Il 2020, ma anche l’inizio di questo 2021 hanno segnato, e segneranno profondamente, il mondo dell’arte. Non solo per l’ecatombe a opera del Covid-19 di fiere e mostre annullate, ma anche per posti di lavoro persi e opportunità mancate.
“È stato come fare un percorso militare bendati“. Queste le parole di Melanie Clore della Società di consulenza artistica Clore Wyndham. Una descrizione che descrive il clima di vulnerabilità, paura e tensione emotiva senza precedenti, in cui il mondo dell’arte si è trovato coinvolto insieme a tutti noi.


Il mondo dell’arte diventa democratico
Galleristi, curatori, case d’aste e musei sono andati completamente alla deriva, ma stiamo assistendo, nello stesso tempo, a un fenomeno molto interessante: la democraticizzazione dell’arte.Le visite nelle viewing room, i contributi speciali, i dibattiti gli approfondimenti, di solito appannaggio di pochi e comunque sempre a pagamento, sono diventati gratuiti e alla portata di tutti. Anche per il linguaggio.
Dovendo necessariamente sbarcare sui Social, su un web binar o su piattaforme di condivisione, normalmente frequentate dalla massa, l’arte ha dovuto adattarsi a uno stile comunicativo diverso. Bando quindi a didascalismi, formalismi e critici cripitici. Spazio invece a percorsi insoliti, gratuiti e a riflessioni e spiegazioni con parole chiare e semplici. Sotto la regola del: se voglio che il grande pubblico mi segua devo poter essere interessante e divertente.


Covid-19: le Nuove professioni d’arte
Tutto questo ovviamente ha creato nuove professioni, o meglio nuovi posti di lavoro per i giovani critici ingaggiati in tutta fretta dalle piattaforme fieristiche. Quello che c’era prima non andava più bene. Il formalismo, la regola classica, i canoni per presentare l’arte in anteprima, con esclusivi vernissage, sono saltati tutti. Bisognava trovare qualcuno che sapesse usare i media in modo furbo e presentare contenuti di alto livello in modo semplice.
Con buona pace dei curatori che hanno dovuto ingoiare il boccone amaro della riduzione della critica, e adattarsi per allestimenti a canoni più da televisione che da mostra. Ma i tempi cambiano e con i tempi, si sa, occorre stare al passo. Onore al merito a Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino, che dopo aver accompagnato personalmente i fan di YouTube, in passeggiate all’interno delle sale deserte, ha ospitato anche la troup del cantante Mahmood per la realizzazione di un videoclip.


Nuovi scenari d’arte
La pandemia ha anche dato un colpo non indifferente a certi mercati di nicchia, appannaggio di aste e case d’aste che hanno sempre privilegiato un pubblico abituato alla presenza . Parliamo di vendite di argenti, porcellane di Meissen e arredi. Ma anche di antiquari con pezzi di alta epoca che se già prima del Covid-19 erano a rischio sopravvivenza, ora possono di diritto inserirsi tra le specie in via d’estinzione.
Se questo piatto si fa sempre più ridotto e scarno, fiorisce e dilaga invece la parte digitale, fotografica e di arte contemporanea. L’arte scende tra la folla, si fa commentare su Facebook, l’antiquario vende i pezzi al negozio di moda e i curatori diventano video maker. Il Covid ha reso l’arte più democratica. Almeno per ora.

