copie in totale.

Un album che ha vinto il Grammy Award nel 1988, nella categoria Best R&B Vocal Performance Male, un disco che tutti gli amanti di Lenny Kravitz dovrebbero ascoltare, giusto per capire da dove sia stata presa l’ispirazione.

Una vera pietra miliare.

Dell’album “Introducing the hardline according to…” abbiamo parlato anche nella rubrica “33 giri di ricordi“, all’interno della settima puntata di “Baldi giovani in TV“, il format condotto da Annalisa Baldi.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.