Il tempo distrugge, il tempo rovina, la bellezza si allontana, il magico vacilla. È questa la sfida che ogni giorno un restauratore deve affrontare. È questa la sfida che Paolo Provenzales, raccoglie da vent’anni a questa parte e che gli è valsa, nel 2005, l’eccellenza artigiana. Entrando nel suo laboratorio di Rivoli (TO) si ha la sensazione di stare in una camera delle meraviglie. Mobili, quadri, oggetti, tessuti, e poi ancora specchi, lampade, poltroncine. Decine di mani al lavoro che scorrono leggere in un lavoro che sa di bellezza.
Il restauro è una disciplina difficile. Prevede una profonda conoscenza tecnica dell’arte. E prevede la convivenza e l’interpretazione dell’arte, ma non potrà mai essere, anzi lo esclude categoricamente, un’espressione artistica. E Paolo Provenzales, (1978) in mezzo all’arte ci vive e convive da sempre grazie a papà Stefano, appassionato d’arte e collezionista. Si forma alla scuola tecnica San Carlo e continua la sua esperienza alla Maison de Rivoli. Ben presto i suoi lavori di restauro conservativo si fanno notare e ha commissioni sempre più importanti. Dagli arredi di Villa Donisotti a Rivoli a quelli dalla Palazzina di caccia di Stupinigi e del Museo dell’Artiglieria di Torino. Dal Portone del diavolo, sempre a Torino, agli arredi del Palazzo Comunale di Casale Monferrato.


Conservazione e restauro
Il nuovo e l’antico, nel laboratorio di Rivoli, si fondono e si confondono insieme. Difficile dire dove inizia uno e finisce l’altro, dove si conserva e dove si restaura. Ogni lavoro è una grande impresa che si compone di infinite piccolezze, di moltissimi ragionamenti e di difficilissime operazioni. Perché l’opera del restauro non è costituita soltanto dall’oggetto, ma deve tenere in considerazione anche il contesto che lo circonda, i vuoti e gli spazi. I suoi lavori argomentano non con le parole, ma mostrandosi. Frutto di pensieri che evolvono in giochi di lavori manuali che tolgono la patina offuscante del degrado per riconsegnare una bellezza concreta.
Nel laboratorio di Rivoli si respira l’aria delle botteghe artigiane del Settecento. Troviamo puliture, cornici, restauri di pennello ma anche sette apprendisti. Tutti dipendenti. “C’è qualcosa di magico nel trasformare cose consumate dal tempo in cose che sono ancora belle da vedere, capisci? Ridiventano cose pulite e riacquistano valore. E resteranno qui anche quando non ci sarai più“. Così Paolo descrive il suo mestiere. “Nel mio laboratorio – continua – gli interventi vengono eseguiti rispettando la natura dell’oggetto.
In assenza di un progetto di restauro, propongo, dopo una attenta analisi, tipologie di intervento valutando la composizione dei supporti, dei danni e delle problematiche che possono nascere durante l’intervento stesso. La linea operativa è finalizzata a salvare le opere dal degrado con interventi efficaci, ma non invasivi. Riusciamo a coprire tutte le fasi del restauro ligneo dalle dorature alle laccature. Ci dedichiamo anche agli affreschi, direttamente sul posto dalla pale d’altare alle abitazioni private. E’ un lavoro che continua, come il primo giorno, a regalarmi entusiasmi e stimoli quotidiani.


C’è una parte del tuo lavoro che ti appassiona di più?
I mobili sono quelli con cui sono partito e faranno sempre parte del mio mondo di restauratore. Però con il tempo, crescendo, e proprio perchè sono cresciuto con mio papà dietro al collezionismo di quadri, mi sono talmente appassionato da essere diventato anche io stesso un collezionista. Diciamo che sono due passioni che viaggiano di pari passo. Tanto mi piace restaurare, quanto mi piace collezionare arte. Sono sempre alla ricerca del pezzo particolare. Anche perchè non faccio vendita, svolgo solo restauro e così quando compro, compro solo per me.
Quanto lavoro c’è dietro un restauro?
La fase più importante, come insegno sempre ai miei ragazzi è la fase preparatoria. Capire chi hai davanti. L’epoca, gli interventi da fare. Analizzare tutto bene prima, fare un controllo generale per poi partire con la pulitura. Pulitura che è la cosa fondamentale in un manufatto, che sia un mobile, un quadro o una ceramica. Perchè se non si pulisce bene, poi si può dare tutta al finitura che si vuole ,ma rimarrà sempre un quadro sporco. E’ un lavoro, a seconda della condizione di partenza, che può arrivare ad impegnare anche dieci o quindici giorni.
Applico un restauro conservativo, non un restauro plastico quindi dobbiamo tutelare e salvare tutto ciò che c’è di salvabile di antico e di ancora originale. Che sia la patina di un mobile, il piede, il piccolo pezzo rovinato o tarlato, ogni piccola cosa che si possa salvare. Cerchiamo di rifare il meno possibile. E’ un’esperienza continua tutti i giorni. Il restauro, inoltre, rappresenta spesso un’occasione irripetibile per lo studio dell’opera; è importante documentare dettagliatamente tutte le informazioni che emergono nel corso dell’intervento.


Qual è la situazione dell’antiquariato oggi?
Purtroppo il mondo dell’antiquariato, anche l’alto antiquariato del Seicento e del Settecento per certi versi è crollato a picco. Vogliono tutti il design anni Cinquanta, meglio se griffato.
A quali lavori ti senti più legato?
I lavori più importanti a livello di prestigio sono stati sicuramente quelli per le residenze sabaude. A livello personale posso dire che una cassapanca policroma di fine Quattrocento è quella che mi ha impegnato di più e dato le maggiori soddisfazioni. E poi ci sono sicuramente le abitazioni: il cantiere. Il cantiere mi dà tanto. E’ stata questa forse anche la mia arma vincente. Riportare a nuovo, porte laccate, soffitti a cassettone, persiane, affreschi, come nel cantiere in cui siamo impegnati ora , e che durerà più di un anno e mezzo, a Palazzo Ghidini.


La proporzione dell’insieme
L’arte di Provenzales consiste nel ritrovare, al primo colpo d’occhio, la lettura dello stile, l’analisi e l’interpretazione formale. E proprio la proporzione dell’insieme nel tutto è il punto di partenza e, nello stesso tempo, il punto di arrivo di ogni lavoro che esce da questo laboratorio a Rivoli. Ma il punto di partenza più importante è la tensione verso la bellezza, verso l’arte, verso l’aspirazione all’eternità che ogni opera reca in sé. In modo che, nel suo finale, il lavoro susciti nuovamente la sorpresa, lo stupore e lo stesso inatteso di quando l’opera è stata concepita.
Un pezzo di storia che ritorna inalterato. Un messaggio di storia che proviene da centinaia e centinaia di anni fa e che viene decifrato dalle sapienti mani del Maestro restauratore e della sua bottega.