Su Netflix, una serie che non è solo fantascienza: l’Eternauta. È .. L’Eternauta prende vita dallo storico fumetto argentino e si trasforma in una serie TV che ha l’ambizione di lasciare il segno. Ma ci riesce davvero? (No spoiler)
Tutto comincia con la neve. Una neve che non dovrebbe esserci, che cade silenziosa ma letale. Non è neve vera. È qualcosa che uccide. Nessuno sa cosa stia succedendo. Nessuno è preparato. E da quel momento in poi inizia la vera lotta per la sopravvivenza. Le strade si svuotano. Chi resta fuori muore. Non ci sono sirene, non ci sono spiegazioni. Solo il panico. Il pericolo è ovunque, e non si vede. Ed è proprio questo che fa paura.
Nel cuore della città, un uomo e un piccolo gruppo di amici cercano di capire cosa stia succedendo. Si chiudono in casa, si ingegnano, si organizzano. Così comincia il loro viaggio dentro un’Argentina spettrale, dove il vero nemico non è solo là fuori, ma anche dentro le scelte, le paure, i contrasti tra le persone.
Non serve sapere molto di più per entrare nella serie. Non servono alieni, mostri o effetti speciali esagerati per farsi catturare. Basta l’idea semplice e spaventosa di una minaccia invisibile. Di una città che si svuota, che si chiude in casa, che prova a resistere.
Una storia che viene da lontano
Per capire L’Eternauta, però, serve fare un passo indietro. Molto indietro. La serie è infatti l’adattamento di un fumetto pubblicato tra il 1957 e il 1959 da Héctor Germán Oesterheld e disegnato da Francisco Solano López. Non è un fumetto qualunque: è considerato un pilastro della fantascienza latinoamericana. Il fumetto argentino più importante di sempre.
Oesterheld e López raccontavano l’Argentina sotto forma di fumetto. Ma non era solo una storia di fantascienza. Era una denuncia, un grido nascosto dietro una “nevicata tossica”.
Ma non è solo per i suoi alieni o per le nevicate tossiche che L’Eternauta è diventato leggenda. È per quello che rappresentava. Era una grafic novel, travestita da intrattenimento, ma parlava di repressione, paura, libertà, e soprattutto resistenza. Oesterheld non scriveva per evadere: scriveva per combattere.
Negli anni ’70, quando l’Argentina fu travolta dalla dittatura militare, la storia di L’Eternauta divenne ancora più simbolica. Oesterheld fu rapito nel 1977 insieme alle sue figlie. Non è mai più tornato. Ad oggi è uno dei desaparecidos più noti del paese, ma il fumetto è sopravvissuto a lui. Ed è diventato un simbolo di resistenza contro la dittatura.
Ecco perché questa serie non è solo intrattenimento. È anche memoria. Anche se ambientata nel presente, l’anima resta la stessa: raccontare cosa succede quando tutto crolla, e l’unica scelta è restare umani.
Tra passato e presente: l’adattamento Netflix
Netflix ha scelto di portare L’Eternauta ai giorni nostri. Non più l’Argentina degli anni ’50, ma quella contemporanea, attraversata da nuove crisi, nuove tensioni sociali, nuovi conflitti generazionali. Una scelta rischiosa, ma sensata. Perché anche oggi il paese attraversa un periodo complicato. Il nuovo governo ha imposto politiche dure, l’economia è instabile, le tensioni sociali sono forti. In fondo, è ancora un paese in lotta. Una scelta coraggiosa, che però divide: c’è chi apprezza l’attualizzazione, chi invece sente la mancanza del contesto originale.
La Buenos Aires della serie è cupa, silenziosa, inquieta. Gli attori, su tutti nel ruolo di Juan, sono credibili e intensi. Attore amatissimo in Argentina e noto anche a livello internazionale, Ricardo Darín, qui non è un eroe d’azione. Non corre, non spara, non grida. È un uomo normale. Con i suoi dubbi, il suo passato, le sue visioni. E questa è forse la scelta più interessante della serie. Juan non è solo un leader. È un padre. È un sopravvissuto. Ma è anche un uomo che cerca risposte in un mondo che non ne offre. E attorno a lui si muovono altri personaggi, ciascuno con una storia, un punto di vista, un modo diverso di affrontare la catastrofe. Non c’è una morale unica. Non c’è un nemico chiaro. C’è solo l’umanità, nel bene e nel male.
