Palio di Siena “patrimonio culturale”? Oipa:”anche no!”

Il Palio di Siena, antica e celebrata tradizione della città toscana, si trova al centro di una controversia tra gli amanti della manifestazione e i difensori dei diritti degli animali. L’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) ha annunciato l’intenzione di presentare un’istanza di accesso agli atti presso il Ministero della Cultura per monitorare da vicino l’iter che potrebbe portare al riconoscimento del Palio come “patrimonio culturale dello Stato”.

Il riconoscimento richiesto è probabilmente propedeutico alla candidatura Unesco. Lo scorso agosto il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, alla vigilia della rovinosa corsa, dichiarò che «occorre riprendere l’iniziativa insieme al Comune e al Magistrato delle Contrade per il riconoscimento del Palio di Siena quale patrimonio culturale immateriale Unesco».

Il Rettore del Magistrato delle Contrade, Emanuele Squarci, ha rivelato che un fotografo del Ministero della Cultura arriverà “per fare un sopralluogo propedeutico allo scatto delle immagini ufficiali degli oggetti che ciascuna Contrada ha proposto come rappresentativi della propria essenza (…) Dopo il sopralluogo tornerà per le foto ufficiali necessarie per concludere il procedimento”.

Dunque, questo potrebbe essere un passo fondamentale nel processo di candidatura del Palio di Siena come patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO.

Tuttavia, l’Oipa ha sollevato gravi preoccupazioni riguardo a questa possibile designazione, sottolineando che rendere “patrimonio culturale” una manifestazione che coinvolge animali mette a repentaglio la vita di esseri senzienti, una preoccupazione sempre più diffusa nell’opinione pubblica. Nel 2018, il cavallo Raol, simbolo delle vittime del Palio, perse la vita durante la competizione, mentre lo scorso agosto Abbasantesa e Antine Day subirono gravi infortuni, richiedendo un ricovero veterinario e interventi chirurgici.

Preservazione della tradizione o rispetto per la vita?

Se, da un lato, la richiesta di designare il Palio come patrimonio culturale immateriale potrebbe essere vista come un atto di preservazione di una tradizione ricca di storia e significato culturale. Dall’altro lato, gli attivisti per i diritti degli animali sostengono che tale riconoscimento dovrebbe essere negato a un evento che mette a rischio la vita degli animali e dei partecipanti.

La controversia solleva interrogativi importanti sul rapporto tra tradizione culturale e benessere degli animali, portando alla luce un dibattito sempre più urgente sulla necessità di bilanciare la preservazione delle tradizioni con l’etica e il rispetto per la vita animale.

Il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto, ha criticato aspramente l’evento, affermando che la pista del Palio di Siena continua a mettere a rischio la vita degli animali e dei fantini. Ha inoltre menzionato l’ombra del doping che aleggia sulla gara e ha chiesto una riflessione sulla validità di eventi come il Palio in un’epoca in cui cresce la sensibilità nei confronti degli animali.

«La pista del Palio di Siena continua a mettere a rischio l’incolumità degli animali e degli stessi fantini, senza considerare l’ombra del doping che più di una volta si è allungata sulla gara», commenta il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto. «Basta Palii, basta Quintane, basta Giostre con l’uso dei cavalli su piste inidonee: tornei anacronistici che non hanno più ragione d’essere in un’epoca dove cresce e si consolida una sensibilità, sostenuta anche dagli orientamenti giuridici e giurisprudenziali, che non vuole usi e abusi sugli animali».

Art. 9: Gli animali sono esseri senzienti

Secondo l’Oipa, appare inappropriato rendere “patrimonio culturale” una manifestazione che mette a repentaglio la vita di animali, esseri senzienti, tutelati ora anche dall’articolo 9 della Costituzione.
L’associazione chiede al Ministero di evitare che, in nome del rispetto per gli animali, tema sempre più sentito dall’opinione pubblica, sia dato tale riconoscimento alla competizione.

Scorrendo la Lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale italiano dell’Unesco si vede come d’altra parte vi siano inseriti anche contesti nei quali gli animali vengono usati, dopo addestramenti, per l’”uso umano”, quali la Falconeria e la Cerca e cavatura del tartufo in Italia. Nel primo caso si allevano e addestrano falchi per l’attività venatoria, cioè per cacciare prede; nel secondo caso si allevano e addestrano cani per la ricerca del prezioso fungo: un’attività che purtroppo, in alcune comunità, scatena rivalità e sabotaggi.

È notizia di pochi giorni fa che 15 i cani da tartufo sono stati avvelenati a San Pietro Avellana, in provincia di Isernia, come hanno testimoniato le guardie zoofile della stessa Oipa.

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