Nell’ultimo articolo abbiamo parlato degli animali più longevi, tra cui la medusa immortale. Questa volta, andremo a conoscere meglio questa splendida creatura marina.
La medusa immortale
L’essere umano è sempre stato affascinato dall’idea di tradire la morte. Lo abbiamo visto in diversi romanzi, come per esempio Dracula, di Bram Stoker, e da lì in tutte le varie storie sui vampiri.
Abbiamo cercato questa immortalità un po’ ovunque, nella religione, nei pianeti, nella criogenesi, nella fontana della giovinezza. Nel frattempo, mentre eravamo intenti a cercare una soluzione alla morte, un essere immortale ha da sempre regnato insieme a noi, nelle acque del nostro pianeta.
Quando pensiamo alla medusa, ci vengono in mente i suoi lunghi tentacoli che fluttuano leggeri nelle acque dei nostri mari, e preferiremmo non pensarci più subito dopo, ricordandoci delle brutte esperienze di bruciore sulla pelle.
Poi, le vediamo rinchiuse negli acquari e, felici di non essere in mezzo a loro, ci meravigliamo per la loro bellezza. Ne vediamo di tutte le misure e colori, ne leggiamo il nome della specie sui cartellini, e restiamo a contemplarle da vicino.
Quello a cui, però, non pensiamo è che superano la capacità dell’essere umano, e che forse proprio loro potrebbero essere la risposta che cerchiamo all’immortalità.
Essere, o non essere (immortale), questo è il dilemma
La medusa comincia la sua vita come larva, a forma di un minuscolo sigaro, e si lascia trasportare dalle correnti finché non trova una roccia a cui aggrapparsi.
Una volta attaccata alla roccia, per mezzo di metamorfosi, si trasforma in un polipo che assomiglia a un anemone di mare. Nascono, poi, colonie intere di questi polipi che si clonano da soli. E quando ci sono le condizioni giuste, fioriscono in una vastità incredibile, e ciò che esce fuori dalla “fioritura” sono dei cuccioli di meduse.
Come se la nascita della medusa non fosse già abbastanza straordinaria, la sua morte supera di gran lunga le nostre aspettative.
Essere o non essere immortale, cara Turritopsis dohrnii, è il dilemma, perché per diventare immortale, prima o poi dovrai morire.
Quando la medusa muore, sprofonda sul fondale dell’oceano e comincia a decomporsi. Le sue cellule, poi, si riaggregano tra di loro, non per formare una nuova medusa, ma un nuovo polipo, ed ecco che riparte il ciclo della metamorfosi.
Praticamente si incarna in un altro corpo di medusa. Saranno buddiste? Probabile.


Una medusa “fenice”
La medusa Turritopsis dohrnii non è l’unica in grado di riemergere dalle sue “ceneri”, come una fenice.
Nel 2011, in Cina, uno studente di marina biologica ha catturato una medusa quadrifoglio e l’ha tenuta in una vasca. Dopo la sua morte, l’ha spostata in un’altra vasca e, tre mesi dopo, ha cominciato a crescere un nuovo polipo.


Quindi, se ci pensate bene, praticamente queste meduse muoiono, riprendono il loro ciclo per poi nascere di nuovo, crescere e per causa dell’invecchiamento o di un danno, morire ancora. E poi tutto ricomincia da capo, esattamente come una fenice. Nasce, cresce, prende fuoco, e rinasce dalle sue ceneri!
Questo processo rigenerativo è stato trovato in altre cinque specie di medusa, e prende il nome di transdifferenziazione cellulare.
La Dottoressa Gershwin sostiene che non ci siano collegamenti tra noi e l’immortalità della medusa, ciononostante non significa che qualche sorta di collegamento genetico non possa essere possibile.
Chi lo sa? Un po’ di geni di medusa e potremmo essere come il Dottor Who, rigenerandoci ogni volta che veniamo feriti!