Le ragazze in camice bianco, le prime donne medico nel libro di Campbell

Le ragazze in camice bianco è un libro che parla di grandi storie. Di come le prime donne medico hanno rivoluzionato il mondo della medicina. Una ricerca lunga e approfondita che aggiunge pagine importanti alla storia delle donne e della medicina. Scritto da Olivia Campbell e edito da Aboca Edizioni, narra la storia di tre donne straordinarie che nell’epoca vittoriana hanno lottato per infrangere le barriere che impedivano al genere femminile l’accesso alle discipline mediche.

E’ solo nel 2019 che, per la prima volta nella storia, la maggioranza degli studenti delle facoltà di medicina americane sono donne. La battaglia per l’accesso delle donne alla professione medica è stata lunga e ardua dal 1849. Da quando Elizabeth Blackwell diventa la prima donna a laurearsi in un college medico americano. Anche nel 1969, le donne costituivano ancora solo meno del 10% dei candidati accettati alla scuola di medicina.

Le ragazze in camice bianco racconta la storia integrale di queste temerarie pioniere che nonostante infiniti ostacoli sono riuscite a conquistare una laurea in medicina e hanno aperto la strada a tutte le altre donne che desiderassero seguire i loro passi. Anche se erano molto diverse tra di loro, per personalità e circostanze, insieme sono state capaci di avviare ospedali e centri di insegnamento gestiti da donne. Creando così, per la prima volta nella storia, delle strutture in cui le donne potessero essere curate da altre donne.

copertina del libro con una donna ottocento con borsa da medico e guanto

Le ragazze in camice bianco la trama

Ai primi dell’Ottocento, moltissime donne morivano di malattie curabili perché si rifiutavano di sottoporsi alle visite mediche dato che queste erano eseguite esclusivamente da dottori di sesso maschile ed erano spesso umilianti o persino dolorose.
A quel tempo, inoltre, le donne erano terrorizzate dal pensiero di essere giudicate malate e di vedersi così precludere la possibilità di trovare marito, lavoro, o di entrare in società.
Spinte dalle loro storie personali di perdita e frustrazione causate da cure mediche inadeguate, Elizabeth Blackwell, Elizabeth Garrett Anderson e Sophia Jex-Blake hanno cominciato a battersi perché le donne potessero accedere a un trattamento dignitoso ed equo. E, nello stesso tempo, trovare il loro spazio all’interno del mondo della medicina che allora era esclusivamente in mano agli uomini.

Donne che chiedono diritti

Ci si aspettava che le donne vittoriane della classe media e alta rimanessero nella sfera domestica, specialmente se erano sposate e avevano figli. Insegnante, artista o scrittrice erano tra i pochi lavori considerati potenzialmente accettabili per le donne. Quello che stavano facendo Elizabeth Blackwell , Lizzie Garrett e Sophia Jex-Blake – cercare un’istruzione di livello universitario e una carriera in una professione maschile – era per impostazione predefinita una richiesta per le donne di avere di più. Chiedevano il diritto di essere istruiti tanto quanto gli uomini e di esercitare una professione di loro scelta, di godere della stessa indipendenza degli uomini. Qualsiasi candidatura a una scuola, un lavoro o una società professionale non potrebbe mai riguardare solo loro come individui, ma rappresenterebbe sempre la domanda più ampia “le donne dovrebbero essere ammesse?”. Così spiega la scrittrice Campbell in un’ intervista al  Center for Women’s History .

Pioniere temerarie

Con una narrazione avvincente, supportata da una ricerca massiccia che ha portato l’autrice ad accedere a materiali d’archivio finora poco studiati, Le ragazze in camice bianco fa conoscere al grande pubblico la storia di tre donne coraggiose che diventando dottoresse hanno scardinato le barriere di genere in ambito medico, favorendo le possibilità di cura per tutte le donne del mondo.

Le ragazze in camice bianco è in uscita a partire dal 31 marzo.

Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".