“Hotel California” degli Eagles festeggia le nozze di rubino

Quarantacinque anni fa veniva pubblicato “Hotel California”, pietra miliare degli Eagles e della storia della musica

Per la rubrica “33 giri di ricordi”: recensione e retrospettiva dell’album “Hotel California” degli Eagles.

La Storia non è solo quella che si studia sui libri di scuola. E’ storia tutto ciò che ha contribuito al nostro sviluppo sociologico e che ha segnato gli eventi culturali. Ogni contesto storico è stato accompagnato dalla musica, colonna sonora che ha “battuto il tempo” e raccontato in modo indelebile la storia, fissandola a colpi di note nella nostra memoria. Nasce così la rubrica “33 giri di ricordi”, la musica che ha fatto la storia.

Proseguono gli appuntamenti con i 33 giri di ricordi, quelli che hanno segnato un’epoca: oggi parliamo di “Hotel California” degli Eagles.

1976

A Milano, il 1° gennaio, viene diffuso il segnale di Radio Popolare, prima “radio libera” in Italia.

Nel nostro paese imperversa la crisi monetaria: la Lira viene di fatto svalutata del 12%.

La camera dei deputati, approva con i voti di DC e MSI, l’articolo 2 della legge sull’aborto: la pratica è considerata reato ed è ammessa solo in casi di pericolo per la vita della madre.

Gli Stati uniti d’America festeggiano il bicentenario (4 luglio).

A Torino un gruppo armato assalta l’Associazione Dirigenti della FIAT: del nucleo fanno parte Roberto Sandalo e Marco Donat Cattin, figlio del politico democristiano Carlo. È la prima azione ad essere rivendicata dall’organizzazione terroristica Prima Linea.  

Peppino Di Capri, vince il 26° Festival di Sanremo con “Non lo faccio più”.

I Boston Celtics vincono il campionato NBA, battendo in finale i Phoenix Suns.

Il Toro (AC Torino) vince lo scudetto, il settimo, ventisette anni dopo la tragedia di Superga. Capocannoniere, per la seconda volta consecutiva, Paolino Pulici, con 21 reti.

Take It Easy

Se dovessi sintetizzare il disco in una frase, direi che era la fine dell’innocenza, atto primo” (Don Henley)

La band è in vita da quattro anni, e in quattro anni ha sfornato altrettanti album: il primo, omonimo, “Desperado” (un concept album che paragona la vita di una moderna rockstar a quella di un fuorilegge del vecchio West, personalmente lo considero un capolavoro), “On the border” e “One of this nights”.

Nati come tipica formazione west-cost, gli Eagles si sono ritagliati un angolo di popolarità, tra country, folk, e una spruzzata di rock classico. Le aquile hanno spiegato le ali e sono pronte a spiccare il volo verso vette ancora più alte.

Bernie Leadon, uno dei fondatori, principale influenza country, ha lasciato la band dopo la pubblicazione di “One of these nights”, poco propenso alla parziale svolta rock dell’album, e viene sostituito da Joe Walsh, chitarrista che con la west coast ha ben poco da spartire. La band trova nuova linfa, grazie anche al musicista del Kansas, trova nuova ispirazione, e compone un capolavoro, decisamente rock oriented.

Prodotto da Bill Szymczyk (si scrive solo, non si pronuncia) e registrato tra Miami e Los Angeles, “Hotel California” ha raggiunto, nel corso degli anni, la cifra di 26 milioni di copie certificate.

Beverly Hills Hotel

L’edificio che appare sulla copertina dell’album è il Beverly Hills Hotel, conosciuto anche come Pink Palace, costruito nel 1912 e situato al 9641 di Sunset Boulevard a Los Angeles.

Si tratta di un albergo di lusso, da sempre frequentato dalle star di Hollywood, e citato in parecchi romanzi di Jackie Collins e Harold Robbins. La direzione dell’hotel fece causa agli Eagles per aver sfruttato l’immagine dell’edificio senza autorizzazione. Gli interni della hall dell’albergo, che si vedono sulla retrocopertina, sono invece quelli del Lido Hotel di Hollywood.

hotel california eagles - l'ingresso del beverly hills hotel a los angeles, circondato da palme e cactus

Hotel California

Una canzone cinematografica, senza tempo, dalla struttura armonica tutt’altro che semplice, una delle canzoni più conosciute della storia della musica.

