Il Torino FC e la campagna acquisti: corsi e ricorsi

Ritorna la rubrica “Esser granata vuol dire fede e amore”

Spulciando vecchi articoli e vecchi post pubblicati sui social, mi sono imbattuto in queste riflessioni sulla campagna acquisti del Torino FC, risalenti al 2017, e purtroppo mi sono reso conto di come gli stessi siano quanto mai attuali, a distanza di due anni, se non di più.

Ve li ripropongo, consapevole di scatenare le ire di qualcuno, strenuo difensore dell’imprenditore di Masio, e il consenso di qualcun altro, che invece vorrebbe, come me, un Torino FC che diventi finalmente il Toro, quella squadra “tremendista” che non c’è più e che non si intravede all’orizzonte.

Anche il riferimento al portiere, ripeto risalente a due anni fa, è di stretta attualità, come del resto la citazione riferita a due giovani del vivaio (anche se ora provenienti dalla Roma): allucinante.

Uno di questi articoli l’avevo intitolato: “L’immobilismo di Papa Urbano”. Fate voi.

Certo, quest’anno c’è stata la querelle sulla partecipazione alla Europa League e la diatriba con Petrachi: motivi che hanno “rallentato” la campagna rafforzamento, anzi non l’hanno proprio fatta cominciare; tuttavia il risultato è sempre lo stesso.

Ora però Bava è stato nominato D.S. e la partecipazione ai preliminari di EL sono una certezza: non ci sono più scuse. La società deve muoversi, in fretta e bene.

Questo scrivevo nel 2017

 “Per chiarire il senso di questo articolo, comincerò con un piccolo esempio pratico: in garage ho una Chevrolet Corvette coupè, prezzo 120mila euro, che ho già venduto ma ad un prezzo maggiorato del 50%, ma per ora non lo dico a nessuno.

Per non sputtanarmi e per non rimanere a piedi, devo comprare una macchina nuova e ho scelto una Ford Mustang, prezzo 40mila euro circa.

Premesso che i soldi li ho, come me li sono procurati poco importa, vado al concessionario e dico al venditore che la macchina voglio pagarla 20mila oppure, meglio ancora, chiedo se me la presta per un anno gratis, specificando anche che gradirei un contributo per la benzina, l’assicurazione, eccetera.

Il fatto che esca con le mie gambe dallo show-room, dipende dall’educazione del gestore.

Uscito dal primo concessionario, entro subito dopo in un altro, perché ho una seconda scelta, naturalmente: per rimanere in tema di auto sportive, mi piace anche la Mazda MX-5, prezzo 25mila euro, circa.

Ragionate con me: se avevo i soldi per la Mustang, li ho anche per la Mazda, che costa decisamente di meno, ma io sono fatto così e dico al secondo venditore che la voglio pagare solo 15mila, oppure che la vorrei gratis, eccetera eccetera.

Anche in questo caso, grazie alla buona creanza del venditore, esco dall’autosalone con le mie gambe.

Devo comunque cambiare macchina, altrimenti è un casino, così vado in un terzo concessionario e ne esco pochi minuti dopo a bordo di una Dacia Logan, rigorosamente di seconda mano, prezzo 5.000 euro, che decido di pagare in 72 comode rate.

A casa mi riempiranno di insulti e battutacce, ma sinceramente non me ne può fregar di meno: in fin dei conti ho comunque portato a casa una macchina.

Questo, a tutt’oggi, è il senso della “campagna trasferimenti”, o del “mercato”, se preferite, del Torino FC: trattative intavolate un po’ con tutti, giocatori che interessano ma che non arriveranno mai, vuoi perché costano troppo, almeno secondo i parametri del presidente (minuscolo voluto, nda), o perché li si vuole pagare a piacimento, oppure ancora, perché l’ingaggio è troppo alto.

Insomma: la solita solfa che ci sentiamo propinata da dodici lunghi anni, quella del “posso ma non voglio” e che nel passato ci ha portato i vari Oguro, Larrondo, Bjelanovic, Pancaro e Carlao, giusto per fare qualche nome, spacciati per “grandi acquisti”: la politica “only business oriented” di un trafficone, imbonitore, televenditore, che sa fare veramente bene il proprio mestiere, tanto che i proseliti aumentano di giorno in giorno, spaccando sempre di più la tifoseria.

Senza dimenticare l’occhio di riguardo con cui è tenuto dai media (soprattutto quelli di sua proprietà), compreso un portale, sempre meno autorevole, che spudoratamente è schierato a favore del presidente, tanto da scrivere, per sommi capi, un discorso del tipo: “…gli obiettivi di mercato sono definiti…ci sono delle prime scelte, ma se non dovessero arrivare si opterà per le seconde scelte…”. Scuola di giornalismo, si fa per dire.

Chiaro che le “prime scelte” costano e magari hanno un ingaggio alto: meglio virare su svincolati a fine carriera, su carneadi mai sentiti nominare, o meglio ancora su giovani del vivaio, rivenduti immediatamente, giusto per fare “plusvalenze”. Lapalisse al confronto è un dilettante.

Riassumendo: la squadra è ripartita da dove si era fermata, con i pregi (pochi) e i difetti (tanti) che tutti conosciamo.

A tutt’oggi è arrivato solo il portiere, sappiamo anche questo, insieme a due giovani di belle speranze e niente più.. Poco, anzi niente, se si vuole davvero puntare a fare una bella figura in Europa, l’ideale se si vuole vivacchiare a centro classifica, senza infamia e senza lode.

Questo va bene per il Torino FC, non per il Toro.

Certo, con questa politica si vincerà nuovamente lo scudetto del bilancio, ma è una ben magra consolazione, almeno dal mio punto di vista.

Naturalmente mi auguro di essere smentito alla grande e pure velocemente: vorrebbe dire che davvero la società si è posta degli obiettivi e fa di tutto per raggiungerli, ovvero ricreare sul serio un Grande Toro. In una parola: finalmente una società che ami il Torino come lo amo io”.

Questo era! Questo sarà anche quest’anno?

Tutto quello che si dovrà sapere, le partite e le disamine post partita, con noi su Zetatielle Magazine

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.