Fuga di cervelli all’estero: perchè i giovani preferiscono emigrare?

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’ex Ministro dell’Istruzione italiano, Francesco Profumo solleva questioni cruciali riguardo alla “fuga di cervelli” in Italia, sullo stato attuale del paese in materia di salari e attrattività dei territori.

In effetti, abbiamo un elevato numero di giovani che preferiscono cercare opportunità all’estero, piuttosto che tentare una carriera lavorativa in patria. I motivi, sono evidenti e sotto gli occhi di tutti e le prospettive di migliorare in futuro sono davvero difficili da individuare.

I numeri parlano chiaro: l’8% dei laureati, tra i 25 e i 34 anni, preferisce emigrare e questa tendenza, che non è mutata neanche con la pandemia, è destinata a salire (fonte Istat).

Salari bassi

Uno dei principali argomenti sollevati da Profumo è la questione dei salari troppo bassi in Italia. La competitività globale ha reso il mercato del lavoro estremamente dinamico, con molte nazioni che attraggono talenti offrendo salari più elevati e condizioni lavorative migliorate. In Italia, i giovani laureati e professionisti qualificati possono sentirsi scoraggiati dall’idea di costruire la propria carriera nel paese natale quando vedono offerte più allettanti all’estero.

È fondamentale affrontare questa disparità salariale per trattenere i cervelli più brillanti in Italia. Le politiche economiche devono essere rivisitate per garantire che le retribuzioni rispecchino il valore e le competenze dei lavoratori. Inoltre, incentivare le imprese a investire in formazione e sviluppo dei dipendenti può contribuire a creare una forza lavoro altamente qualificata, rendendo gli individui più attraenti per i datori di lavoro nazionali.

E non è solo una questione di giovani laureati; la fuga di cervelli coinvolge un pò tutte le categorie, anche professionisti altamente qualificati. La mancanza di opportunità di carriera soddisfacenti, la scarsa retribuzione e le sfide nel settore lavorativo spingono molti professionisti a cercare opportunità all’estero, dove le prospettive economiche e la valorizzazione del talento sono spesso maggiori.

L’attrattività dei territori

Oltre ai salari, Profumo sottolinea anche la necessità di lavorare sull’attrattività dei territori. In molti casi, la decisione di emigrare non è solo basata sulle opportunità di lavoro e sui salari, ma anche sulla qualità della vita offerta dalla città o dalla regione. Se le aree geografiche italiane non sono percepite come luoghi accoglienti e stimolanti, sarà difficile trattenere i talenti.

Investire nell’infrastruttura, nella cultura e nelle iniziative locali può contribuire a migliorare l’appeal dei territori. Le città devono essere progettate non solo per essere centri economici, ma anche per offrire un ambiente di vita piacevole. Parchi, servizi pubblici efficienti, cultura e intrattenimento sono tutti elementi che possono rendere un luogo più attraente per i professionisti qualificati.

Il percorso formativo dei giovani italiani, caratterizzato da studi prolungati e l’ingresso nel mondo del lavoro attraverso tirocini e stage, è spesso un viaggio complicato. Il protrarsi degli anni di studio, l’instabilità lavorativa iniziale e le sfide economiche hanno portato, nel tempo, a una crescente tendenza tra i giovani italiani di emigrare in cerca di opportunità all’estero.

I fatti e le riflessioni dell’ex ministro Profumo ci offrono spunti di riflessione più ampi su altri fattori che ruotano attorno alla “fuga di cervelli” all’estero. Il precariato, per esempio, la solidità di un piano pensionistico e il carovita sono elementi che non aiutano i giovani a scegliere il nostro Paese per costruire un futuro ed, eventualmente, una famiglia.

L’Inserimento nel Mondo del Lavoro: Tirocini e Stage

In Italia, il percorso educativo dei giovani si estende fino a un’età relativamente avanzata, con la laurea che spesso viene conseguita tra i 23 e i 27 anni. Questo prolungamento degli anni di studio genera un fisiologico ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro, ritardo che può avere conseguenze significative sulla vita economica e personale dei giovani.

Una volta completati gli studi, i giovani si trovano ad affrontare un mercato del lavoro competitivo e spesso caratterizzato da una forte richiesta di esperienza. La risposta a questa sfida si manifesta attraverso l’ingresso nel mondo del lavoro tramite tirocini e stage professionali. Queste opportunità, sebbene possano fornire un’esperienza pratica, spesso si traducono in paghe minime, insufficienti per soddisfare le esigenze economiche necessarie per intraprendere una vita indipendente o considerare il matrimonio.

Molti laureati si trovano costretti a intraprendere stage e tirocini senza garanzie di un impiego stabile a lungo termine. La mancanza di occupazione giovanile e la proliferazione di contratti a termine rendono difficile per i giovani costruire una carriera solida e prospettiva nel proprio paese d’origine.

In buona sostanza, i lavoratori giovani in Italia sono diventati una rarità.

Secondo il rapporto Censis, pubblicato a marzo 2023, nel decennio 2012-2022 gli occupati 15-34enni sono diminuiti del 7,6% e quelli con 35-49 anni del 14,8%, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40,8% e quelli con 65 anni e oltre del 68,9%.

Fuga di cervelli - nella foto si vede qualcuno che sta al pc a lavorare
Fuga di cervelli all’estero: perchè i giovani preferiscono emigrare?

Il precariato

I lavoratori invecchiano e in futuro ce ne saranno sempre meno: si stima che nel 2040 le forze di lavoro nel complesso saranno diminuite dell’1,6%, come esito della radicale transizione demografica che il Paese sta vivendo. Intanto, nei primi nove mesi del 2022 ogni giorno in media 8.500 italiani si sono dimessi dal lavoro: il 30,1% in più rispetto allo stesso periodo del 2019, prima della pandemia.

