Parental abuse: genitori vittime di figli violenti

Figli arroganti che diventano violenti con i loro genitori, se le loro richieste non vengono soddisfatte: in due parole, parental abuse ed è una violenza domestica a tutti gli effetti. Un fenomeno sempre più diffuso, anche in Italia, e non si parla di famiglie disagiate, delle periferie urbane, ma di famiglie perfettamente integrate nella nostra società. Famiglie insospettabili che vivono ogni giorni la tirannia di figli che non hanno ne paura ne pietà.

Cosa non sta funzionando, o meglio, cosa si è rotto lungo la strada della civiltà e del progresso?

C’era una volta la famiglia

Se negli anni ’80 il telefono azzurro fu una svolta nel sostegno ai minori vittime di violenza, il nostro millennio presenta un fenomeno esattamente opposto: quello del parental abuse, dove le vittime sono i genitori e la violenza è pertetrata dai figli.

Una cosa inimmaginabile, fino a qualche decennio fa. Vero è che verso la fine degli anni settanta, e con l’inizio del mitico decennio degli anni ’80, tante famiglie hanno vissuto il dramma dell’eroina. Tanti i figli entrati nel tunnel della droga e che, per procurarsela, non esitavano a rubare in casa e minacciare i propri genitori, facendo vivere loro una sofferenza atroce e un calvario che purtroppo poco sovente passava per la riabilitazione. Ma era un fenomeno di violenza domestica circoscritto a una situazione ben precisa di dipendenza dalla droga.

La società era formata da famiglie con un preciso organigramma gerarchico e con un chiaro rispetto verso ruoli e istituzioni. Per i figli, era non solo sottinteso, ma palese che in famiglia ci fossero delle regole e che ogni cosa passasse per la concessione del permesso che si chiedeva rigorosamente con una buona dose di umiltà.

Ricordo bene che a mio padre bastava alzare un sopracciglio per farmi abbassare gli occhi. E non era un comportamento ascritto alla mia famiglia, ma comune a tutti i giovani della mia età. Erano gli anni 80, anni neanche troppo lontani.

Millennials

violenza domestica . delle ragazzine sono sedute su una panchina e tutte e 4 stanno scrivendo al proprio cellulare

All’alba del nuovo millenio, nel 2001, le cronache narrano di un caso di violenza inaudita e straordinaria. La scena del crimine è un paesino piermontese dell’alessandrino, tranuqillo e storicamente noto per il suo cioccolato. Novi Ligure quel giorno di febbraio si sveglia incredulo. Si chiamano Erica E Omar e sono una coppietta adolescente che ha fatto parlare tutta l’Italia, per la ferocia e la lucidità con cui la piccola Erica, aiutata dal suo fidanzatino, ha trucidato la sua famiglia. Il movente è agghiacciante: non c’entra la droga. E’una mera questione di libertà e di soldi.

Un caso a se, ma, forse, il primo vero segno di tempi che sarebbero cambiati di lì a poco.

I millennials sono una generazione che si ciba di like e di talent, di influencer e di social. Una generazione a cui si vendono sogni e avatar, senza dare concretamente però la possibilità economica di un futuro reale. Un vizio, un’anomalia forzata in un sistema apparentemente perfetto, fatto di estetica e di piacere, di avere e non di essere, dove, in rete, tutti possono essere tutto e vivere su un eterno palcoscenico su cui esibirsi al mondo.

Ma è davvero solo questo, o c’è polvere sotto il tappeto?

Più che domandarsi come sono i figli di oggi, la domanda giusta forse sarebbe “che genitori siamo oggi”?

Respect

Non è questa, certo, la sede per disquisire sull’evoluzione della famiglia e dei criteri di gerarchia e rispetto su cui si dovrebbe basare. Sta di fatto che le nuove generazioni vivono una condizione sociale dove il suddetto rispetto non è più lo stesso “di una volta”.

Cosa è successo? Cosa è cambiato nella società odierna, tanto da ribaltare situazioni e ruoli, fino ad arrivare a parlare di parental abuse?

E perchè, soprattutto in Italia, è ancora una sorta di tabù di cui si parla sottovoce e con un pò di vergogna?

