L’elenio, dal nome mitologico
L’elenio, anche detto enula campana, è una pianta erbacea perenne che appartiene alla famiglia delle Composite e che è originaria dell’Asia sud-occidentale. Si diffuse in Europa già in epoca assai remota. Fu importata come pianta ornamentale dai fiori di sole ma in breve sfuggì ai giardini e attecchì in terreni umidi e fertili. Era coltivata nella Cina antica per essere donata ai poeti. Un vaso di elenio sotto la finestra permetteva loro di udire tutte le note delle gocce di pioggia che rimbalzavano sulle sue grandi foglie.
In Europa dovette arrivare comunque prima della mitologica guerra di Troia perché già Elena, moglie di Menelao, la custodiva nel proprio giardino. Si tramanda che la usasse per guarire i morsi di serpente. E quando Paride la sorprese per rapirla, Elena stava appunto cogliendone gli steli e le radici. Nella fretta, portò via alcune piante con sé. Eppure l’enula campana a Troia faticava ad attecchire. Per irrigarla e renderla prosperosa, ci vollero tutte le lacrime di Elena, quando si accorse della terribile guerra che aveva causato. Nel catalogarla, Linneo si rammentò della leggenda di Elena e volle dare a questa specie il nome latino di Inula Helenium L.


Un po’ di storia
Le virtù curative dell’elenio erano già note al tempo dei greci e dei romani. Le sue radici venivano candite e mangiate a Roma come digestivo. A questo proposito, Plinio ci narra che l’imperatrice Livia Drusilla, moglie di Ottaviano Augusto, ne era assai ghiotta. Nel Medioevo, perdura l’abitudine di candirne le radici, vendute dagli speziali per curare l’asma, l’alito cattivo e le indigestioni. Si consigliava di succhiarle a lungo, per ottenere il massimo beneficio. La Scuola Salernitana, ossia la principale istituzione medica nell’Europa medioevale, lo impiegava per le sue proprietà stomachiche e toniche. Ci ha lasciato anche un verso, in suo onore: Enula campana reddit praecordia sana. Secoli dopo, su prescrizione del suo medico Tronchin, Voltaire beveva un vino aromatizzato all’elenio per liberarsi dal catarro.


Tradizioni vichinghe in Irlanda
In Irlanda, l’elenio si diffuse come medicamento in seguito all’invasione vichinga. Questo popolo curava con le sue radici la scabbia delle pecore e ne faceva mangiare i ciuffi fioriti ai cavalli inappetenti. È invece tipicamente irlandese l’uso di appendere, in estate, le radici fresche, che sono appiccicose, alle porte e alle finestre. Gli insetti indesiderati saranno attratti dal loro profumo dolciastro, come di banana, e vi resteranno impigliati, senza entrare in casa.
Un breve ritratto botanico
L’altezza dell’elenio varia dal metro ai 2 metri, con lunghe e larghe foglie lanceolate che possono raggiungere gli 80 centimetri. Esse sono verde pallido sulla pagina superiore e bianco cotonose su quella inferiore. La radice è un rizoma carnoso, dalla polpa biancastra, lungo fino a 6 centimetri. I fiori sono capolini gialli, ombrelliformi, dal diametro di 7 centimetri, composti da numerose ligule sottili. Sbocciano tra luglio e agosto. I semi sono lunghi intorno ai 5 millimetri: hanno un’estremità pelosa e sono raccolti in gruppetti dalla consistenza di velluto.


Studi clinici e principi attivi
L’autorevole parere di Jean Valnet non ammette repliche: per lui l’elenio era “una delle piante più preziose”! Tra gli studi più interessanti possiamo citare quelli di Cazin e Delens riguardo alla sua azione di regolarizzazione del ciclo femminile. Gli studi novecenteschi di Chabrol e Chevalier ne hanno inoltre evidenziato le proprietà diuretiche (specie in caso di cattivo funzionamento dei reni) e colagoghe.
La droga medicinale è costituita dalla radice, che contiene olio essenziale, elenina, alantolo, canfora, resina, albumina e sali di potassio, di calcio e di magnesio. Il principio attivo più noto è tuttavia l’inulina, dallo spiccato sapore dolciastro, tanto da essere utilizzata per produrre alimenti dietetici a basso contenuto di zucchero. Il decotto si prepara ponendo due cucchiai rasi di radice essiccata in mezzo litro d’acqua. Si fa bollire per dieci minuti e si lascia riposare per un quarto d’ora, prima di filtrare e dolcificare a piacere. Bevuto come se fosse un tè, giova come antisettico e calmante delle vie respiratorie, quando si soffre di asma, tosse convulsa e bronchite.


Secondo gli esperimenti clinici del dottore de Korab, l’elenina impedirebbe addirittura il proliferare del bacillo di Koch, responsabile della tubercolosi polmonare. È un buon rimedio per i disturbi epato-biliari e per diverse altre patologie: anemia, nefriti, emorroidi, digestione lenta, mestruazioni dolorose, ipertensioni, gotta, diarrea e vermi intestinali. In uso esterno, il decotto non dolcificato si applica in compresse su dermatosi, eczemi, eruzioni pruriginose, scabbia, piaghe e ulcere. Si può inalare tramite suffumigi per lenire le tracheiti. Con così tante virtù, Elena aveva davvero tutte le ragioni per portare con sé a Troia l’elenio, quale tesoro dal valore inestimabile.