

Per la rubrica “33 giri di ricordi”: recensione e retrospettiva di uno dei capolavori assoluti della storia della discografia: “Samarcanda” di Roberto Vecchioni del 1977.
1977
Terminano ufficialmente le trasmissioni di “Carosello” (per la disperazione dei bimbi dell’epoca) e la RAI passa allo spot pubblicitario ancora attuale. Sempre mamma RAI, con una decina d’anni di ritardo rispetto ad altri paesi europei, passa alle trasmissioni a colori. Nascono le prime “TV private”.
Il segretario della CGIL, Luciano Lama, viene violentemente contestato all’Università La Sapienza di Roma, da gruppi di autonomi e indiani metropolitani, ed è costretto a interrompere il comizio e ad abbandonare la manifestazione. Nasce il “movimento del ’77”.
Torino: prima udienza del processo contro i capi storici delle Brigate Rosse. Sedici giudici popolari inviano un certificato medico per dirsi affetti da “sindrome depressiva”, e perciò impossibilitati ad esercitare la loro funzione. Il processo non può cominciare.
Memphis (Tennessee – USA), 16 agosto: presso la propria dimora di Graceland muore Elvis Presley.
Jimmy Carter è il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America.
La Juventus vince il diciassettesimo scudetto, con 51 punti, record per il campionato a sedici squadre. Secondo classificato il Torino con 50 punti. Capocannoniere: Francesco “Ciccio” Graziani (AC Torino), con 21 reti.
Gli Homo Sapiens vincono il Festival di Sanremo con “Bella da morire“.
L’uomo che si gioca il cielo a dadi
Persona colta, atea e comunista (per sua stessa ammissione), insegnante con la passione per la musica, muove i primi passi nel mondo musicale come paroliere per “conto terzi”, scrivendo canzoni, insieme a Renato Pareti e Andrea Lo Vecchio, per Ornella Vanoni, Iva Zanicchi, i Nuovi Angeli (“Donna felicità” e “Singapore”), Homo sapiens e altri.
In alcuni di questi testi sono già evidenti le tematiche presenti nella sua produzione da cantautore: la nostalgia per il passato, il tema del doppio, l’uso della storia come metafora del presente.
Debutta come cantautore con l’album “Parabola”, nel 1971, che contiene la celeberrima “Luci a San Siro”, e partecipa nel 1973 al Festival di Sanremo con “L’uomo che si gioca il cielo a dadi”, canzone dedicata al padre, classificandosi all’ottavo posto.
Seguono “Ipertensione” e “Elisir”, che contiene “Velasquez” e “Figlia”, trasmessi spesso dalle prime “radio libere”.
Nel 1977, l’ex sessantottino, vive la nuova contestazione studentesca a modo suo, pubblicando l’album che lo proietta definitivamente nell’olimpo della musica italiana, quella “impegnata” e non solo.
Samarcanda
È un album che trasporta l’ascoltatore in un viaggio emotivo attraverso le sfumature dell’animo umano.
Con ritmi arabeggianti, insoliti per l’orecchio italiano dell’epoca, e una metrica da cantastorie, la title track è ormai leggenda, come la stessa leggenda di cui parla, metafora dell’eterna paura che l’uomo ha del proprio destino, inevitabile, malgrado i suoi sforzi per sfuggirgli. La morte, intesa come temine ultimo della nostra vita terrena, alla quale non vogliamo rinunciare e il nostro ridicolo e disperato impegno per scappare a quella fine ineluttabile della nostra esistenza.
Vecchioni ci offre questa lezione di vita e lo fa con la maestrìa e l’arte del professore, utilizzando suoni allegri, rime armoniose e ritmo da marcia militare che fanno di “Samarcanda” un capolavoro di semplice genialità musicale.
Gli archi della celebre introduzione sono composti e incisi da Angelo Branduardi, che canta una versione della stessa canzone nell’album live Camper (1992).
Oltre alle tematiche legate all’amore e ai sogni, l’album “Samarcanda” affronta anche argomenti più profondi, filosofici e autobiografici. In brani come “Per un vecchio bambino” e “Canzone per Sergio”, descrive i rapporti col padre e col fratello, due punti fermi della sua vita, mentre in “Due giornate fiorentine” e “L’ultimo spettacolo” parla in modo disincantato e quasi grottesco del rapporto ormai agli sgoccioli con la prima moglie Irene.
Degna di nota anche “Blu(e) notte”, dedicata all’incontro con il poeta Sandro Penna (morto nel gennaio del 1977) in un bar. Nel ritornello le coriste cantano alcuni versi della poesia “X agosto” di Giovanni Pascoli, che vengono contrapposti a quelli di Sandro Penna, recitati da Roberto Vecchioni nelle strofe.
Calabuig, stranamore e altri incidenti
Nonostante siano passati quasi cinquant’anni dalla sua pubblicazione, “Samarcanda” continua a essere un album che lascia il segno nella musica italiana. Le sue liriche poetiche, la musica coinvolgente e le tematiche universali lo rendono un lavoro intramontabile, capace di toccare le corde dell’animo umano in ogni epoca.
Seguiranno anni e anni di successo tra musica, beghe contrattuali, programmi televisivi e opere letterarie, la vittoria, nel 1992, al Festivalbar, con la canzone “Voglio una donna” (unico inedito del disco dal vivo “Camper”), e la vittoria al Festival di Sanremo nel 2011 con “Chiamami ancora amore”, capolavoro assoluto di poesia.
Rimarrà nella memoria collettiva l’accusa, nel 1979, di spaccio di sostanze stupefacenti da parte del Giudice Istruttore di Marsala, a cui seguiranno l’arresto, il processo e la definitiva assoluzione.
Da questa vicenda personale, esasperata dall’attesa in prigione poiché il giudice doveva rientrare dalle ferie, Roberto Vecchioni avrebbe tratto poi l’ispirazione per scrivere le canzoni “Lettera da Marsala” e “Signor giudice (un signore così così)”, contenute nell’album “Robinson, come salvarsi la vita” del 1979.
Il Professore
L’uomo, l’artista e il docente non sono mai separati. Queste tre figure si fondono, si contrappongono e si armonizzano ogni qualvolta Roberto Vecchioni sale in cattedra, sia che questa avvenga in un’aula o davanti a un microfono, in uno studio televisivo o su un palco.
Un uomo straordinario, non solo per l’immensa cultura, ma per il suo dono innato di comprendere al di là delle apparenze, al di là dei contesti.
Un uomo che non placa mai la sua sete di indagare l’animo umano, di comprenderlo e di accettarlo, con i suoi pregi e difetti, con il vizio di amare i giovani e la giovinezza, risorsa indispensabile per parlare al futuro. Un bandolero (concedetemi la licenza) mai stanco di fronte agli anni che passano e con un’inesauribile curiosità e interesse per le nuove generazioni.
Chiunque si sia affacciato alla sua saggezza, mi darà ragione. Parlare con Roberto Vecchioni è sempre una lezione di vita. Ha il dono dell’ascoltatore e dell’oratore. Il professore non dispensa consigli, ma ti mette sempre di fronte alle giuste domande da farsi, lasciandoti l’arduo compito di trovare le risposte.
E’ così che mi ha insegnato, ed ho imparato, che la felicità non è una questione d’istanti, ma una presenza costante, che corre parallela a noi. Il problema è saperla intravedere, imparando a non farci abbagliare.
Alla fine, la morale della vita, è tutta in Samarcanda.
Grazie Professore.
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