La regia punta molto sull’atmosfera: luci fredde, strade deserte, silenzi lunghi che fanno più paura di mille esplosioni.
E allora la nevicata tossica diventa un’altra metafora: non più (o non solo) delle dittature militari, ma delle disuguaglianze, della sfiducia, della solitudine urbana. Il racconto si sposta, ma il messaggio resta: quando tutto crolla, ciò che ci salva – o ci condanna – è il modo in cui scegliamo di stare insieme.
Temi universali, ma qualche déjà-vu
L’idea di fondo resta potente, ma chi ha già visto altri scenari post-apocalittici potrebbe avere una sensazione di déjà-vu. Gruppi di sopravvissuti, battaglie per le risorse, egoismo contro solidarietà, generazioni che non si capiscono… Tutto già visto? Forse. Ma qui il contesto è diverso. Qui c’è una ferita vera sotto la finzione.
La serie non corre. A tratti si prende il suo tempo. Qualcuno dirà che è lenta, altri diranno che è riflessiva. Ma una cosa è certa: non è una di quelle storie da guardare mentre si scrolla il telefono. Serve attenzione. E magari anche qualche domanda in più.
Se vi aspettate battaglie epiche e invasioni spettacolari, potreste restare delusi. L’Eternauta non è una serie da binge-watching compulsivo. È lenta, riflessiva, atmosferica. A volte anche troppo. Il ritmo non è sempre costante. Ma forse va bene così.
Perché questa è una serie che lavora per suggestioni. Che punta più sulla tensione che sull’azione. Che preferisce mostrare una strada vuota, una finestra chiusa, un silenzio improvviso. E che usa la fantascienza per parlare del presente, non del futuro.
Un’eredità difficile da onorare
Se ami le storie post-apocalittiche, L’Eternauta ti offre qualcosa di familiare ma con un sapore diverso.
Chi conosce il fumetto originale noterà delle differenze. Alcune inevitabili, altre più discutibili. Il racconto è stato semplificato, alcuni passaggi accorciati, altri cambiati. Manca forse quella potenza politica che faceva del fumetto un manifesto, oltre che un racconto.
E se non conosci nulla di tutto questo? Forse è l’occasione giusta per iniziare. Magari dopo la serie sentirai la voglia di scoprire il fumetto, di sapere chi era Oesterheld, di capire perché ancora oggi in Argentina si parla di questa storia come di qualcosa di sacro.
Ma il cuore della storia c’è ancora. C’è la paura. C’è la solitudine. Ma, soprattutto, c’è la domanda centrale: cosa siamo disposti a fare per salvarci? E a che prezzo?
Vale la pena guardarla?
La risposta dipende da cosa cerchi. Se vuoi una serie veloce e piena d’azione, forse no. Ma se ami le storie che nascondono significati profondi, se ti incuriosiscono i racconti che arrivano da altri paesi, se ti interessa vedere come la fantascienza può parlare di politica, storia e società, allora sì: L’Eternauta fa per te.
L’Eternauta non è una serie perfetta. Alcuni episodi sono più intensi di altri. Il ritmo altalenante si fa sentire. Ma resta un progetto importante. Non solo per quello che racconta, ma per il modo in cui lo fa. Perché non tutte le apocalissi si combattono con le armi. Alcune si affrontano con la memoria.
Resta comunque una produzione che merita attenzione, anche solo per scoprire un pezzo di cultura argentina che ha fatto il giro del mondo.. Non perché sia piena di effetti speciali o colpi di scena mozzafiato, ma perché ha qualcosa da dire. L’Eternauta è un racconto di fantascienza, certo. Ma è anche una metafora, un pezzo di storia argentina, e soprattutto un’occasione per riflettere sul presente. Anche il nostro.
E magari, dopo la serie, prendere in mano il fumetto originale. Perché certi racconti non finiscono con i titoli di coda.
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