Frank Zappa: l’eclettismo di uno dei più grandi compositori del ‘900

Frank Zappa: dalla musica araba alle canzoni tradizionali bulgare, dal doo wop a Edgar Varèse.

Così si presenta una delle migliori biografie di Frank Zappa, scritta da Barry Miles, giornalista inglese del “Guardian” e grande amico di Frank.

Il grande compositore americano, scomparso il 4 dicembre del 1993, rappresenta ancora oggi un faro, una guida per generazioni di musicisti in tutto il mondo. La sua opera è tutt’ora rappresentata dai suoi seguaci, ex colleghi e da coloro che ancora si ispirano alla genialità del Maestro.

Stefano Bollani, uno dei pochi musicisti in grado di eseguire alcune partiture zappiane come “Peaches En Regalia” o “Uncle Meat”, con il suo “Sheik Yer Zappa” (DECCA) rendeva omaggio nel 2014 al compositore americano con un album dedicato alla sua musica, definendola “pirotecnica ma con rigore”.

Nella discografia di Elio e le Storie Tese si trova molta ispirazione all’opera dello Zio Frank, sia nei testi che nelle composizioni. D’altronde loro stessi hanno sempre dichiarato il loro amore per Zappa, definendolo “una luce, un guru”, a volte ammettendo e a volte negando di essere suoi discepoli.

Nel torinese militano gli “Ossi Duri”, band fondata dai fratelli Bellavia, ottimi interpreti della musica di Zappa (e non solo), che a volte ospitano nei concerti gli ex compagni di viaggio del Maestro, come Ike Willis o Napoleon Murphy Brock, di passaggio in Italia.

Personaggio discusso, amato e odiato, totalmente “contro il sistema” e contro l’omologazione e il conformismo tipici della società americana.

Le sue performances, alle quali ho avuto la possibilità di assistere solo due volte (purtroppo), erano vere e proprie lezioni di composizione, armonia, arrangiamento ed esecuzione musicale.

Oltre alle esaltanti interpretazioni delle sue composizioni, ricordo l’esecuzione di un memorabile “Bolero” di Ravel e la cover di “Stairway to Heaven” degli Zeppelin con il solo di chitarra di Jimmy Page eseguito dalla sezione fiati.

Come uno chef molecolare, smontava la musica e la rimontava a suo piacimento.

Fucina di eroi (musicali)

Nelle numerose band che lo hanno accompagnato nel corso della (troppo) breve ma intensissima carriera hanno militato musicisti del calibro di George Duke, Michael Brecker, Terry Bozzio, Steve Vai, Adrian Belew, Vinnie Colaiuta (impossibile nominarli tutti) oggi considerati grandi maestri della musica internazionale ed eroi per generazioni di musicisti.

Le origini

Nato a Baltimora nel 1940 da immigrati siciliani negli Stati Uniti, Frank girò l’intero Paese a seguito della famiglia (il padre Francis lavorava nel settore della Difesa) prima di finire in California dove stabilì la propria base operativa.

Nonostante fosse cresciuto in una famiglia “per bene”, a causa dei continui spostamenti Frank a quindici anni aveva già cambiato sei scuole e la circostanza non giovò alla sua educazione.

Era indisciplinato, seppure un ragazzo della sua intelligenza meritasse di andare all’università, riuscì a mala pena a diplomarsi. “Gli diedero il diploma per sbarazzarsene”, narra Miles.

Fin dall’adolescenza si dimostrò insofferente e ribelle nei confronti dello status quo, ricercando idee e valori alternativi sui libri del padre e su quelli della biblioteca comunale.

Secondo i genitori, Frank si dimostrava devoto, andava a Messa tutte le domeniche, digiunava per tre ore e si confessava prima di fare la comunione. “A diciott’anni capì che il cattolicesimo non faceva per lui” – scrive Miles – ma non fu facile liberarsi dal condizionamento psicologico di tutti quegli anni di chiesa”.

La religione

Gli avevano insegnato che la masturbazione era peccato, che il sesso prima del matrimonio era peccato e addirittura che anche il sesso nel matrimonio era peccato, a meno che fosse finalizzato alla procreazione.

L’intera sfera sessuale significava colpa, vergogna del suo corpo, dei desideri e delle funzioni fisiologiche. Aveva studiato le mappe e i gironi del Purgatorio e dell’Inferno che aspettavano chi non si attiene alla dottrina cattolica.

