Parlare bene l’italiano, le 40 regole di Umberto Eco.

Non è che il congiuntivo va evitato

Bisogna avere un professore d’eccezione per imparare bene l’italiano: ” La verità è che Umberto Eco è stato professore prima e molto più di ogni altra cosa”. Diceva Stefano Bartezzaghi dalle pagine di Repubblica e allora ecco 40 regole. Quaranta regole per parlare bene l’italiano. Ancora una lezione del professore da La Bustina di Minerva, Milano, Bompiani, 2000.
Un piccolo omaggio a un grande maestro.

Non è che il congiuntivo va evitato

  • Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
  • Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
  • Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
  • Esprimiti siccome ti nutri.

Le parole straniere non fanno bon ton dice Umberto Eco

  • Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
  • Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
  • Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
  • Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
  • Non generalizzare mai.
  • Le parole straniere non fanno affatto bon ton.

I paragoni sono come le frasi fatte

  • Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
  • I paragoni sono come le frasi fatte.
  • Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito

Solo gli stronzi usano parole volgari.

  • Solo gli stronzi usano parole volgari.
  • Sii sempre più o meno specifico.
  • L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.
  • Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
  • Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.

Metti le virgole al posto giusto. Siamo a metà delle 40 regole per parlare bene l’italiano

  • Metti, le virgole, al posto giusto.
  • Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
  • Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
  • Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.

C’è davvero bisogno di domande retoriche?

  • C’è davvero bisogno di domande retoriche?
  • Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
  • Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
  • Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.

Non essere enfatico! ( Parola di Umberto Eco)

  • Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
  • Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
  • Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
  • Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.

Cura puntiliosamente l’ortografia ….se vuoi parlare bene l’italiano

  • All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
  • Cura puntiliosamente l’ortograffia.
  • Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
  • Non andare troppo sovente a capo.
    Almeno, non quando non serve.

La pessima impressione del plurale majestatis

  • Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
  • Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
  • Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.

Hapax legomena o altri lessemi inusitati

  • Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
  • Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che
  • Una frase compiuta deve avere.

Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".