Avvoltoi avvelenati: in India, morte mezzo milione di persone

Perchè parliamo di avvoltoi avvelenati? La loro estinzione, in India ha causato la morte di mezzo milione di persone: cosa è successo?

Gli avvoltoi, spesso associati alla morte per la loro abitudine di nutrirsi di carcasse, svolgono un ruolo vitale negli ecosistemi in cui vivono. Questi rapaci sono i principali spazzini del mondo animale. Nonostante la loro reputazione sinistra, troppo spesso ci sfugge che la loro presenza, invece, è essenziale per mantenere l’equilibrio ecologico e prevenire la diffusione di malattie.

Un recente articolo apparso su Science ha catturato la nostra attenzione. La popolazione di questi rapaci è arrivata praticamente all’estinzione: nel rapido volgersi di pochi anni si è passati da 50 milioni di esemplari a solo 2000.

Cosa è successo?

Se in un primo momento, la causa era un vero e proprio mistero per gli esperti, dalle autopsie e dalle indagini svolte si è arrivati ad una conclusione sconcertante che giustifica non solo la mortalità degli avvoltoi, ma anche di circa mezzo milione di persone.

Il Caso dell’India: Un Disastro Sanitario

Lo studio ha dimostrato che l’estinzione funzionale degli avvoltoi in India ha portato a un aumento significativo della mortalità umana, sottolineando l’importanza di questi uccelli per la sanità pubblica.

Negli anni ’90, la popolazione di avvoltoi in India ha subito un declino drastico. Questo crollo, il più rapido mai registrato per una specie di uccelli, è avvenuto per avvelenamento da diclofenac, un farmaco antinfiammatorio che chi ha mal di schiena conosce bene, ma forse non sa che gli allevatori lo hanno somministrato al bestiame per dolori muscolari ealtre patologie. Il diclofenac, innocuo per i mammiferi, si è rivelato letale per gli avvoltoi, causando insufficienza renale in questi uccelli che si nutrivano delle carcasse degli animali trattati con il farmaco.

Un avvelenamento di massa che ha causato la drastica riduzione degli esemplari e portando la specie alla quasi-estinzione.

In risposta alla crisi, il governo indiano ha vietato l’uso del diclofenac nel 2006. Tuttavia, il recupero delle popolazioni di avvoltoi è lento e incerto. Gli esperti avvertono che potrebbero volerci decenni prima che questi uccelli possano ritornare ai livelli pre-crisi, se mai ci riusciranno.

India, avvoltoi su una carcassa di animale
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Conseguenze Ecologiche e Sanitarie

La scomparsa degli avvoltoi ha avuto effetti a catena sull’ecosistema indiano. Senza questi efficienti spazzini, le carcasse di bestiame hanno iniziato ad accumularsi, fornendo un terreno fertile per la proliferazione di altri animali come i cani selvatici e topi. Questi, a loro volta, hanno contribuito alla diffusione della rabbia, aumentando ulteriormente il rischio per la salute umana. Inoltre, gli allevatori accumulavano le carcasse dei capi di bestiame in prossimità o addiruttura dentro i fiumi per farli trasportare altrove dalle correnti dei corsi d’acqua. Risultato: la decomposizione delle carcasse ha contaminato le risorse idriche, peggiorando la qualità dell’acqua e incrementando le malattie trasmesse da agenti patogeni.

Un effetto domino, dunque che è arrivato fino alla popolazione: mezzo milione di persone sono decedute a causa di queste malattie.

Anche le conseguenze economiche della perdita degli avvoltoi sono state enormi. Gli studi hanno calcolato che i danni economici totali dovuti all’aumento della mortalità umana e alla riduzione della qualità della vita ammontano a circa 70 miliardi di dollari all’anno. Questo dato evidenzia l’importanza di considerare il valore economico della biodiversità e di investire nella conservazione delle specie chiave per il benessere umano.

Gli Equilibri Naturali

La natura è un sistema complesso e armonico, dove ogni specie, ogni organismo, occupa un ruolo specifico nella grande rete della vita. Gli equilibri naturali, frutto di milioni di anni di evoluzione, regolano la sopravvivenza e la coesistenza delle diverse forme di vita sulla Terra. La catena alimentare è uno dei meccanismi chiave che garantisce questi equilibri, collegando tra loro tutti i vari ecosistemi e le specie viventi, compresa la nostra.

