Netflix ha rilasciato il 15 gennaio 2025 la serie originale italiana “ACAB”, un’opera che unisce un’intensa narrazione drammatica a un ritratto realistico delle dinamiche interne delle forze dell’ordine. La serie, composta da sei episodi della durata compresa tra 40 e 60 minuti, si ispira liberamente al libro “ACAB” di Carlo Bonini e all’omonimo film del 2012 diretto da Stefano Sollima. No spoiler.
ACAB
“ACAB” segue le vicende di una squadra del Reparto Mobile di Roma, impegnata a mantenere l’ordine pubblico in un periodo di crescenti tensioni sociali. I protagonisti principali sono Mazinga (interpretato da Marco Giallini), un veterano dal carattere burbero, Marta Sarri (Valentina Bellè), una giovane agente che si confronta con il maschilismo all’interno del corpo, e Salvatore Lovato (Pierluigi Gigante), diviso tra il dovere e i propri dilemmi personali.
Il gruppo subisce un duro colpo quando il loro comandante viene gravemente ferito durante violenti scontri in Val di Susa. Questo evento porta al comando Michele Nobili (Adriano Giannini), un esponente della polizia riformista, che cerca di guidare il team con metodi innovativi ma spesso poco compresi dai suoi colleghi. Attraverso le loro storie personali e professionali, “ACAB” esplora tematiche delicate come la violenza, l’etica e le pressioni interne al corpo di polizia.
Il cameratismo, tema centrale sia nella serie che nel film del 2012, emerge come un elemento cruciale. I membri del Reparto Mobile si ritrovano a fare affidamento gli uni sugli altri non solo durante gli scontri fisici, ma anche nelle sfide personali e morali. Questo legame, pur essendo una risorsa, porta con sé anche il rischio di creare un ambiente chiuso in cui comportamenti tossici possono essere giustificati o ignorati.
La regia e la sceneggiatura
La regia della serie è stata affidata a Michele Alhaique, che ha costruito un’atmosfera intensa e realistica, immergendo lo spettatore nelle complessità del lavoro delle forze dell’ordine. La sceneggiatura, firmata da Carlo Bonini, Filippo Gravino, Elisa Dondi, Luca Giordano e Bernardo Pellegrini, mantiene un equilibrio sottile tra azione e introspezione, enfatizzando sia le dinamiche esterne che i conflitti interni dei protagonisti.
Uno dei meriti principali della sceneggiatura è la capacità di intrecciare le vicende dei protagonisti con eventi e tensioni che richiamano situazioni reali, dal disagio sociale ai conflitti nelle periferie urbane. Questo ancoraggio alla realtà rende “ACAB” una serie capace di stimolare una riflessione profonda sulle sfide affrontate quotidianamente dalle forze dell’ordine.
ACAB – All Cops Are Bastards (film 2012)
Il film “ACAB – All Cops Are Bastards” del 2012, diretto da Stefano Sollima, è un punto di riferimento importante per comprendere l’evoluzione di questa storia. Sollima, noto per la cosiddetta “trilogia della Roma criminale” (composta da “ACAB”, “Suburra” e “Adagio”), aveva già offerto un ritratto spietato delle contraddizioni della società italiana. Con particolare attenzione alle dinamiche di potere e violenza.
Mentre il film si concentrava soprattutto sulla brutalità e sulla violenza insita nel lavoro del Reparto Mobile, la serie Netflix amplia la narrazione esplorando anche le sfumature emotive e i conflitti interni dei personaggi. Il cameratismo, già centrale nel film, viene ulteriormente approfondito nella serie, mostrando sia il lato positivo di questa solidarietà professionale che i suoi lati oscuri. Laddove il film era diretto e incisivo nel rappresentare le frustrazioni e le ambiguità morali dei poliziotti, la serie offre più spazio per sviluppare le storie personali, creando un ritratto ancora più sfaccettato e umano.
La trilogia della Roma criminale
L’opera di Sollima, inclusa la sua trilogia, ha influenzato profondamente la rappresentazione delle forze dell’ordine e del crimine nella cultura italiana contemporanea. “Suburra” ha esplorato il legame tra politica, Chiesa e crimine organizzato. Mentre “Adagio” ha chiuso la trilogia con una riflessione malinconica e potente sulle conseguenze del potere e della violenza. “ACAB” si inserisce perfettamente in questa linea narrativa, pur distinguendosi per il focus sul mondo della polizia.
La serie Netflix si pone quindi come un ponte tra l’eredità lasciata dal film del 2012 e una nuova visione narrativa, più moderna e complessa, che si adatta alle esigenze di un pubblico seriale.
Una serie che fa discutere
Sin dal suo rilascio, “ACAB” è entrata rapidamente nella classifica dei titoli più visti su Netflix in Italia, suscitando dibattiti accesi sia tra il pubblico che tra gli addetti ai lavori. La rappresentazione cruda e realistica del lavoro delle forze dell’ordine è stata apprezzata per la sua onestà. Ma ha anche sollevato interrogativi sul confine tra intrattenimento e critica sociale.
L’impatto della serie sul pubblico è duplice. Da un lato, offre una rara opportunità di comprendere le difficoltà e i sacrifici che caratterizzano la vita degli agenti, rafforzando l’empatia verso queste figure spesso criticate. Dall’altro, il ritratto delle dinamiche interne e della violenza rischia di alimentare polemiche, specialmente in un contesto sociale già polarizzato. Alcuni critici temono che una rappresentazione così diretta possa essere fraintesa o addirittura glorificata. Mentre altri lodano la serie per aver sollevato un dibattito necessario su tematiche delicate.
Con un cast di grande talento e una regia raffinata, “ACAB” si candida a diventare uno dei titoli più significativi del panorama televisivo italiano recente. La serie riesce a raccontare una storia avvincente senza perdere di vista i temi più profondi, offrendo uno spunto di riflessione sulle sfide e le contraddizioni delle società contemporanee.
Potrebbero interersarti:
“Un’estate fa”: mistero e thrilling nella serie TV di Sky
“Yellowstone” la serie TV di Sky che ha riscritto il genere western