Arpeggi alternati di chitarra acustica a sei e dodici corde, due strofe e due ritornelli che non danno respiro, e che lasciano il posto ad un ponte che, invece di riportare al ritornello, come avviene di solito, gira quasi in una nuova canzone. L’assolo finale, tra chitarre elettriche alternate e poi continue, è da antologia.

Don Henley trasse ispirazione per il testo, dal suo girovagare in auto nel deserto (a base di LSD e tequila), e dalla rottura della relazione con la fidanzata dell’epoca, ma anche dal fatto che gli hotel “fossero diventati letteralmente e simbolicamente un punto focale nelle nostre esistenze dell’epoca“.

Poi, la canzone si è prestata ad una miriade di interpretazioni (addirittura si è tirato in ballo il satanismo), e qualcuno ha parlato addirittura di plagio, vista la somiglianza armonica con “We Used to Know” (“Stand up” – 1969) dei Jethro Tull.

Ma lo stesso Jan Anderon disse al riguardo “Non è plagio. È semplicemente la stessa sequenza di accordi. È in un tempo diverso, la tonalità è diversa, il contesto è diverso. C’è quasi una certezza matematica che finirai per scrivere la stessa cosa, prima o poi, se suoni qualche accordo sulla chitarra”.

Polemiche ed interpretazioni a parte, la title track, è stata, è, e sarà, uno dei pochi veri masterpiece della storia della musica.

New kid in town

“Johnny come lately, the new kid in town. Everybody loves you, so don’t let them down”.

La canzone racconta, attraverso la vicenda di un ragazzino giunto nella città degli angeli a caccia di fama, la fragilità dell’amore e la fugacità del successo.

Una pop ballad dolcissima, caratterizzata da un elegante piano elettrico, da cori pastosi (fonte di ispirazione per tanti, di lì a venire), e dal guitarròn mexicano di Randy Maisner.

Life in the Fast Lane

Il principale contributo di Joe Walsh, all’album, è rappresentato sia dalla composizione, insieme a Don Henley e Glenn Frey, sia dal potente riff di chitarra elettrica del brano. Una palpitante descrizione, quanto mai rock, rock sulla vita al limite, di una benestante coppia californiana, tra feste esagerate, pillole, e corse in auto a tutta a tutta velocità.

L’album contiene inoltre la bellissima e struggente “Wasted time”, la fine di un amore descritta dalla sofferta voce di Don Henley, ideale proseguimento di “Desperado”, ma con un pizzico di angoscia in più.

Di altissimo livello “Victim Of Love“, la ballad “Pretty Maids All In A Row“, e “The Last Resort“, sette minuti di musica, ideale proseguimento della title track, che chiude la raccolta.

The long run

Nel 1977 il punk, soprattutto in Europa, sta mettendo a ferro e fuoco il music biz, ma nonostante questa nuova onda, “Hotel California” venderà oltre sedici milioni di copie solo negli Stati Uniti, decretando però, l’inizio della fine degli Eagles.

Tra liti e riappacificazioni, trascorreranno tre anni per poter ascoltare un nuovo album, “The long run”, decisamente meno riuscito del precedente. Randy Meisner lascia la band e viene sostituito da Timothy B. Schmit, la stile vira verso un pop country di facile ascolto, e la batteria pare abbia un solo tempo da ripetere all’infinito.

Senza mai sciogliersi definitivamente la band pubblica, per motivi contrattuali “Eagles live” nel 1980 e “Hell Freezes Over” nel 1994, che, oltre ai vecchi successi del passato contiene 4 inediti registrati in studio.

Dopo anni di silenzio, la band torna sulla scena con un album di inediti “Long Road Out of Eden”, nel 2007, primo, intero album di inediti dal 1980.

Il 10 marzo 2016, Don Henley, annuncia in un’intervista alla BBC Radio 2, che la band ha deciso di sciogliersi a causa della morte di Glenn Frey avvenuta due mesi prima. salvo poi rimangiarsi tutto, visto che gli Eagles decidono di riunirsi per alcuni concerti, annunciando l’ingresso in formazione di Deacon Frey (figlio di Glenn).

Dell’album “Hotel California” abbiamo parlato anche nella rubrica “33 giri di ricordi“, all’interno della quarta puntata di “Baldi giovani in TV“, il format condotto da Annalisa Baldi.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.