2 Agosto 1980, lettera dal futuro

2 Agosto 1980, il treno, in sosta sui binari, quelli infelici. I binari che hanno spezzato vite.

Sono nata nel lontano, ma non troppo, 1999 e mi viene da dire che la società fa paura.

Sì, fa paura quando penso a ciò che è successo prima che venissi al mondo e ancora di più se penso a quanto sensibilizzare non sia servito perché le cose sono peggiorate.

Fa paura girare da sola in città a tarda sera perché “Forse la mia gonna è troppo corta, meglio chiamare un taxi”, ma poi penso “E se quell’uomo fosse pericoloso? Non si sa mai cosa gira nella testa delle persone” . Fa paura viaggiare, quello che dovrebbe essere tra le cose più belle. Fanno paura i piloti non ben addestrati o non abilitati al volo, treni che deragliano e ponti che anziché unire, dividono.

Ha fatto paura anche la terra, sotto i nostri piedi, piena di esplosivo. Ha fatto paura il 12 Dicembre 1969 con la Strage di Piazza Fontana, seguita dal 28 Maggio 1974 con la Strage di Piazza della Loggia e poi ancora il 4 agosto 1974 con la Strage dell’Italicus.

2 Agosto 1980.

Caldo, faceva tantissimo caldo. Forse all’epoca ogni stagione rispettava le sue temperature e il cielo prendeva i suoi giusti colori.

Bologna, stazione centrale. Ci sono stata mesi fa ed è immensa solo per quanto dolore porta con sé.

Ore 10.25, nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione, viene fatto esplodere un ordigno che causa il crollo dell’ala Ovest dell’edificio. Non ha importanza sapere da cos’era composta la bomba e dov’era posizionata, ma riflettere su quei ventotto chili che hanno strappato via i sorrisi più belli, i ritorni a casa; hanno strappato via sorelle, fratelli, nipoti, nonni, mogli, mariti e figli dalle braccia delle persone più care.

Sono stati strappati via futuri sogni, aspettative e progetti.

Lettera dal futuro

“A te,
che forse eri troppo piccolo/a per pensare ai tuoi giorni futuri. Chissà cosa avresti voluto fare da grande. Tu bambina, sicuramente sognavi di fare la ballerina, la veterinaria o magari diventare un’importante figura per l’Italia. Avevi incominciato a sognare in modo principesco, come tutte abbiamo fatto fin da piccole. Però quella coroncina, che avrebbe dovuto coronare il sogno che tutte aspettiamo una volta diventate grandi, ti è stata strappata via troppo in fretta. Ti stringo forte a sognarti libera e leggera con quell’abito bianco che qualche stupido ti ha vietato di indossare perché quella bomba ha portato via con sé la magia di un grande giorno.

Tu bambino, che invece sognavi di fare il calciatore. Sicuro avresti sorriso se qualcuno te lo avesse chiesto. Ma non vergognartene sai, è il desiderio di tutti i ragazzi quello di inseguire un pallone e vivere una bella vita fatta di soddisfazioni.

A te, dolce uomo, che non vedevi l’ora di tornare a casa, forse dal lavoro, e riabbracciare la tua famiglia. Erano rose rosse quelle che tenevi strette fra le mani? O portavi invece i fiori preferiti di tua moglie, quelli con cui ti presentasti al primo appuntamento?

E a te, meravigliosa donna. Mamma e non. Quante lacrime avresti versato pronunciando un “Ti amo” alle persone più care, se avessi potuto. Ma il tempo è stato bastardo e ti ha tolto tutto.

A te, indipendentemente dal lavoro che svolgevi, e a tutti i tuoi sacrifici fatti per portare avanti il futuro di una famiglia intera, fino a quel maledetto giorno di agosto

Cari nonna e nonno, che lo sarete per sempre. Sapete che siete la cosa più importante per noi? Voi, che la vita vi porta via troppo presto, a volte quando è ancora difficile capire che poi queste mancanze, con il tempo, creano voragini.

Caro Mauro…

Ed infine caro te, Mauro, che avrai per sempre ventiquattro anni.
Conosciuto da tutti come l’ultima vittima della strage. Amavi il tuo lavoro? Ti piaceva vendere Enciclopedie? Cosa sognavi di fare da grande? Eri andato in Inghilterra per fare il cameriere e imparare l’inglese ma la burocrazia di costrinse a rientrare. Eh, che ci vuoi fare Mauro? Queste cose con l’estero non sono sempre facili e veloci.

Cosa ci facevi alla stazione di Bologna? Tornavi a casa a Roma o cercavi un altro luogo e un’altra lingua da imparare?

A chi, da innocente, viene ripagato strappandogli la vita.”

Non occorre ricordare il numero di tutte quelle persone, perchè è straziante già solo pensare che un numero esista.

E nessun restauro o sostituzione potrà mai riparare i cuori spezzati delle famiglie.

Quell’estate del 1980, diventò inverno tutto d’un tratto. Il cielo si fece grigio e nel cuore di tanti calò il gelo.

Arianna Pino
Arianna Pino
Autrice del libro “Resta almeno il tempo di un tramonto” e di “Quando fuori piove”, finalista al concorso letterario “Il Tiburtino”. Iscritta all’ Università delle scienze e tecnologia del farmaco. Dice di sé:“Sono nata in città ma vivo col mare dentro. Ho occhi  grandi per guardare il mondo, ogni giorno, con colori diversi. Ho la testa tra le nuvole ma cammino su strade fatte di sogni pronti a sbocciare, mi piace stupire come il sole, quello che la mattina ti accarezza il volto e ti fa ricordare che c’è sempre un buon motivo per alzarsi. Amo la pizza, il gelato e la cioccolata calda perché io vivo così, di sensazioni estreme, perché a vent’anni una cosa o gela o brucia. Mi piace vivere tra le parole che scrivo, che danno forma alla mia vita come i bambini fanno con le nuvole”.