E quale fu la conclusione? Il nostro Frank ritenne che si trattava “di un sistema di controllo medievale, fondato sulla paura e sul senso di colpa, che danneggiava ogni normale relazione tra i sessi e che era causa di una miseria e di una sofferenza indicibili”.

Secondo i musicisti e i membri del suo staff, il suo rifiuto del cattolicesimo lo influenzò anche sotto il punto di vista musicale. Zappa viene descritto come “maniaco del controllo” e il desiderio di avere il completo controllo della sua vita trae origine anche dal rifiuto dell’autorità della chiesa cattolica.

I riferimenti al sesso

Molti aspetti del suo lavoro, definiti da Miles come “infantili e pruriginosi” scaturiscono dalla forte reazione al senso di colpa cattolico. Molti brani con riferimenti sessuali come “Catholic Girls” o “Bobby Brown” sono incomprensibili a un pubblico non cattolico. Platea che non ne viene offesa ma si arrovella per comprenderne il significato. Per i cattolici, invece, il senso ce l’hanno eccome: sarebbe come gridare “vaffanculo!” in chiesa durante la messa.

Fin da ragazzo e per tutta la sua vita artistica Zappa fu influenzato, per non dire ossessionato, dall’opera del compositore classico contemporaneo Edgar Varèse. Spese i 5 dollari che la madre gli aveva regalato per il suo sedicesimo compleanno per un’interurbana a New York, Greenwich Village, habitat naturale per compositori eccentrici e artisti, cercando di contattare Varèse.

Numerosi episodi e aneddoti della sua vita contribuirono a rendere la sua immagine di hippie estremo e completamente fuori dalle righe, alternativo e anticonformista anche nei confronti dello stesso pubblico che lo osannava.

Contrario da sempre all’uso di droghe, era tutto e, un attimo dopo, il suo contrario. Scelse subito una strada impervia, densa di ostacoli difficili quanto prevedibili.

La musica

Nel 1966 pubblicò il primo album, Freak Out!, con la sua band, The Motherfucker.

Inizialmente, nessuna etichetta discografica volle (ovviamente) pubblicarlo per l’eccessiva volgarità. Accettò il compromesso di cambiare nome alla band in Mothers of Invention.

Nel 1971 durante un suo concerto a Montreaux prese fuoco il Casinò a causa di un razzo lanciato da un suo fan e la celebre canzone Smoke On The Water, di cui Zappa è il protagonista suo malgrado, fu scritta dai Deep Purple che assistettero all’episodio dall’hotel poco distante.

Poco tempo dopo l’infausto evento, a Londra venne scaraventato da un fan nella buca dell’orchestra ricavando un trauma cranico, una frattura della laringe e ferite varie su tutto il corpo. Da quel momento un bodyguard fu sempre presente sul palco accanto a lui senza perderlo mai di vista.

Anche nella comunicazione e nei rapporti con la stampa di settore e non, si distinse per la sua ironia e il suo sarcasmo. Memorabile la sua intervista trasmessa dalla CNN nel 1986 quando Zappa, vestito di tutto punto, al giornalista del Washington Times John Lofton che lo incalzava senza dargli la possibilità di completare il suo ragionamento, disse candidamente “baciami il culo!

Si spinse addirittura fino alla candidatura a presidente degli Stati Uniti. Se un attore poteva diventare presidente USA (Reagan) e un drammaturgo presidente della Cecoslovacchia (Havel) non vedeva perché un musicista e compositore rock non potesse aspirare a tale carica.

“Parlò della sua candidatura in diverse interviste” – scrive Miles – “ma non l’annunciò mai davvero. Le sue cattive condizioni di salute e la consapevolezza che la stragrande maggioranza degli americani non aveva neppure sentito parlare di lui, o non aveva gradito ciò che aveva sentito, gli fecero cambiare idea.”

Come molti artisti del suo calibro, era inflessibile con i suoi musicisti. Pretendeva da essi prestazioni impossibili a dir poco. Sottoponeva la band a mesi di prove intense prima dei tour e i musicisti dovevano conoscere a memoria complicatissime parti di un repertorio enorme, spesso in differenti versioni, che “il Capo” si riservava di decidere all’ultimo momento.

Le audizioni

Le sue audizioni? Altro che talent, un vero e proprio terrore!

