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Bob Marley: il messaggio di speranza e resistenza di “Exodus”

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Bob Marley: il messaggio di speranza e resistenza di “Exodus”

Per la rubrica “33 giri di ricordi”: recensione e retrospettiva di uno dei capolavori assoluti della storia della discografia: “Exodus” di Bob Marley del 1977.

All’interno dell’articolo un ricordo del concerto di Torino, 28 giugno 1980, allo Stadio Comunale.

1977

Terminano ufficialmente le trasmissioni di “Carosello” (per la disperazione dei bimbi dell’epoca) e la RAI passa allo spot pubblicitario ancora attuale. Sempre mamma RAI, con una decina d’anni di ritardo rispetto ad altri paesi europei, passa alle trasmissioni a colori. Nascono le prime “TV private”.

Il segretario della CGIL, Luciano Lama, viene violentemente contestato all’Università La Sapienza di Roma, da gruppi di autonomi e indiani metropolitani, ed è costretto a interrompere il comizio e ad abbandonare la manifestazione. Nasce il “movimento del ’77”.

Torino: prima udienza del processo contro i capi storici delle Brigate Rosse. Sedici giudici popolari inviano un certificato medico per dirsi affetti da “sindrome depressiva”, e perciò impossibilitati ad esercitare la loro funzione. Il processo non può cominciare.

Jimmy Carter è il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America.

La Juventus vince il diciassettesimo scudetto, con 51 punti, record per il campionato a sedici squadre. Secondo classificato il Torino con 50 punti. Capocannoniere: Francesco “Ciccio” Graziani (AC Torino), con 21 reti.

Gli Homo Sapiens vincono il Festival di Sanremo con “Bella da morire“.

Rastaman vibration

Nel 1977, il mondo era in fermento. Le tensioni politiche e sociali erano palpabili, con movimenti per i diritti civili, lotte contro l’oppressione e l’ingiustizia, e una crescente consapevolezza riguardo all’ambiente, che permeava la società.

In questo contesto turbolento, il mondo della musica viene scosso da un evento che avrebbe lasciato un’impronta indelebile nella storia: l’uscita dell’album “Exodus” di Bob Marley & The Wailers.

Pubblicato il 3 giugno 1977, l’album non solo consolida ulteriormente la posizione di Bob Marley come icona della musica reggae, ma ha un impatto duraturo sulla cultura globale.

Exodus

Il titolo stesso, “Exodus“, richiama il concetto di esodo o di fuga, un tema centrale nella storia del popolo ebraico narrata nell’Antico Testamento. Tuttavia, l’album va oltre il significato letterale, incarnando un messaggio di emancipazione, libertà e speranza per tutti coloro che si trovano in situazioni di oppressione e difficoltà. Attraverso le sue potenti liriche e le contagiose melodie reggae, Bob Marley trasmette un appello universale alla giustizia e alla pace.

L’album è una raccolta di brani che hanno catturato l’immaginazione di milioni di persone in tutto il mondo. Tra le canzoni più celebri spiccano “Jamming“, con il suo ritmo irresistibile e le sue good vibes che invitano alla celebrazione e all’unità, “Three Little Birds“, un inno di speranza e fiducia nel futuro nonostante le avversità.

Senza dimenticare “One love/People get ready”, che chiude il disco. L’espressione “one love”, originata da questa canzone, negli ambienti rastafari e della musica reggae e hip-hop, indica la fratellanza universale tra tutti gli esseri umani, a prescindere da sesso, razza, credo. È ancora e spesso utilizzata come saluto.

Ma forse è il brano che dà il titolo all’album, “Exodus“, a incarnare appieno lo spirito e la visione di Bob Marley. Con le sue potenti parole che esortano alla liberazione e alla fuga dalla tirannia, “Exodus” è diventato un inno per generazioni di persone che lottano per la loro libertà.

L’album “Exodus” di Bob Marley è molto più di un semplice lavoro musicale; è un monumento alla resistenza umana, alla speranza e alla ricerca della libertà.

Torino, 28 giugno 1980

È una calda, caldissima mattinata (dedicato anche a chi sostiene che non ci sono più le stagioni di una volta): sabato 28 giugno 1980, Torino. Quella sera è in programma il concerto di Bob Marley & The Wailers allo Stadio Comunale.

Già dalla sera precedente, i fans hanno preso posto davanti ai cancelli dello stadio e nell’antistante piazza d’Armi, muniti di sacco a pelo e attrezzatura da campeggio. Stanno arrivando anche parecchi reduci dallo spettacolo della sera precedente a San Siro, torinesi e non. È la prima volta che il re del reggae tiene concerti in Italia, e lo fa per due sere consecutive. Un appuntamento imperdibile.

Alle 16 in punto, si aprono i cancelli dello stadio. Gli idranti cominciano a pompare acqua fresca per evitare colpi di calore dopo tante ore sotto il sole, e girano dei joint grossi come sigari Avana. Ma è già ora dei “supporter”.

bob marley vestito di bianco durante un concerto
Immagine generata con Bing IA

Il primo ad esibirsi è Roberto Ciotti, con il suo blues made in Italy. Poi sale sul palco un giovane con una grande chioma di capelli scuri e una chitarra acustica, che canta in dialetto napoletano: è Pino Daniele. Il ragazzo probabilmente diventerà famoso.

Il momento clou si avvicina, e l’impazienza del pubblico si traduce in fischi parecchio sonori per i poveri scozzesi della Average White Band.

Jammin’ time

Si comincia con l’ingresso della band e delle tre coriste, eleganti e sexy. Poi arriva lui, Robert Nesta Marley, piccolo, minuto, pantaloni di pelle neri, i dreds grossi come rami di un pino mediterraneo, che gli arrivano fino al culo.

Il pubblico, più che ballare, si muove dolcemente al ritmo delle canzoni come un unico corpo, come una gigantesca onda, cullato dalle “Positive Vibration” di brani dal ritmo in levare come “Jammin‘”, “Exodus” e “No Woman No Cry“. Migliaia di accendini bruciano i polpastrelli (non c’erano i telefonini) e rendono la ola ancora più affascinante.

La serata dura forse troppo poco: si dice che il re del reggae abbia diviso equamente le tre ore di concerto che elargisce di solito, in due set di un’ora e mezza, tra Milano e Torino, per motivi di cachet.

È già tutto finito, purtroppo, ed ora di uscire dallo stadio. Palpabile fra il pubblico una sensazione quasi di disorientamento, come se si fosse tornati sulla terra dopo un viaggio nello spazio.

I giovani vagano smarriti, forse anche per via dei numerosi joint di cui sopra, alla ricerca delle auto parcheggiate, della fermata del bus, o forse di qualcosa di più profondo, come di una Terra Promessa. Nessuno poteva immaginare di aver assistito a qualcosa di epico e di irripetibile. Come si dice in questi casi: da raccontare ai nipoti.

Dopo l’esibizione torinese, Bob Marley ne terrà solo altre tredici, fino al tragico epilogo il 23 settembre a Pittsburgh.

Torino rimane comunque un punto fisso in quella storica tournée mondiale “Uprising Tour”.

Chi c’era, e io c’ero, conserva nel cuore quella serata, come un tatuaggio indelebile.

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