La catena alimentare rappresenta il ciclo di energia e nutrienti che passa attraverso gli organismi viventi. Inizia con i produttori primari, come le piante, che trasformano l’energia solare in cibo attraverso la fotosintesi, e si estende ai consumatori primari, secondari e così via, fino ai decompositori. Ogni anello di questa catena è essenziale per la salute e la stabilità dell’ecosistema.

Per esempio, gli avvoltoi, come spazzini della natura, svolgono una funzione cruciale nella catena alimentare. Nutrendosi di carcasse, prevengono la diffusione di malattie, riciclano nutrienti e mantengono pulito l’ambiente. La loro presenza garantisce che i patogeni non si diffondano e che altre specie, come i cani selvatici, non proliferino in modo incontrollato.

L’Intervento Umano: Un Sasso nello Stagno

Quando l’uomo interviene nell’ambiente naturale, spesso lo fa senza comprendere appieno le conseguenze delle sue azioni. L’introduzione di sostanze chimiche, la caccia indiscriminata, la distruzione degli habitat e l’introduzione di specie invasive sono solo alcuni esempi di come l’intervento umano possa alterare drasticamente gli equilibri naturali. Questi interventi producono effetti simili ai cerchi concentrici che si formano quando si lancia un sasso in uno stagno: un piccolo cambiamento può propagarsi attraverso l’intero sistema, con conseguenze potenzialmente devastanti.

Il caso degli avvoltoi in India è emblematico. L’introduzione del diclofenac veterinario ha portato alla quasi estinzione di questi uccelli, con conseguenze a catena su tutto l’ecosistema. La scomparsa degli avvoltoi ha permesso la proliferazione dei cani selvatici, aumentando i casi di rabbia e altre malattie. La decomposizione incontrollata delle carcasse ha contaminato le risorse idriche, peggiorando la qualità dell’acqua e mettendo a rischio la salute umana.

Questo esempio dimostra come un singolo intervento umano possa avere effetti a cascata su tutto l’ecosistema. La perdita di una specie chiave può destabilizzare l’intera rete alimentare, portando a conseguenze impreviste e spesso disastrose. Questi effetti non si limitano all’ambiente, ma si ripercuotono anche sulla società umana, evidenziando l’interconnessione tra la salute degli ecosistemi e il benessere umano.

La Necessità di una Maggiore Consapevolezza

La storia degli avvoltoi in India offre importanti lezioni per la conservazione della biodiversità. È essenziale intervenire tempestivamente per prevenire la perdita di specie che svolgono ruoli critici negli ecosistemi. Questo caso sottolinea la necessità di politiche di conservazione mirate e di una maggiore consapevolezza pubblica riguardo all’importanza della fauna selvatica per la salute umana.

La conservazione degli avvoltoi e di altre specie chiave richiede un approccio integrato che consideri le interazioni tra biodiversità, salute umana ed economia. Gli avvoltoi, spesso trascurati nelle strategie di conservazione, dimostrano che anche le specie meno carismatiche possono avere un impatto profondo sulla vita delle persone. Proteggere questi uccelli significa proteggere interi ecosistemi e, in ultima analisi, la salute umana.

Gli avvoltoi sono più che semplici spazzini: sono guardiani dell’igiene ambientale e difensori della salute pubblica. La loro scomparsa in India ha rivelato le interconnessioni tra biodiversità e benessere umano, offrendo un potente argomento per l’importanza della conservazione delle specie. Salvaguardare gli avvoltoi e altri animali chiave non è solo una questione di tutela della natura, ma anche di protezione della nostra salute e del nostro futuro.

Per evitare futuri disastri, è essenziale che l’umanità sviluppi una maggiore consapevolezza degli equilibri naturali e dell’importanza della conservazione delle specie. Le politiche di sviluppo e di gestione delle risorse devono tenere conto degli impatti ambientali a lungo termine e, non ci stancheremo mai di dirlo, à fondamentale promuovere l’educazione ambientale, oltre alla la ricerca scientifica, affinché le decisioni siano basate su una comprensione approfondita degli ecosistemi.

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”