Ad esempio “The Black Page“, un brano/assolo di batteria composto per Terry Bozzio di inaudita difficoltà, fu eseguito a memoria (!) durante un’audizione da Vinnie Colaiuta, non a caso oggi uno dei più grandi batteristi viventi.

Steve Vai

Steve Vai, guitar hero mondiale, racconta che Zappa lo massacrò facendogli eseguire una parte di chitarra prima nel modo usuale, poi in “7/8”, poi in “7/8 reggae”, poi aggiungendo note fino a fare diventare la parte impossibile da suonare per qualsiasi essere umano dotato di due sole mani e dieci dita. Zappa lo premiò in seguito citandolo in alcuni album “Steve Vai: impossible guitar parts”.

Steve Lukather

A Steve Lukather, il mitico chitarrista dei Toto e altro guitar hero mondiale, invece non andò bene. All’audizione vide presentarsi ben 150 aspiranti. Steve fu il primo. “Mi ha torturato”, disse. Zappa gli diceva di suonare alcune battute.

Se Lukather sbagliava e gli chiedeva di poter riprovare, Zappa rispondeva “Certo!” ma gli proponeva qualcosa di completamente diverso. Lukather racconta che fu tutto molto imbarazzante e doloroso, tanto da pensare che la sua carriera fosse già finita.  

Anni dopo, Terry Bozzio ha confessato a Lukather che venne usato da “esempio” per spaventare gli altri pretendenti, perché Zappa quel giorno non aveva voglia di sentire centinaia di chitarristi.

L’eredità

Come per tutti i grandi artisti scomparsi, da Elvis Presley a Prince, a Michael Jackson, l’eredità di Frank Zappa è stata motivo di acerrime liti tra gli eredi, i suoi quattro figli e la vedova Gail, soprattutto dopo la morte di quest’ultima avvenuta nel 2015.

La tenuta di Laurel Canyon a Los Angeles è stata acquistata due anni fa da Lady Gaga per oltre cinque milioni di dollari. “The Vault”, l’archivio segreto del Maestro, però è ancora là sotto, nello spazio antistante la villa.

Un vero e proprio bunker sotterraneo in cemento armato che Zappa aveva fatto costruire per sistemarvi il suo archivio. Durante decenni di attività creativa frenetica, Zappa vi conservò una quantità incalcolabile di incisioni inedite, comprese jam con altri musicisti celebri.

Si narrano le leggende più disparate in proposito, compresi i duetti con Eric Clapton e (niente meno che) Jimi Hendrix.

Al di là di progetti di dubbio gusto, come l’improbabile “Hologram Tour” che prevedrebbe nelle intenzioni la reunion sul palco dei principali musicisti che lo hanno accompagnato in carriera, per suonare con “l’ologramma” di Frank, a mio avviso il vero talentuoso erede del Maestro è il secondogenito Dweezil

Zappa che per anni si è esibito suonando il repertorio del padre con la formula “Zappa plays Zappa”.

Il libro

Barry Miles ha scritto numerosi ritratti di personaggi chiave della musica e della letteratura angloamericana come Bob Dylan, Paul McCartney, Jack Kerouac, i Police.

Miles ripercorre le tappe della vita di Frank Zappa essendo stato suo intimo amico. Racconta della sua arte, del suo impegno e dei suoi amori. Lo presenta come un carismatico guru politico, ma soprattutto come un grande artista.

In questa biografia, arricchita da un prezioso inserto fotografico tratto dall’archivio dello Zappa Family Trust e da un ricco apparato di approfondimento (note, bibliografia, indice analitico e discografia completa).

Miles esplora il mondo musicale e quello privato di Zappa con la curiosità e il rigore del giornalista specializzato ma addolcito dall’affetto per l’amico.

Il libro è edito da Feltrinelli.

Buona lettura.

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Musicista giramondo Dice di sé: Amo viaggiare, conoscere luoghi, persone, meglio se diverse e lontane dalla propria cultura, per osservare, conoscere, approfondire, ampliando cosi il bagaglio di esperienze vissute. Sono curioso e sempre in cerca della verità, intesa come giustizia del vero. Amo tutto ciò che è genuina espressione di sentimenti e emozioni umane. Dall’arte e letteratura, alla pittura, fino alla cucina e alle tradizioni popolari. La musica, sia classica che moderna, è la mia passione più importante, alla quale dedica maggior spazio e dedizione.