Nello stesso periodo, ogni giorno in media 49.500 italiani hanno iniziato un nuovo lavoro: il 6,2% in più rispetto al 2019. Sono numeri che fotografano un mercato del lavoro molto dinamico, in cui la ricerca di una occupazione migliore (che per i giovani significa meno precaria) è la bussola che orienta le decisioni e i comportamenti. La fascia della precarietà è infatti ancora ampia: complessivamente, il 21,3% dei lavoratori italiani è occupato con forme contrattuali non standard (tempo determinato, part-time, collaborazioni). La percentuale oscilla dal 27,9% delle lavoratrici donne (rispetto al 16,5% degli uomini) al 39,3% dei lavoratori 15-34enni.

Tra gli occupati giovani, la percentuale dei contratti non standard raggiunge il 46,3% tra le femmine, rispetto al 34,2% dei maschi.

Il part-time involontario, con meno ore lavorate e quindi retribuzioni più basse, coinvolge il 10,3% dei lavoratori italiani: il 16,7% delle donne (rispetto al 5,7% degli uomini) e il 13,9% dei 15-34enni. Tra gli occupati giovani, la percentuale del part-time involontario raggiunge il 20,9% tra le femmine e si ferma al 9,0% tra i maschi. La precarietà è giovane e ancor più donna, e alimenta una parte significativa della mobilità nel mercato del lavoro. È quanto emerge dal 6° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato in collaborazione con Eudaimon (www.eudaimon.it), leader nei servizi per il welfare aziendale, con il contributo di Credem, Edison e Michelin.

L’Influenza degli Affitti Elevati e del Carovita

Chi frequenta o vive nelle grandi città, sa bene quanto sia difficile sopportare il peso di un affitto, e ci si rende conto di questo già da studenti universitari.

Gli elevati costi degli affitti e il carovita rappresentano ulteriori ostacoli per i giovani che cercano di lasciare la casa dei genitori. Le spese quotidiane, unitamente agli affitti alti, spesso rendono difficile per i giovani costruire una vita autonoma. Questa situazione vrea obbligatoriamente una dipendenza economica dai genitori, ostacolando quella finanziaria e la capacità di prendere decisioni importanti sulla propria vita.

In Italia, la difficile transizione da contratti temporanei a posti di lavoro a tempo indeterminato compromette le possibilità dei giovani di investire in proprietà immobiliari. L’incertezza lavorativa e la mancanza di sicurezza finanziaria rallentano il desiderio di investire in una casa propria, rinviando spesso l’acquisto di proprietà a un futuro indefinito.

Il 64,4% degli occupati dichiara di lavorare solo per ricavare i soldi necessari per vivere e fare le cose che piacciono, senza altre motivazioni esistenziali. Questo vale in particolare per il 69,7% dei giovani e per il 75,6% degli operai.

A causa di questi ostacoli economici e occupazionali, molti giovani italiani sono sempre più inclini a cercare opportunità all’estero. Le prospettive economiche più elevate, insieme a una maggiore stabilità occupazionale e la possibilità di costruire una vita indipendente, spingono i giovani a emigrare, anche solo qualche chilometro oltre i confini italiani.

un ragazzo seduto su un avaligia in mezzo a una strada deserta che passa in mezzo all acampagna. Il ragazzo indossa un pantalone corto, una t shirt chiara ed ha tatuaggi sulle braccia e sui polpacci
Fuga di cervelli all’estero: perchè i giovani preferiscono emigrare?

L’Impatto sui Contributi Pensionistici

L’avvio tardivo della carriera lavorativa ha implicazioni dirette sulla previdenza sociale. Accumulare contributi pensionistici diventa una sfida, con il rischio di ritrovarsi con una pensione insufficiente alla fine della carriera. Il ritardo nell’accesso a lavori a tempo indeterminato complica ulteriormente la questione, poiché l’instabilità occupazionale limita l’opportunità di accumulare contributi previdenziali significativi nel corso del tempo.

In mancanza di un reddito adeguato, impossibile anche pensare a delle forme private di pensione integrativa, anche attraverso una contribuzione flessibile.

Il ciclo vizioso degli studi prolungati, lavoro precario e ostacoli economici ha portato molti giovani italiani a considerare l’emigrazione come una valida alternativa. Affrontare questa problematica richiederà un approccio olistico, che coinvolga riforme educative, miglioramenti nel mercato del lavoro, politiche abitative e previdenziali più favorevoli. Solo attraverso un impegno concreto e soluzioni mirate sarà possibile invertire la tendenza della “fuga di cervelli” e offrire alle nuove generazioni opportunità soddisfacenti nel proprio paese d’origine.

Le soluzioni offerte dal welfare aziendale

Oggi gli strumenti di welfare aziendale sono conosciuti dal 64,9% dei lavoratori (ma solo il 19,8% sa con precisione di cosa si tratta). In merito alle tipologie di servizi e prestazioni maggiormente richieste, il 79,4% dei lavoratori desidera un supporto personalizzato, tagliato su misura rispetto alle proprie esigenze, il 79,2% chiede maggiori opportunità di conciliazione tra vita familiare e lavoro, il 79,1% integrazioni del reddito, il 78,0% un aiuto per risolvere i problemi burocratici nel rapporto con le amministrazioni pubbliche, il 68,1% una consulenza psicologica per affrontare le difficoltà quotidiane. Se le integrazioni del reddito sono largamente apprezzate, dal welfare aziendale i lavoratori si attendono anche un utile supporto per raggiungere una più alta qualità della vita.

Il welfare aziendale sarà sempre di più uno strumento essenziale per i responsabili delle risorse umane per rimotivare chi è già in azienda e per attrarre nuovi lavoratori, in particolare i giovani.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”