Salvador Dalì, il genio, l’eclettico, il surrealista, il reincarnato…

Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech, I Marchese di Dalí di Púbol a tutti noto come Salvador Dalì viene alla luce l’11 maggio 1904, alle 8 e 45 del mattino. Nasce al primo piano del numero 20 di Carrer Monturiol, nella città di Figueres, in Spagna. Prende il nome di Salvador da una storia triste.

Esattamente nove mesi prima della sua nascita, nell’agosto del 1903, muore, non è ancora chiaro se per meningite o gastroenterite, suo fratello Salvador.

La reincarnazione di Salvador

Ciò porta i coniugi Dalì a credere che il nuovo nato non sia altri che il figlio tornato dal mondo dei morti sotto un altro aspetto.  Questa coincidenza convincerà anche lui stesso di esserne la reincarnazione.

Rimane, dunque, ossessionato dal fratello per tutta la vita, tanto da farlo diventare un mito: nei suoi scritti e nelle sue opere d’arte ,come in Portrait of My Dead Brother (1963). “Ci assomigliavamo come due gocce d’acqua– lascia scritto Dalì -, ma avevamo riflessi diversi. Era probabilmente la prima versione di me stesso, ma concepita troppo in modo assoluto“.

Portrait of My Dead Brother di Salvador Dalì, il genio, l'eclettico, il surrealista, il visionario...
Portrait of My Dead Brother 

L’espulsione dall’Accademia

Salvador Dalì manifesta un precoce talento che lo porta, all’età di quattordici anni, ad esporre le sue prime opere al teatro comunale di Figueres. A quindici pubblica una raccolta di poesie, Quando i rumori si addormentano. Sviluppa però anche un carattere eccentrico e ribelle, che gli procura, nel 1926, l’espulsione dall’Academia de San Fernando, l’Accademia delle Belle Arti di Madrid. Motivo? Si rifiuta di sostenere l’esame finale dichiarando che nessuno è sufficientemente competente per esaminarlo

Chiari segnali di una personalità borderline che lo porta, nel tempo, a compiere gesti sempre più eclatanti. Come nel 1936, a Londra, quando tiene una conferenza indossando una tuta da sub. Simbolo di come lui fosse immerso in un mare di consapevolezza. In realtà rischia il soffocamento all’interno del casco insonorizzato, perchè il pubblico crede che i suoi gesti convulsi di richiesta di aiuto, siano, in realtà, volutamente esagerati per far divertire.

La curva logaritmica dell’ortaggio

L’ eccenticità continua, come quando, nel 1955, viaggia da Madrid a Parigi portando sulla sua Rolls Royce cinquecento chili di cavolfiori perchè attratto, a suo dire, dalla “curva logaritmica dell’ortaggio”. E ancora con Babou, il cucciolo di tigre che si trascina ovunque, anche al ristorante. O come quando, per prendere in giro i suoi “esperti”, all’apice della carriera, alimenta oltre misura il mercato del falso, firmando come proprie delle tele e dei disegni eseguiti da emeriti sconosciuti.

Tutti questi comportamenti non sono nient’altro che il frutto della sua fobia per la malattia psichiatrica di cui la madre, che perde a 21 anni, soffre, così come lo zio e anche il nonno. Dalì cresce dunque con il terrore di impazzire a sua volta, ma diventa anche la sua fonte di ispirazione.

Il metodo paranoico critico

Da qui, infatti, deriva il suo metodo paranoico-critico. Cioè “un metodo spontaneo di conoscenza basato sull’associazione interpretativo critica dei fenomeni deliranti”, come lui stesso lo definisce. In netto contrasto con il metodo emblematico del surrealismo, cioè l’automatismo psichico.

Confessa di essere stato ispirato alla creazione di questo nuovo metodo di auto-interpretazione degli accadimenti per quanto “più casuale sembrava a prima vista” dalla lettura de L’interpretazione dei sogni di Freud. Una delle più grandi scoperte della sua vita.

L’automatismo surrealista

Abbiamo detto che questo metodo si scontra frontalmente con l’altra tendenza del surrealismo, l’automatismo. Cioè il riflettere immagini reali mescolandole, senza alcun controllo creativo, con l’irrazionale dell’inconscio. In pratica l’automatismo psichico libera l’inconscio dell’artista senza lasciare che la ragione intervenga affatto.

Il metodo paranoico critico, invece, pur partendo sempre da immagini reali, crea immagini ambigue rilasciando ossessioni, fobie e tutto ciò che è ben memorizzato nell’inconscio. Dalí descrive il suo metodo in modo complesso, quasi assurdo e scardinato come le opere che la stessa risorsa provoca. Un”metodo spontaneo di conoscenza irrazionale basato sull’oggettività critica e sistematica di associazioni e interpretazioni di fenomeni deliranti“.

Ciò che vediamo è nel profondo della nostra anima

In altre parole il metodo paranoico-critico cerca razionalmente di generare ambiguità che facciano emergere, mentre osserva l’opera, l’inconscio dello spettatore. La realtà è in definitiva la realtà che tutti vedono o quella che il nostro inconscio ci porta a vedere. Una specie di contrasto tra come è la realtà e come il paranoico vuole che essa sia.