Non è certo facile ammettere di avere dei figli disturbati, anche perchè la stessa ammissione implicherebbe un percorso di valutazione a livello psicologico che include forzatamente un’indagine delle dinamiche famigliari da parte dei servizi sociali, altro grande tabù tutto italiano.

Ci sarebbe anche da disquisire in merito alle dinamiche dialettiche tanto care ai vari talk show e abbondantemente sponsorizzate da reality e talent. Una forma di confronto verbale che passa per toni arroganti, prepotenti e molto spesso da oggetti che volano contro i muri, piatti compresi. Che esempio di conversazione arriva dal contenitore mediatico più diffuso nelle case degli italiani?

Ci sarebbe molto da dire su quali esempi e quali messaggi arrivano ai bambini e agli adolescenti ma, come detto, non è questa la sede.

E il colpo di grazia è arrivato dalle restrizioni anti Covid e alle dure condizioni di chiusura e limitazioni imposte. Condizioni difficilmente accettate dai giovani e imposte con grandi fatiche dai genitori. Un domino che ha innescato un meccanismo alienate di esasperazione dei rapporti famigliari.

Parental Abuse

Ma come si è arrivata a questa inversione di rotta? Come si è passato da genitori violenti a genitori abusati?

Il parental abuse non è così occasionale. Largamente sottostimato, è un fenomeno di violenza domestica che interessa moltissimi nuclei famigliari e il numero continua ad aumentare, malgrado la reticenza, la vergogna e, sempre più spesso, i sensi di colpa che portano molti genitori a non denunciare la loro situazione. La denuncia è comunque solo il primo passo. Il percorso di aiuto è lungo. Per questo sono nate vere e proprie associazioni a supporto delle famiglie coinvolte.

Cosa fare quando si è vittime di violenza e quella violenza arriva dal proprio figlio?

Le Querce di Mamre

violenza domestica e parental abuse: un bambino con felpa rossa e tanti ricci urla agitando le mani in avanti
violenza domestica e parental abuse

Nasce per rispondere a queste domande Le Querce di Mamre, il nuovo progetto del servizio di Accoglienza del Gruppo Abele realizzato con il contributo economico del Fondo di Beneficenza del Gruppo Intesa San Paolo.

Il nome è di pura ispirazione biblica. Infatti, nel libro della Genesi, Le Querce di Mamre sono un’oasi di riposo e di rinfrancamento, nel contesto di un viaggio lungo e tortuoso. Uno spazio dove incontrarsi e dialogare, dove trovare soluzioni e serenità.

Il progetto prevede accoglienza e ssistenza alle famiglie vittime di abusi da parte dei figli, con percorsi psicoeducativi per la presa in carico tanto dei giovani adulti quanto dei membri della famiglia, con colloqui individuali e di gruppo. Il servizio comprende un percorso di informazione rivolto a ragazzi e genitori per incrementare la conoscenza delle sostanze e dei loro effetti.

Tra gli aspetti più innovativi del progetto c’è la creazione di uno spazio abitativo di emergenza, uno “spazio di decompressione”, dove i famigliari hanno la possibilità di realizzare quel distacco fisico a volte indispensabile. Il progetto offre alle famiglie anche la possibilità di richiedere un consulto legale, allo sportello giuridico InTI, per fare in modo che anche nel caso in cui si arrivi a una denuncia questa possa essere sfruttata come occasione di cambiamento (dal sito Gruppo Abele).

Le famiglie interessate possono contattare il servizio Accoglienza (tel. 0112486221 -3356865389) o lo sportello legale Inti (0113841024 – 3315753844).

Aiuto!

Con il progetto Le Querce di Mamre, realizzato con il contributo del Fondo di Beneficenza del Gruppo Intesa San Paolo, il nostro intento è proprio quello di offrire dei percorsi psicologici ed educativi ai ragazzi e ai genitori, oltre che una possibilità di consulenza giuridico-legale che potrebbe rendersi necessaria in casi limite. Abbiamo inoltre realizzato uno spazio di decompressione, una vera e propria casa dedicata ai genitori che non possono più sostenere situazioni conflittuali troppo opprimenti, senonché pericolose. Tutto ciò è stato pensato per aiutare le persone ad attraversare questo momento di inquietudine e per costruire nuove modalità di stare insieme.

Le Querce di Mamre
Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”