Coronavirus e flash mob: il suono del silenzio

Riflessioni sparse fra isolamento forzato, coronavirus e flash mob, decreti e il suono del silenzio.

Proseguono i giorni di isolamento forzato e c’è chi comincia a dare segni di insofferenza: #ioimpazzisco. Chi imperterrito continua a fregarsene dell’invito del Presidente del Consiglio: #iorestoacasa.

E poi c’è chi non perde occasione di affacciarsi da balcone, per partecipare ai flash mob.

Ma c’è anche chi segue le disposizioni alla lettera, per carità, anche se, dati alla mano (cioè le statistiche sulla mobilità dei telefonini), pare essere una minoranza, purtroppo.

Figli della guerra

La categoria che risulta essere più refrattaria alle disposizioni governative, è quella degli ultra-ottantenni: i figli della guerra. Tenerli a casa è un’impresa titanica: non rinunciano al giro al mercato, alla partita a carte al parco, ad affollare i bar dei centri commerciali, accompagnati dal carrello rigorosamente vuoto. E guai a farglielo notare.

Mi immagino nonno Angelo “Lele” Boccardo, cosa avrebbe fatto, come avrebbe passato la giornata, se fosse ancora in vita.

Avrebbe ascoltato il notiziario alla radio, naturalmente la Nordmende a valvole, preso una sigaretta, sicuramente da un pacchetto di “Nazionali semplici”, e bevuto un salutare bicchiere di vino. E poi?

Sarebbe uscito per la passeggiata quotidiana, la partita a carte o a bocce, e non ci sarebbe stato verso di fargli cambiare idea. Me lo immagino a combattere coronavirus e flash mob a colpi di “cicchetti” di grappa.

Mi diceva sempre: “Mi e lai vist la guera, co‘t vole che vda ‘ncura”. Sopravvissuto a due guerre mondiali, non aveva più paura di niente. Come dargli torto.

Non li giustifico, ma posso capirli. Li rispetto, ma devono stare a casa.

Coronavirus e Flash mob

Da definizione: “Raduno di più persone, convocate all’improvviso in un luogo pubblico tramite Internet, e-mail o sms, per inscenare un’azione insolita, generalmente priva di scopo, e poi disperdersi rapidamente”. Appunto.

Il flash mob (ho scoperto che si scrive staccato), è diventato il passatempo preferito di noi italiani, e per il quale siamo aspramente presi in giro all’estero. Non che gli altri, soprattutto i nostri cugini d’Oltralpe, si siano comportati molto diversamente da noi in determinati frangenti, ma tant’è.

Il fenomeno, attraverso audio e soprattutto video, ha fatto uscire tutta la nostra creatività e la nostra fantasia.

Non amo molto il cantare dai balconi, non fosse altro per rispetto di chi muore, non l’ho fatto e non lo farò, ma guardare certi video, serve sicuramente per sdrammatizzare questi giorni, diciamolo francamente, abbastanza monotoni. In giro per il web e sui social, se ne trovano di tutti i tipi, l’argomento principale riguarda il “come” fare certe cose chiusi in casa, ma anche il passare il tempo con la propria moglie o marito.

Il vincitore di un ipotetico concorso “Coronavirus e flash mob” è sicuramente il signor Vincenzo.

Il suono del silenzio

Hello darkness, my old friend, I’ve come to talk with you again, because a vision softly creeping, left its seeds while I was sleeping, and the vision that was planted in my brain, still remains, within the sound of silence”.

La canzone più conosciuta di Simon & Garfunkel, “The sound of silence” (1964), soundtrack del film “Il laureato”, accompagna, da un po’ di tempo a questa parte, le mie passeggiate serali. La traduzione fa più o meno così:

Salve oscurità, mia vecchia amica, sono venuto a parlarti nuovamente, perchè una visione che fa dolcemente rabbrividire, ha lasciato i suoi semi mentre dormivo, e la visione che è stata piantata nel mio cervello, ancora persiste, nel suono del silenzio“.

Sì, ho un cane e lo porto a passeggio (ma non lo presto a nessuno, tranquilli).

Durante le uscite serali, poco prima della mezzanotte, mi colpisce il silenzio, il silenzio assordante di strade, marciapiedi e case, amplificato dal buio.

Le strade sono deserte, visto che girano poche automobili, i marciapiedi sono vuoti, giusto così, se non si ha un più che valido motivo per uscire. Le finestre, per la maggior parte, hanno le luci spente, contrariamente al solito, come se non si volesse disturbare il buio.

Passare dalla rumorosa vitalità quotidiana, nel bene e nel male, alla rassegnazione del suono del silenzio, per non disturbare il buio. E’ un attimo.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.