“Creuza de mä”: il canto universale di Fabrizio De André

Il disco considerato dalla critica come una delle pietre miliari della musica degli anni ‘80 e, in generale, della musica etnica: “Creuza de mä” di Fabrizio De André.

Per la rubrica “33 giri di ricordi”: recensione e retrospettiva dell’album “Creuza de mä” di Fabrizio De André.  

La Storia non è solo quella che si studia sui libri di scuola. È storia tutto ciò che ha contribuito al nostro sviluppo sociologico e che ha segnato gli eventi culturali. Ogni contesto storico è stato accompagnato dalla musica, colonna sonora che ha “battuto il tempo” e raccontato in modo indelebile la storia, fissandola a colpi di note nella nostra memoria. Nasce così la rubrica “33 giri di ricordi”, la musica che ha fatto la storia.

Proseguono gli appuntamenti con i 33 giri di ricordi, quelli che hanno segnato un’epoca: oggi parliamo di “Creuza de mä” di Fabrizio De André. 

1984

Mosca, 9 febbraio, muore il segretario del PCUS Jurij Andropov.

Roma: Bettino Craxi (Presidente del Consiglio) e il Cardinale Agostino Casaroli, siglano l’Accordo di Villa Madama, nuovo Concordato tra Italia e Santa Sede. La religione cattolica non è più considerata religione di Stato.

Umbria: un  terremoto, con epicentro tra Gubbio e Valfabbica, colpisce la regione umbra e le confinanti Marche. L’entità del danno economico supera i 40 miliardi di lire.

Padova, 7 giugno: durante un comizio per le elezioni europee, il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, viene colpito da emorragia cerebrale: morirà l’11 giugno. Ai suoi funerali, il 13 giugno, a Roma, partecipano due milioni di persone.

Vicchio (FI): Claudio Stefanacci e Pia Rontini, due fidanzati di 21 e 18 anni, vengono uccisi a colpi di pistola, dopo essersi appartati in auto, in cerca di intimità. È il settimo duplice omicidio del cosiddetto Mostro di Firenze.

Al Bano e Romina Power vincono la 34° edizione del Festival di Sanremo, con “Ci sarà”.

La Juventus è Campione d’Italia per la ventunesima volta, capocannoniere del torneo Marco Pacione (Atalanta) con 21 reti.

Non al denaro non all’amore né al cielo

“Lessi Benedetto Croce, l’Estetica, dove dice che tutti gli italiani fino a diciotto anni possono diventare poeti, dopo i diciotto chi continua a scrivere poesie o è un poeta vero o è un cretino. Io, poeta vero non lo ero. Cretino nemmeno. Ho scelto la via di mezzo: cantante”.

Tra vizi ed eccessi, esistenzialismo e contestazione, crisi personali, il rapimento, dottrina anarchica mai celata (che lo pose addirittura sotto l’occhio dei Servizi Segreti), Fabrizio De André è stato il più importante, influente e creativo cantautore italiano.

Riservato, al limite della timidezza, poco amante delle esibizioni dal vivo, anche se il tour con la PFM del 1979 è ormai storia, ha avuto il coraggio morale e la coerenza artistica di prendere a picconate il muro bianco della canzone italiana e far vedere quello che c’era dietro. Un mondo reale, un’umanità disparata e a volte anche disperata ma viva, vera.

Un cammino artistico e musicale che è cominciato in “Via del Campo”, prolungamento della famosa Via Pré, proseguito, e forse terminato, in un qualunque “Creuza de mä” del capoluogo ligure.

Creuza de mä - la copertina dell'album di Fabrizio De André

Creuza de mä

Una scelta coraggiosa, in antitesi a qualunque regola di mercato discografico: un disco di musica d’autore cantato interamente in lingua ligure. Fabrizio De André decise di utilizzare il ligure non solo perché lingua a lui familiare, ma anche perché riteneva che rappresentasse un misto di parole derivanti da lingue diverse, facendo perno sull’enorme “malleabilità” ed eterogeneità di questo idioma, o “dialetto” se preferite. Il titolo del disco, e la title-track, definiscono infatti, in dialetto ligure, un viottolo o mulattiera, talvolta fatto a scalinata, che abitualmente delimita i confini di proprietà privata e collega l’entroterra con il mare.

L’album, andando contro ogni aspettativa, ha riscosso un incredibile successo di critica e di pubblico, segnando una svolta nella storia della musica italiana ed etnica in generale. Possiamo dire tranquillamente che il disco è stato l’antesignano della cosiddetta “world music”, tanto da essere uno degli album preferiti in assoluto di David Byrne.

Un concept album, anche se molto “sui generis”, dedicato al Mediterraneo, dove i testi parlano del mare, dei marinai, del viaggio, delle passioni, anche forti, degli ultimi, e della sofferenza altrettanto forte. Temi cari a Faber, musicati stavolta attraverso strumenti tipici dell’area mediterranea, con l’aggiunta di contenuti non musicali registrati in ambienti portuali e marinareschi.

Un capolavoro assoluto, curioso ed affascinante, probabilmente la massima opera realizzata in Italia nel campo della canzone d’autore, e non solo: è un canto universale, con dentro un qualcosa di profondamente ligure che non si può spiegare. Parole che arrivano dritte al cuore, unite a delle sonorità che raccontano di un passato fatto di emozioni, racconti e abitudini di un mondo che ormai non c’è più.

Mégu megún

Nel 2004, ventennale dell’uscita di “Creuza de mä”, Mauro Pagani decide di rendere un sincero tributo all’amico scomparso cinque anni prima, reincidendo e cantando egli stesso l’album. Oltre alle tracce già presenti nel disco originale, in “2004 Creuza de mä” sono contenute anche “Al Fair”, introduzione vocalizzata nello stile dei canti sacri della Turchia, “Quantas Sabedes”, “Mégu Megùn” (scritta con Ivano Fossati, e già incisa da Faber nell’album “Le Nuvole”) e “Neutte”, ispirata dal poeta greco Alcmane.  

Umbre de muri, muri de mainæ, dunde ne vegnî, duve l’é ch’anæ?

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.