Il tuo capo è affetto da Sindrome di Procuste?

Ti senti oppresso dal tuo capo? Forse è solo affetto da Sindrome di Procuste.

Nel vasto panorama della mitologia greca, la storia di Procuste rappresenta un’oscura parabola di crudeltà e giustizia. Procuste, noto anche come Damaste, era un brigante spietato che operava nei pressi della città greca di Eleusi, ad Attica. La sua tattica consisteva nell’attirare i viaggiatori nella sua tana, offrendo loro riparo per la notte. Tuttavia, il suo letto nascondeva un oscuro segreto.

Una volta che i viaggiatori si coricavano sul suo letto, Procuste metteva in atto la sua atroce pratica: se il letto era troppo corto, estendeva la persona; se era troppo lungo, la tagliava, amputando le parti del corpo che fuoriuscivano dal bordo del letto.

La sindrome di Procuste è una metafora che viene utilizzata per descrivere il processo di adattamento forzato o di standardizzazione che viene applicato alle persone o alle situazioni, al fine di farle rientrare in determinati schemi predefiniti o norme, anche se questo comporta distorsioni o danni. Rifancendoci alla storia di Procuste, in modo simile, la sindrome di Procuste indica il tentativo di far adattare individui o situazioni a un determinato modello, ignorando le loro caratteristiche uniche o provocando loro danno nel processo.

Questa brutalità spinse la leggenda di Procuste oltre i confini della Grecia antica, divenendo un simbolo della crudeltà e della disumanità. Tuttavia, oggi il nome di Procuste è associato a una sindrome che si manifesta in contesti molto diversi: l’ambiente aziendale.

Il tuo capo ha la sindrome di Procuste?

La “sindrome di Procuste” rappresenta un comportamento che molti capi aziendali adottano, spinti dalla paura e dalla volontà di proteggere il proprio ruolo e la propria crescita, anche a discapito degli altri. Questo fenomeno si manifesta attraverso una pervasiva invidia degli altri, soprattutto di coloro che vengono visti come più brillanti o talentuosi, e si traduce in azioni volte a escludere, screditare o mettere in ombra tali individui.

In molti casi, il capo affetto dalla sindrome di Procuste agisce in modo conscio, identificando tra i suoi subordinati coloro che potrebbero rappresentare una minaccia al suo status quo e mettendo in atto strategie mirate per limitarne l’iniziativa e la visibilità. Evitando di coinvolgerli in progetti strategici o escludendoli dai gruppi decisionali, questi capi cercano di mantenere il controllo e di preservare il proprio potere a discapito della crescita e del successo dell’azienda nel suo complesso.

In situazioni estreme, il capo può addirittura manipolare i risultati del lavoro dei suoi “nemici”, denigrandoli o diffamandoli agli occhi dell’organizzazione per proteggere il proprio status e la propria reputazione. Questo comportamento non solo danneggia le persone coinvolte, ma crea un clima aziendale tossico e teso, dove le discussioni sono dominate dalla rivalità e dalla dinamica del potere anziché dall’attenzione verso le idee e i problemi da risolvere.

Questione di invidia…

Anche nei casi in cui la sindrome di Procuste agisce in modo più sottile e subdolo, i suoi effetti sono devastanti. I capi affetti da questa sindrome tendono a mettere in disparte i loro potenziali “nemici”, rendendo loro difficile la vita lavorativa e minando la fiducia e la collaborazione all’interno del team.

Quando i leader cercano disperatamente di proteggere il proprio ruolo e status, si creano ambienti tossici e poco inclusivi, dove la creatività e l’innovazione vengono soffocate e dove i talenti migliori vengono emarginati o scoraggiati.

In un mondo aziendale sempre più competitivo e dinamico, è essenziale riconoscere e affrontare la sindrome di Procuste. Le aziende che promuovono una cultura di collaborazione, rispetto e valorizzazione delle diverse prospettive sono quelle destinate a prosperare nel lungo periodo. L’invidia e la paura non devono guidare le decisioni aziendali; al contrario, è necessario coltivare un clima di fiducia e sostegno reciproco, dove ognuno possa dare il meglio di sé e contribuire al successo collettivo.

il tuo capo - una sagoma blu piccola sovrastata da una mano gigante che ha le dita messe in modo da schiccare via la figura

…e di insicurezza

La matrice psicologica dietro la sindrome di Procuste è l’insicurezza, spesso accompagnata dalla sindrome dell’impostore e da comportamenti di bullismo o mobbing. I capi affetti da questa sindrome si sentono minacciati dai collaboratori più giovani o più preparati, e cercano di mantenere il controllo manipolando situazioni e relazioni per proteggere il proprio ruolo e la propria reputazione.

Ma combattere la sindrome di Procuste è possibile. Assimilando la lezione di Teseo, si possono sfidare apertamente i comportamenti distruttivi e promuovere una cultura aziendale basata sulla fiducia, il rispetto e il sostegno reciproco, perchè riconoscere la brillantezza e l’innovazione dei collaboratori, incoraggiandoli e valorizzandoli, significa riconoscere che il successo di uno è il successo di tutti.

Al lato pratico, la sindrome di Procuste rappresenta un grave ostacolo alla crescita e al benessere organizzativo, minando la fiducia e la collaborazione all’interno del team e compromettendo il successo aziendale nel suo complesso. Tuttavia, attraverso un impegno collettivo per combattere questa sindrome e promuovere una cultura aziendale inclusiva e collaborativa, possiamo costruire organizzazioni più sane, resilienti e orientate al successo nel lungo termine.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”