Il ciclamino, nel linguaggio dei fiori
Il ciclamino è a torto considerato soltanto una bella pianta da vivaio. Quale specie appartenente alla famiglia delle Primulacee, condivide proprio con la primula l’antica origine di pianta selvatica dei boschi. Si trova ancora in natura allo stato spontaneo, ma è raro ed è protetto. Al tempo di Plinio, era sicuramente più comune, dato che il grande naturalista romano considerava una benedizione se attecchiva vicino a casa. Secondo lui, custodiva la famiglia perché sosteneva che non ci può essere alcun tranello, alcun incantesimo nocivo dove cresce il ciclamino.


Questa convinzione derivava probabilmente dal fatto che il ciclamino ha una particolarità: rizza i suoi steli, quando sbocciano i fiori, per spingerli verso la luce. Al contrario, quando maturano i frutti, li china, per proteggerli in basso, tra le foglie, sino al momento di liberare i semi. Per secoli, dunque, nel linguaggio dei fiori, il ciclamino ha rappresentato la cura e la protezione. Solo a partire dall’Ottocento, specialmente in Francia, è stato anche considerato un simbolo di diffidenza, per come salvaguarda sé stesso dal mondo esterno. Ne consegue che regalare un vaso di ciclamini può significare “Mi prendo cura di te” ma anche “Non mi fido del tutto”.


Gli allegri bevitori irlandesi
Si sa: ci sono due tipi di sbronza, quella allegra e quella triste. Nelle campagne irlandesi, pare avessero trovato un metodo infallibile per garantirsi soltanto una ciucca allegra. I contadini, il sabato sera, prendevano di nascosto un fiore di ciclamino dal giardino delle rispettive mogli. Quando arrivavano al pub, mettevano un frammento di petalo in fondo al boccale della birra, prima di fare baldoria. Come vedremo in seguito, si tratta di una pianta velenosa, quindi c’è da augurarsi che, tra un brindisi e l’altro, non lo ingerissero.
Poiché la forma del fiore ricorda un orecchio, le fanciulle in età da marito erano convinte che ascoltasse nel vento il nome del futuro sposo. Così, nelle giornate assai ventose, si chinavano ad ascoltare se le corolle lo ripetevano, tentando di indovinarlo dal fruscio dei petali. Una donna gravida, tuttavia, non doveva mai avvicinarsi a un ciclamino: nell’Isola di Smeraldo si diceva che, se ne avesse calpestato una foglia, rischiava un aborto spontaneo.


Una piccola descrizione botanica
Il ciclamino selvatico più comune è stato catalogato come Cyclamen europaeum L. Ha anche il nome popolare di pamporcino perché, un tempo, i suoi tuberi essiccati venivano dati da mangiare ai maiali, che ne sono ghiotti. Predilige come habitat luoghi umidi, boscosi, e terreni calcarei. È una pianta erbacea perenne, alta sino a 15 centimetri, e ha per radice un grosso tubero globuloso, rivestito di radichette filiformi.
Le foglie sempreverdi partono direttamente dal tubero e sono munite di un lungo picciolo. Presentano macchie argentee sulla pagina superiore e porporine su quella inferiore. Sono cordate o reniformi, leggermente dentate. I fiori hanno corolle color porpora, in rari casi anche bianche, formate da 5 lacinie con le punte riflesse. Sono lunghi sino a 2 centimetri: sono quindi molto più piccoli, rispetto a quelli delle varietà coltivate. Hanno un profumo tenue e sbocciano tra giugno e ottobre. I frutti sono capsule carnose ovato-globose, che giacciono al suolo, dopo che il lungo peduncolo si è arrotolato su sé stesso a spirale. I semi sono assai numerosi e angolosi.


Una pianta velenosa usata solo in omeopatia
Sebbene ci sia stato in passato un uso terapeutico, nella medicina popolare, è assolutamente sconsigliato l’impiego fitoterapico del ciclamino. Il tubero, infatti, contiene una saponina chiamata ciclamina o artanina che, se ingerita, provoca ipersalivazione, gastrite, diarrea, vomito, crampi e vertigini. È una sostanza abortiva, causa lesioni cutanee e alle mucose e, a grandi dosi, può essere mortale per paralisi dei centri nervosi.
Per quanto la ciclamina sia soprattutto presente allo stato fresco e diminuisca nei procedimenti di essicazione e torrefazione, è da evitare l’assunzione di questa pianta. La usano soltanto i medici omeopatici, nelle opportune diluizioni farmacologiche, per curare diverse problematiche femminili, legate al ciclo mestruale, dall’emicrania alla dismenorrea. Per tutti noi, resta comunque una gioia per gli occhi: ammirare la bellezza di un ciclamino in fiore fa bene all’umore e ci regala un sorriso.
Può interessati leggere anche
La malva, reliquia di tramonto: altro che elisir d’amore!
La primula, così pallida e inquieta che muore nubile
“Primavera d’Irlanda”, un romanzo imperdibile per il Saint Patrick’s Day.