La pulsatilla, che narra l’amore di Venere e di Adone
La pulsatilla è uno splendido anemone il cui colore varia dalla porpora al viola. Quando a primavera, tra marzo e maggio, sboccia nella campagna, ricorda la tinta del sangue sparso sul terreno nelle antiche battaglie o in sfide celebri. Già Ovidio, nelle Metamorfosi, cantò di Adone, che fu ferito a morte dal geloso Marte perché amato da Venere. La più bella fra le dee versò sul terreno impregnato dal suo sangue un unguento profumato, trasformandolo in un fiore. Ci viene descritto come un anemone rosso-violaceo, che corrisponde alla descrizione della pulsatilla.


Il sangue dei vichinghi, nelle Isole Britanniche
In Gran Bretagna e in Irlanda, la pulsatilla assume un nome curioso, ossia Danes’ blood, che significa sangue dei danesi. Si crede che la pianta si diffonda nei luoghi in cui, in passato, si combatterono grandi battaglie contro i danesi e i vichinghi in genere. È frequente infatti sulle terre di confine tra l’Hampshire e il Berkshire, dove l’inglese re Alfred sconfisse i danesi. Ma si trova pure in Irlanda, dove il re supremo Brian Ború combatté i vichinghi. La tradizione vuole che il Venerdì Santo di ogni anno i suoi fiori ricoprano la piana di Clontarf. Qui, proprio il Venerdì Santo del 1014, Brian Ború sgominò il più grande esercito vichingo mai radunato sul suolo d’Irlanda, ponendo termine al loro dominio. Per estensione, gli irlandesi sono convinti che la pulsatilla attecchisca ovunque sia stato sparso il sangue di nemici invasori. Anche quello degli inglesi, dunque.


Il duplice significato nel linguaggio dei fiori
Dato che la pulsatilla è stata considerata un fiore macchiato di sangue, nel linguaggio dei fiori assume il significato di amore fragile, di amore abbinato alla morte. Rappresenta anche l’amore giovanile, perché Plinio scriveva che le sue corolle si aprono quando spirano i venti di primavera. Tornando al mito d’Adone, nelle Stanze Poliziano canta quest’anemone come simbolo dell’amore con cui Venere lo volle per sempre ricordare. Rendendo così la pulsatilla pegno di perseveranza e di un sentimento eterno che va oltre la morte.
La pulsatilla come fiore di Pasqua
In Irlanda assume inoltre il nome di Easter flower o di Pasque flower. Persino il termine gaelico Lus na Cásca vuol dire “pianta di Pasqua”. Secondo alcuni autori, ciò è dovuto alla fioritura che principia nei giorni in cui si celebra la passione, la morte e la risurrezione di Gesù. E pure in questo caso si accosta il colore dei fiori al sangue versato sulla croce dal Cristo. Ma altri autori sostengono che nell’Isola di Smeraldo si chiami così per un’usanza davvero inquietante. Un tempo, infatti, si aggiungeva all’acqua di bollitura delle uova di Pasqua una generosa manciata di foglie fresche di pulsatilla. In questo modo i gusci diventavano d’un bel verde brillante. Peccato che la pulsatilla allo stato fresco sia piuttosto velenosa, tanto da rendere verdi le uova, sì, ma in maniera tutt’altro che salutare!


Un piccolo ritratto botanico di un fiore magnifico
La pulsatilla, che appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee, ha la doppia catalogazione di Anemone pulsatilla L. e di Pulsatilla vulgaris MILL. Si tratta di una specie erbacea perenne, che raggiunge l’altezza di una trentina di centimetri, ricoperta di piccoli peli in ogni sua parte. In Italia è pianta protetta. La radice è un rizoma squamoso, dal quale spuntano direttamente le foglie verticillate, a più punte, dal lungo picciolo e composte da lacinie lineari. Lo scapo fiorifero parte anch’esso dalla radice e reca un solo fiore sorretto da un involucro di brattee villose. Il calice non è composto da petali, ma da 6 sepali petaloidi violacei, villosi sulla faccia esterna, lunghi ciascuno 3 o 4 centimetri. I semi sono acheni pubescenti, provvisti di una coda piumosa, contenuti in gran numero nel ricettacolo.


Principi attivi: il veleno della pianta fresca
È interessante quanto affermò Jean Valnet – e con lui altri autori – a proposito della pulsatilla, che è velenosa solo se impiegata fresca. Sì, perché l’essicazione la rende inoffensiva. Tuttavia è nelle foglie fresche che si concentrano la maggior parte dei principi attivi: un tè preparato con le foglie essiccate potrebbe avere blandi effetti. Il nostro consiglio è di rivolgersi al medico naturalista, che prescriva la tintura madre, ricavata dall’erba fresca, da utilizzare solo sotto suo stretto controllo. I principali costituenti sono l’alcaloide tossico anemonina, la canfora di anemone (anemonolo, che agisce sull’epidermide), l’acido anemonico, sterolo, olio grasso, eterosidi, saponine e tannini. È proprio l’anemonina a influire sul sistema nervoso, riducendone l’irritabilità e l’iperattività. Senza toccare la pressione sanguigna, rallenta e regola i battiti cardiaci. Attenua gli spasmi dolorosi, aumenta il flusso mestruale e rilassa le contrazioni uterine (assolutamente controindicata in gravidanza!), lenisce nevralgie ed emicranie. Giova negli stati depressivi e nelle nevrosi, calma le tossi spasmodiche e, in applicazione esterna (acqua distillata di pulsatilla), cura dermatosi squamose e arrossamenti cutanei.
Restano validi gli studi clinici di Parturier, che l’impiegò in caso di spasmi gastrointestinali, e di Storck (1771), per sifilide, cataratta e malinconia. La prescrizione medica, oltre che per la tossicità della pianta fresca, s’impone anche perché si affrontano patologie importanti. Per chi soffre di disturbi minori, è sempre meglio ricorrere a piante più tranquille, che non presentino analoghe controindicazioni. E, in ogni caso, basta ammirare la bellezza solenne dei fiori di pulsatilla per ritrovare il buon umore di una giornata serena.