Doppie immagini, come nel dipinto Cigni che si riflettono come elefanti, in cui ogni spettatore vedrà l’una o l’altra realtà . E Dalí ne è convinto: “Ciò che vediamo nelle cose non è nelle cose, ma nel profondo della nostra anima”. Tuttavia, “Il Divino”, come amava essere chiamato, dà anche la sua esatta interpretazione contrapposta. Come nel gioco delle doppie immagini. “Non so cosa sia, ma è chiaro che è così efficace che con esso puoi fare un sacco di soldi perché sto diventando un po ‘miliardario”, dichiara in un’intervista a TVE negli anni ’70.

Cigni che si riflettono come elefanti (1937)

La fragilità psicologica

La continua ricerca della stravaganza, come la forma dei suoi baffi, che lui dice riprendere a volte da Friedrich Nietzsche e dai suoi baffi Chevron, a volte dal pittore Diego Velázquez, è solo una maschera per coprire la sua fragilità psicologica. A proposito di questi dirà “I miei baffi non sarebbero stati deprimenti, no! Sarebbero stati imperialisti, ultrarazionalisti e puntati verso il cielo, come il misticismo verticale, come i sindacati verticali spagnoli!”

La sua fragilità emerge anche nella sessualità. Non riesce a relazionarsi serenamente con l’altro sesso. La prova è il rapporto con la russa Elena Ivanovna Diakonova, conosciuta con il nome di Gala e moglie del surrealista Paul Éluard. I due hanno una intensa relazione clandestina, un’amore intellettuale più che sessuale, ma che li porterà a sposarsi, dopo il divorzio di lei,nel 1934. Contemporaneamente, però, stringe un’amicizia molto intensa con il poeta spagnolo Federico García Lorca. Una relazione che attrae e spaventa l’artista: gli rimanda infatti un’immagine di sé che non vuole accettare.

Gli orologi molli

Dalí trova nell’arte il modo di elaborare le proprie paure e la sua sessualità così controversa, con degli oggetti che, a loro volta, sono diventati simboli eterni dell’essenza stessa del suo pensiero surrealista.Uno per tutti, l’orologio molle, che si trova nell’intero corpus delle sue opere. Infatti l’ossessione della fine e la paura della morte, lo portani a dipingere forse la sua opera più famosa. “La persistenza della Memoria”, noto anche come “Gli orologi molli“; un quadro del 1931, conservato al Museum of Modern Art di New York.

Un quadro che riflette ansia ma anche ambiguità. Se, infatti, griamo il quadro di 90 gradi a destra, possiamo scorgere un viso di profilo: è il profilo dello stesso Salvador Dalì.

Il problema filosofico dell’ipermollezza

“E il giorno in cui decisi di dipingere orologi, li dipinsi molli. Accadde una sera che mi sentivo stanco e avevo un leggero mal di testa, il che mi succede alquanto raramente. Volevamo andare al cinema con alcuni amici e invece, all’ultimo momento, io decisi di rimanere a casa. Gala, però, uscì ugualmente mentre io pensavo di andare subito a letto. A completamento della cena avevamo mangiato un camembert molto forte e, dopo che tutti se ne furono andati, io rimasi a lungo seduto a tavola, a meditare sul problema filosofico dell’ipermollezza posto da quel formaggio.

Salvador Dalì, il genio, l'eclettico, il surrealista, il visionario...

Mi alzai, andai nel mio atelier, com’è mia abitudine, accesi la luce per gettare un ultimo sguardo sul dipinto cui stavo lavorando. Il quadro rappresentava una veduta di Port Lligat; gli scogli giacevano in una luce alborea, trasparente, malinconica e, in primo piano, si vedeva un ulivo dai rami tagliati e privi di foglie. Sapevo che l’atmosfera che mi era riuscito di creare in quel dipinto doveva servire come sfondo a un’idea, ma non sapevo ancora minimamente quale sarebbe stata. Stavo già per spegnere la luce, quando d’un tratto, vidi la soluzione. Vidi due orologi molli uno dei quali pendeva miserevolmente dal ramo dell’ulivo. Nonostante il mal di testa fosse ora tanto intenso da tormentarmi, preparai febbrilmente la tavolozza e mi misi al lavoro. Quando, due ore dopo, Gala tornò dal cinema, il quadro, che sarebbe diventato uno dei più famosi, era terminato”. (da Vita Segreta di Salvador Dalí)

I cassetti di Dalì

Il corpo umano è pieno di cassetti segreti che solo la psicanalisi è in grado di aprire disse Dalí. I cassetti hanno senza alcun dubbio origine dall’influenza di Freud e della psicanalisi sull’artista. Sono i desideri nascosti e la segreta sensualità delle donne.Ma sono anche i ricordi e il subconscio, la naturale curiosità dell’uomo all’esplorazione di quanto risulta chiuso e la propensione ancestrale al fascino del mistero. Spesso leggermente aperti, a suggerire che i segreti che essi custodiscono sono ormai noti.

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Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".