La primula, così pallida e inquieta che muore nubile

La primula, che deve il suo nome alla precoce fioritura

Il nome primula deriva dal latino perché i suoi fiori sono tra i primi a sbocciare dopo l’inverno. Precedono addirittura l’attività degli insetti impollinatori e per questo molte corolle appassiscono senza dare frutto. Persino William Shakespeare sottolineò questa particolarità ne “Il racconto d’inverno”, a proposito delle pallide primule che muoiono nubili. In epoca assai più recente, anche la scrittrice neozelandese Katherine Mansfield ci ha lasciato un ritratto delicato e malinconico di questi fiori.

Chinandomi sulle primule, vidi il volto pallido e stanco di ognuna guardarmi con quell’aria perplessa e irrequieta che hanno i bimbi.
tante piccole primule gialle con foglioline verdi tenere

Un’antica leggenda tedesca

La primula era un tempo soprannominata chiave del cielo perché, secondo una leggenda tedesca, nacque a causa di un gesto maldestro di san Pietro. Il Principe degli Apostoli si lasciò sfuggire di mano le chiavi del paradiso, che precipitarono al suolo. Così, per attutirne la caduta, il prato le accolse su un cuscino di fiori splendenti: le nostre primule, appunto. Tale legame con la figura di san Pietro fu molto apprezzato nel Medioevo, facendo della primula un elemento decorativo in affreschi e arazzi. Nel Settecento, grazie alla creazione di ibridi, più vistosi della pianta selvatica, si diffuse nei giardini, soprattutto nelle Isole Britanniche. Fu invece trascurata in Francia, perché troppo umile d’aspetto per popolare le aiuole.

Nel linguaggio dei fiori

La primula simboleggia l’adolescenza, in quanto primavera della vita. Svela anche il primo amore, offrendone una piantina quale dono. In Normandia, rappresenta infine i giovani sposi che scelgono di celebrare le nozze a primavera. La tradizione vuole che la coppia attenda sul ponte che attraversa un ruscello. A monte, viene gettato nella corrente un mazzolino di primule e se oltrepasserà gli sposi, galleggiando, essi condivideranno una vita felice. Per evitare che sia di cattivo auspicio, si consiglia ad amici e parenti di effettuare il lancio delle primule a pochi passi dal ponte. In questo modo saranno certi che non vadano a fondo troppo presto.

una prmula fiorita in un prato verde

Le tredici primule irlandesi della discordia

Permetteteci come sempre una piccola divagazione sull’Irlanda, che è molto amata da chi vi scrive. Qui il primo mazzolino colto in primavera doveva contenere almeno tredici primule. Perché questo era il numero ideale di pulcini attesi dalla covata di ogni chioccia della fattoria. E si temeva che i vicini dispettosi ingannassero i bambini, dando loro una sola primula da portare a casa. Ciò avrebbe causato litigi a non finire, tra le famiglie.

Altre tradizioni irlandesi

Nell’Isola di Smeraldo, dove la primula assume il nome gaelico di An Sabhaircín, c’è l’usanza di mettere petali di primula nelle insalate dei bambini. Ciò le rende più allegre e appetibili, ma le nonne sostengono che in questo modo essi riusciranno a vedere le fate. Si tramanda anche che, se viene sparso sangue di bue sulle radici, le primule si coloreranno di rosso. In altre contee, i semi vengono piantati il Venerdì Santo, con la convinzione di ottenere fiori rosati, in memoria del sangue versato da Gesù crocifisso. Nel primo giorno di maggio, poi, si intrecciavano fiori di primula alle code delle mucche affinché, dondolandole, scacciassero le streghe. Infine, facendo bollire le primule nello strutto, gli irlandesi ottenevano un unguento per lenire le ferite.

Caratteristiche botaniche della primula

Tra le diverse varietà di primula, vi descriviamo la Primula veris L., perché è la più interessante dal punto di vista fitoterapico. Essa è catalogata anche come Primula officinalis L. e appartiene alla famiglia delle Primulacee. Ha una radice fibrosa e una rosetta basale di foglie ondulate, a margine dentato, munite di fine peluria. Dalla rosetta basale spuntano i fusti cilindrici che raggiungono i 30 centimetri d’altezza e che recano infiorescenze ombrelliformi, composte anche da una trentina di fiori. Le corolle sbocciano tra marzo e maggio, sono di un bel giallo dorato, pendule e campanulate. In Italia è specie protetta e, come habitat, predilige i prati asciutti e le radure, al limitare dei boschi.

Studi clinici e principi attivi

In passato, la medicina popolare ha attribuito alla primula proprietà reali o stravaganti. È infatti un’esagerazione credere che guarisca i bambini dalla balbuzie o, peggio ancora, che il suo infuso sia una pozione d’amore. Ma nella cura della gotta, dei reumatismi e delle emicranie, i vecchi contadini ci avevano visto giusto. Già nel XVIII secolo ci furono medici (Ray, ad esempio) che curavano il mal di testa con succo di fiori di primula mescolato al latte vaccino. E tale pratica fu confermata nel 1927 dagli studi di Bohm, che evidenziò l’utilità della radice per contrastare il mal di testa di origine nervosa.

La droga è costituita dalla radice ma anche dalle sommità fiorite e dalla pianta intera. E i principi attivi isolati sono la primaverina, la primulaverina, le saponine e i glicosidi fenolici. Nel fiore giallo troviamo inoltre i flavonoidi. Tali costituenti rendono questa specie un buon analgesico, in caso di reumatismi o nevralgie, un diuretico che contrasta la gotta e un espettorante (tosse, bronchite). Si utilizza per combattere le cefalee, le emicranie, i parassiti intestinali, il vomito e le convulsioni infantili.

Il tè di primula

Il decotto di radice si prepara facendo bollire per pochi minuti due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua. Si lascia riposare sotto coperchio per una decina di minuti, si filtra e si dolcifica a piacere. Si beve come se fosse un tè, lungo la giornata. Molto gradevole di sapore è l’infusione dei fiori, che può essere data ai bambini semplicemente come ghiotta bevanda. In più, ha su di loro un blando effetto calmante, quando sono eccitati. Forse perché, come scriveva Katherine Mansfield, le primule hanno l’aria perplessa e irrequieta dei bimbi.

piccole primule appena sboccate dal terreno fiori a campanellino
Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.