De Chirico, la pittura metafisica delle visioni sospese.

Ha il mito, la storia e la mitologia dentro. E’ il 10 luglio del 1888 e a Volos, patria degli Argonauti, nasce Giorgio De Chirico. Una delle figure più complesse, importanti e suggestive dell’arte del Novecento.

E dalla sua madre patria, la Grecia, prende le vesta, le colonne, le tuniche. Le rovine di un passato antico e magnifico che andranno a riempire le piazze vuote e solitarie dei suoi paesaggi sospesi in sogni dai colori vividissimi.

piazza d’Italia

Mi sono messo a copiare nei musei

De Chirico è dirompente. Una personalità poliedrica e anticonformista che lo fa rivisitare, a soli vent’anni, le opere dei Rinascimentali come Raffaello, Lorenzo Lotto e Carpaccio. Facendogli affermare: “Dovete aver notato che da qualche tempo c’è qualcosa di cambiato nelle arti. Non parliamo di neoclassicismo, di ritorno ecc.

Vi sono degli uomini, dei quali probabilmente anche voi fate parte, che, arrivati a un limite della loro arte, si sono domandati: dove andiamo? Hanno sentito il bisogno di una base più solida; non hanno rinnegato nulla… Ma un problema mi tormenta da circa tre anni, il problema del mestiere. E’per questo che mi sono messo a copiare nei musei“.

Cezanne? il primo incapace

Feroce critico, dall’ego smisurato per sè e per la propria arte si definisce, dalle colonne della rivista Europeo “nemico della Pittura Moderna”. E da qui, e da mille altre riviste popolari che negli Cinaquanta e Sessanta si contendevano le interviste, le illustrzioni e le critiche del Pictor Optimus, come era ormai stato definito, partono le fucilate contro i contemporanei.

Manet? «Il primo cattivo gran pittore». Gauguin? «I suoi scritti sono tutt’altro che brutti ma per quanto riguarda la pittura è zero». Dalì? «Pittore sgradevole e incredibilmente oleografico». Chagall? «Pittura da baraccone di fiera e da osteria di campagna». Cezanne? «Il primo incapace lanciato come gran maestro». L’unico che si salva? Picasso.

Giorgio De Chirico 1971 Milano, mostra personale di scultura (wikimedia commons)

La pittura Metafisica

E’ De Chirico il primo a parlare di pittura Metafisica. Una corrente d’avanguardia del XX secolo che applica elementi della pittura classica, dell’antichità greca, romana e del Risorgimento nazionale a una realtà “altra”, sognata e fantasticata. Una pittura onirica da cui poi prenderà vita il surrealismo.

La prospettiva e i colori giocano insieme per creare mondi vividi, misteriosi,a volte inquietanti. Spaventosamente pieni di solitudine. Atmosfere metafisiche e oniriche che saranno poi di ispirazione alle opere di Edward Hopper e ai paesaggi urbani, desolati e fuori dal tempo dei film di Hitchcock, Antonioni e Fritz Lang.

Enigma di un pomeriggio d’autunno

C’è un’opera di De Chirico che si può prendere come manifesto dell’intera pittura Metafisica. E’ L’enigma di un pomeriggio d’autunno, del 1910. Qui troviamo tutti i canoni della Metasifica. La prospettiva del quadro costruita con molteplici punti di fuga incongruenti tra loro, la solitudine, le ombre lunghe, le scene fuori dal tempo. Le statue spezzate, gli elementi dissonanti. La prima piazza metafisica.

De Chirico stesso, in un manoscitto del 1912 la descriverà così- «…, dirò ora come ho avuto la rivelazione di un quadro che ho esposto quest’anno al Salon d’Automne e che ha per titolo: L’enigma di un pomeriggio d’autunno. Durante un chiaro pomeriggio d’autunno ero seduto su una panca in mezzo a Piazza Santa Croce a Firenze. Non era certo la prima volta che vedevo questa piazza. Ero appena uscito da una lunga e dolorosa malattia intestinale e mi trovavo in uno stato di sensibilità quasi morbosa.

Enigma di un pomeriggio d’autunno De Chirico 1910

Una natura convalescente, un sole senza amore

La natura intera, fino al marmo degli edifici e delle fontane, mi sembrava convalescente. In mezzo alla piazza si leva una statua che rappresenta Dante avvolto in un lungo mantello, che stringe la sua opera contro il suo corpo e inclina verso terra la testa pensosa coronata d’alloro. La statua è in marmo bianco, ma il tempo gli ha dato una tinta grigia, molto piacevole a vedersi.

Il sole autunnale, tiepido e senza amore illuminava la statua e la facciata del tempio. Ebbi allora la strana impressione di vedere tutte quelle cose per la prima volta. E la composizione del quadro apparve al mio spirito; ed ogni volta che guardo questo quadro rivivo quel momento. Momento che tuttavia è un enigma per me, perché è inesplicabile. Perciò mi piace chiamare enigma anche l’opera che ne deriva.»

I manichini, le copie, gli interni

Si potrebbe andare avanti per ore a parlare delle mille sfaccettature del pittore e dell’uomo. Chiudiamo con tre delle curiosità più importanti. I manichini: figure simbolo della sua pittura che contribuiscono ad aumentare il senso di irrealtà e se vogliamo anche di disagio. Un uomo- automa, da molti definito. Un uomo senza scopo e con la testa vuota. Tra i più importanti  Ettore e Andromaca Le Muse Inquietantientrambi del 1917.

Ettore e Andromaca

Le copie

De Chirico, al termine della carriera, rivisita alcuni dei suoi maggiori successi metafisici. Eclatante è il caso delle Muse Inquietanti, che ripropone in oltre 20 versioni differenti. Una scelta fortemente criticata dai suoi contemporanei. Per contro lui si mette a dar la caccia ai cosiddetti “falsiveri”

Si legge sulle pagine di Epoca del 1968. «Il pittore ha sempre dato una caccia spietata ai suoi falsi, ma negli ultimi tempi l’ha intensificata. Se in una galleria, in un museo o in una casa privata de Chirico scopre un suo quadro ma nutre dei dubbi circa la sua autenticità, è capace di strapparlo dalla cornice o di sfregiarlo con un temperino».

Gli interni

In stanze dalle prospettive bizzarre, De Chirico riproduce oggetti totalmente fuori contesto, rappresentati con una precisione talmente ossessiva da farli sembrare irreali. Il tutto avvolto da Architetture essenzialiprospettive non realistiche, avvolte in un clima trascendente e spettrale.

Perché un’opera d’arte sia veramente immortale, deve uscire completamente dai confini dell’umano: l’intelligenza media e la logica le nuocciono“. (De Chirico)

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Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".