Il miosotide e le leggende medioevali che ne narrano l’origine
Il miosotide deve il nome alla forma delle sue foglie, che ricordano le orecchie di un topo. Deriva infatti dai sostantivi greci mus, ossia topo, e ótos, che significa orecchio. Ma tutti noi lo conosciamo con l’espressione più poetica di non ti scordar di me. Già nell’almanacco medioevale veniva citato così, come nel celebre libro delle Grandes Heures d’Anne de Bretagne (inizio XVI secolo), con il francese antico souvenez-vous-de-moy. È tuttavia in Germania che si coniò per la prima volta il termine tedesco vergissmeinnicht, in seguito a una leggenda d’amore e di morte.


Un cavaliere in armatura passeggiava accanto alla sua amata in riva al fiume Danubio. Scorse un ciuffo di fiori azzurri e volle coglierlo per donarlo alla ragazza. Ma il peso dell’armatura lo fece cadere in acqua. Riuscì ancora a lanciarle il mazzetto di fiori e a gridarle: «Non ti scordar di me!» prima di sparire per sempre tra i flutti.
Nelle Isole Britanniche, dove venne tradotto come forget-me-not, troviamo un’altra curiosa leggenda medioevale. Qui il protagonista è un giovane in cerca di fortuna. Il lungo peregrinare lo porta presso un castello solitario, nascosto nel fitto di un bosco. Ai lati del portone d’ingresso ci sono due tesori: nel primo scrigno c’è uno stelo di fiori azzurri, nell’altro ci sono tante monete d’oro. Il giovane è avido e sceglie subito le monete, ma da quel momento in poi la sorte gli sarà ostile. Perché con il fiore azzurro ha scordato le gioie della vita e gli affetti familiari, preferendo piuttosto un’arida ricchezza.


Nel linguaggio dei fiori e la virtù di rendere invincibile il metallo
Già nell’almanacco medioevale, è attribuito al miosotide il simbolo dell’amore fedele e costante e del ricordo delle persone care. Una curiosità lo lega agli artigiani, nelle cui officine si fondevano i metalli, e ai guerrieri. Veniva infatti attribuita a questa pianta la proprietà di solidificare e di rendere indistruttibile il metallo. Per questo motivo, se ne vedevano bordure presso le fonderie e i cavalieri lo infilavano nell’elsa della spada prima di scendere in battaglia.
Facendo un salto temporale in avanti di molti secoli, durante la Prima Guerra Mondiale il miosotide fu scelto dalle ragazze inglesi come pegno d’amore per i fidanzati. Ne facevano essiccare i fiori e li inserivano nelle lettere inviate sul Continente, dove i loro promessi combattevano la durissima guerra di trincea.


Tradizioni irlandesi
Nell’Isola di Smeraldo, il miosotide ha il lungo nome di An lus míonla goirt, ovvero “la gentile pianta di campo”. Nelle notti di maggio, che si ritenevano particolarmente infestate dalle streghe, gli irlandesi lo indossavano sulla giacca, se dovevano mettersi in viaggio dopo il tramonto. Sebbene non fosse ancora fiorito, le sue foglie si tenevano in tasca pure nella data del 29 febbraio, che era temuta in quanto propria dell’anno bisestile. La pianta tritata veniva applicata in cataplasma per curare i morsi dei cani.


Un piccolo ritratto botanico
Il miosotide hai i fiori azzurri tipici della famiglia delle Borraginacee ed è stato catalogato come Myosotis arvensis Hill. Si trova comunemente in tutta Europa nei campi e lungo i sentieri. È una pianta piuttosto pelosa e grigiastra, che ramifica già alla base, con un’altezza sino a mezzo metro. Le foglie sono allungate: quelle inferiori formano una rosetta e le altre lungo il fusto sono glabre.
Le infiorescenze sono a grappolo spiralato, che tende a distendersi allo sbocciare dei fiori, tra aprile e settembre. Essi sono larghi dai 2 ai 3 millimetri, dalla caratteristica forma a imbuto, con corolla d’intenso azzurro a 5 lobi concavi. I semi sono acheni ovoidali, un po’ appiattiti, neri e lucidi.


Proprietà terapeutiche del miosotide
Purtroppo gli studi clinici su questa specie, rispetto ad altre Borraginacee, scarseggiano. La droga è costituita dalla pianta intera, quando è in fiore. Jean Valnet riportava nei suoi scritti le conclusioni dei medici Binet e Bertrand, che individuarono tra i componenti un’alta percentuale di potassio. Si aggira tra i 42 e i 57 grammi per ogni chilogrammo. Oltre ai sali minerali, altri principi attivi sono gli acidi organici e gli zuccheri.
Secondo il dottor Binet, l’infuso giova in caso di stanchezza (astenia), di pressione alta e come blando lassativo. Si prepara ponendo due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, quindi si spegne e si lascia riposare sotto coperchio per una decina di minuti. Va consumato lungo la giornata, esattamente come se fosse un tè o un’altra bevanda alimentare. Rispetto alla fitoterapia, è un’erba che ha avuto maggiore fortuna in campo omeopatico, con diversi preparati che la comprendono tra i componenti. Come rimedio omeopatico, viene prescritta dai medici quando si soffre di infezioni alle vie respiratorie, quale calmante e per contrastare l’eccessiva sudorazione notturna.


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