Case discografiche e IA: la rivolta delle major

Le più grandi case discografiche contro le start up che creano musica con l’intelligenza artificiale.

Il progresso avanza inesorabile e dopo i mestieri, adesso sono le arti e le professioni che subiscono, o a breve subiranno, le conseguenze dell’evoluzione della tecnologia. E anche il mercato della discografia non è immune a tal progresso e sta vivendo una trasformazione profonda con l’avvento dell’intelligenza artificiale (IA).

Mentre questa tecnologia apre nuove possibilità per la creazione e la distribuzione della musica, sta anche generando tensioni significative con le major discografiche che si trovano a dover affrontare sfide inedite per proteggere i loro interessi e la loro visione del futuro della musica.

Major vs Start Up

Le tre grandi case discografiche, Universal, Sony e Warner, hanno avviato cause legali contro le start-up che utilizzano l’intelligenza artificiale per creare musica. Queste start-up impiegano gli algoritmi per analizzare e imparare dalle canzoni esistenti, producendo nuove tracce basate sulle istruzioni degli utenti. Le major sostengono che questi algoritmi rubano dai cantanti veri, violando i diritti d’autore e sfruttando il lavoro creativo senza permesso.

Negli Stati Uniti, le major hanno denunciato alcune start-up accusandole di utilizzare opere musicali protette da copyright per addestrare i loro modelli di IA. Queste piattaforme permettono agli utenti di generare testi o di fornire istruzioni specifiche, con l’IA che crea la musica e il testo. Un pò come succede tra il settore dell’editoria e l’avvento di ChatGPT le opere d’arte create con IA, argomenti di cui abbiamo già parlato in passato (leggi di più al fondo di questo articolo).

Diritti d’autore e creatività: a chi attribuire il copyright?

Il primo e più ovvio motivo per cui le case discografiche stanno combattendo l’IA è la protezione dei diritti d’autore. Le canzoni rappresentano un patrimonio intellettuale e culturale che le major vogliono proteggere. Permettere l’uso non autorizzato di queste opere per addestrare algoritmi potrebbe minare la loro capacità di generare entrate da tali proprietà.

Le major sostengono che la musica è una forma d’arte intrinsecamente legata all’esperienza umana. Secondo quanto affermano le major, il loro timore è che affidarsi troppo all’IA possa ridurre la musica a una semplice formula algoritmica, priva dell’anima e delle emozioni che solo un essere umano può apportare.

Ma il vero motivo che fa davvero incazzare le major, non è così sublime come la tutela dei diritti d’autore o della creatività.

Business are business

La verità è che le case discografiche vogliono mantenere il controllo sul mercato musicale, e non solo in America. L’IA democratizza la produzione musicale, permettendo a chiunque di creare hit comodamente da casa. Questo minaccia il modello di business delle major, basato sul controllo delle risorse, delle tecnologie e della distribuzione musicale.

Se, al momento, le major stanno utilizzando il sistema legale per fermare l’avanzata delle start-up basate sull’IA, allo stesso tempo, stanno facendo pressioni per ottenere regolamentazioni più severe che proteggano gli interessi degli artisti e delle etichette discografiche.

La mossa più ovvia è però quella di assorbire, acquisire, comprare (scegliete voi il termine) queste start up e delle tecnologie che utilizzano l’IA in modo da poterle controllare.

Questo permette loro di integrare l’innovazione nei loro processi senza perdere il controllo.

Due piccioni con una fava: da una parte, mantengono il loro potere secolare, dall’altra possono facilitare lo sviluppo di soluzioni che rispettino i diritti d’autore e valorizzino la creatività umana.

Infine, il dibattito sull’IA nella musica sottolinea la necessità di una regolamentazione chiara. Le leggi sul copyright devono evolversi per affrontare le nuove sfide poste dalla tecnologia. Solo attraverso un quadro regolamentare ben definito si potrà garantire che l’IA venga utilizzata in modo etico e sostenibile.

Il futuro dell’uomo dipende dall’uomo

L’uso dell’IA è simile all’uso di un coltello: si può usare per tagliare la carne o per ammazzare qualcuno. Dipende dall’intenzione, e lo stesso vale per l’uso dell’intelligenza artificiale. La sua applicazione e il suo impatto dipendono dall’intenzione e dalla buona fede degli esseri umani che la utilizzano. L’IA può essere un potente strumento per il progresso, la produttività e il miglioramento della qualità della vita, ma può anche essere utilizzata in modo inappropriato o dannoso se non viene gestita responsabilmente.

La responsabilità nell’uso dell’IA è un tema importante, e dovrebbe essere accompagnata da un adeguato quadro etico e regolamentare. È fondamentale che la tecnologia sia sviluppata e utilizzata in modo trasparente, equo e conforme ai principi etici per garantire che il suo impatto sia positivo e costruttivo.

L’importanza di preservare l’etica, la consapevolezza delle implicazioni e il controllo umano è cruciale per garantire che l’IA e le nuove tecnologie contribuiscano a migliorare la società e non la compromettano. Alla fine, l’IA è uno strumento potente, ma l’etica e la responsabilità delle persone che la utilizzano rimangono fondamentali per determinare il suo impatto complessivo sulla nostra vita.

Dipende da noi.

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