Viaggiare da soli: 5 buoni motivi per farlo!

Viaggiare da soli: più facile e più divertente di quanto non sembri….

«Parti da sola?! Che coraggio!»

Ogni volta che decido di lanciarmi e partire con me stessa come unica compagna di viaggio mi sento rivolgere questa frase. Ma ci vuole davvero così tanto coraggio per partire in viaggio da soli?

Per quanto mi riguarda è già successo più volte, e la decisione è sempre stata presa in maniera abbastanza naturale. Ma anche la prima volta, cinque anni fa, quando ho scelto di partire da sola per un viaggio di dieci giorni in Messico non mi sono posta più di tante domande. Certo, era la prima volta che viaggiavo sola così lontano e per così tanto tempo… ma per quale motivo questo avrebbe dovuto essere un problema?

Ho cercato di mettermi nei panni di chi mi imputa un coraggio che non credo in realtà di avere e in quest’articolo ho scelto di rispondere a questa domanda di riflesso, elencando non tanto i motivi per i quali viaggiare da soli potrebbe costituire un problema, quanto più che altro quelli per cui ciò andrebbe fatto senza esitare.

Ecco quindi i 5 buoni motivi per scegliere di viaggiare da soli:

1) Socializzare

Ci sono persone che, lasciate libere nella natura, socializzerebbero persino con i nani da giardino o con i distributori automatici di biglietti di una stazione. Poi ci sono quelli come me che, invece, alla sola idea di dover entrare in contatto con il mondo esterno si comportano con meno disinvoltura di un riccio nella notte in mezzo ad una strada con i fari di una macchina puntati addosso. (Grazie al cielo esistono anche le vie di mezzo…)

Si potrebbe pensare quindi che la scelta di viaggiare da soli non sia altro che il coronamento di quest’attitudine “anti-sociale”… e invece ho scoperto sulla mia pelle che il risultato è esattamente l’opposto! Io, che quando viaggio con altre persone le incarico puntualmente di gestire ogni sorta di “public relation” al posto mio (dal chiedere informazioni ad un passante, al chiedere il conto al ristorante), in viaggio da sola in Messico mi sono ritrovata ad attaccare bottone con un gruppo di canadesi durante una visita alle grotte del Río Secreto, con due ragazze giapponesi attraversando in barca la riserva Sian Ka’an o ancora con un pittore californiano pranzando al bancone di un ristorante sulla spiaggia di Akumal.

Forse questi episodi non sono stati altro che manifestazioni di una crisi di astinenza da comunicazioni verbali. O forse, a causa dell’assenza di persone conosciute nei paraggi, mi sono semplicemente sentita più libera di parlare di me e ho avuto meno timore dei giudizi o di un’eventuale figuraccia. Quale che sia il meccanismo innescatosi nella mia mente, se questo è stato l’effetto su una timida patologica come me, vi lascio solo immaginare il risultato su una persona socievole per natura!

2) Spingere più lontano i propri limiti

Per alcuni costituiscono un limite le lingue sconosciute, par altri una cultura differente, per altri ancora un clima insolito. C’è chi si ritrova come limite la timidezza (vedi sopra), ma anche chi, al contrario, è affetto da socievolezza acuta e teme di intristirsi senza avere la certezza di una compagnia con la quale comunicare. (Poi, ma questo è un altro discorso, ci sono quelli che di limiti non se ne pongono proprio… e che di conseguenza hanno tutta la mia stima!)

In ogni caso, viaggiare da soli significa abbandonare provvisoriamente la propria “zona di comfort” e confrontarsi con la realtà del non poter delegare a qualcun altro ciò che ci mette più a disagio. Potrei argomentare sul perché a mio avviso una lingua, una cultura, un clima diversi non dovrebbero costituire un limite, ma altrettanto potrebbero fare i socievoli per spiegare perché io non dovrei essere timida.

Il punto non è questo, il punto non è sforzarsi di modificare la propria natura. Per esempio, se siete estremamente dinamici, come prima esperienza di viaggio da soli non vi consiglierei di scegliere un ritiro spirituale di due settimane in un centro di meditazione in India.

O se siete amanti della montagna e dello sci, magari non mettetevi subito alla prova con dieci giorni su un atollo alle Maldive.

Partire da soli può rivelarsi un’opportunità di crescita (e non una fonte potenziale di traumi) se la si sfrutta proprio per prendere coscienza dei propri limiti senza porsi l’obiettivo irrealizzabile di sopprimerli da un giorno all’altro, bensì quello di spostarli pian piano “un po’ più in là”.

3) Imparare a cavarsela da soli

Abbandonare la propria “zona di comfort” significa prendersi anche il rischio di confrontarsi con gli imprevisti senza poterli delegare. Ora, gli imprevisti sono certamente spiacevoli e fastidiosi, ma sono anche istruttivi e, paradossalmente, una volta superati costituiranno anche gli aneddoti più succulenti da raccontare.

Una volta tornata dal Messico avrei potuto descrivere per ore la bellezza dei paesaggi e dei siti Maya, eppure l’attenzione della mia cerchia sembrava catalizzata unicamente sull’immaginare la mia faccia quando, appena arrivata a Playa del Carmen, ho provato a prelevare dei pesos messicani ad un distributore automatico e mi sono resa conto che nessuna delle mie carte di credito funzionava e avevo con me solo qualche decina di euro da cambiare…

Ma, senza per forza voler scomodare dei veri e propri imprevisti, quando si viaggia da soli ci si sente più soddisfatti anche nel compiere in piena autonomia azioni più o meno semplici, ma in ogni caso non abituali. Personalmente, in Messico sono stata molto fiera di me quando sono riuscita a negoziare il prezzo della mia prima corsa in taxi utilizzando un misto di “itagnolo”-inglese-francese, o quando nell’autobus che mi riportava la sera al b&b sono riuscita a capire come chiedere in spagnolo la fermata (“Paradero, por favor!”) prima di ritrovarmi spersa nella più profonda periferia di Playa del Carmen. Anche se, quanto a cavarsela da soli, confesso che considero il mio vero colpo di genio l’aver messo in valigia la spugna con il manico che mi permettesse di spalmarmi la crema solare sulla schiena senza bisogno d’aiuto!

4) Approfondire la conoscenza con sé stessi

Questa può sembrare una banalità, ma quanti di noi possono dire di passare sufficientemente tempo con sé stessi da conoscersi in tutto e per tutto? Ciascuno di noi conosce sé stesso nel quotidiano, nella sua “zona di comfort”, e per di più in contesti nei quali ormai è sempre più difficile potersi definire veramente soli, vuoi per la presenza fisica di altre persone intorno, vuoi per la presenza virtuale dei social network.

Viaggiare da soli aiuta a scoprirsi sotto nuovi punti di vista, anche senza intraprendere meditazioni zen o particolari percorsi spirituali introspettivi. Per esempio, potrebbe capitarvi di rendervi conto che, sebbene amiate profondamente il mare e in compagnia passereste volentieri le giornate a rosolare al sole (o sotto l’ombrellone, nel mio caso), da soli dopo cinque minuti su una spiaggia non sapete più come occupare il tempo.

Oppure potreste accorgervi che, quando si è soli, il bancone di un bar è una vera e propria finestra sul mondo e diventa interessante restare un’ora a sorseggiare un cocktail mangiando guacamole e nachos guardandosi intorno invece di prendere qualche tacos al volo e rientrare in hotel. Insomma, viaggiare da soli non è assolutamente un’esperienza triste, come in molti vogliono credere, ma è al contrario un’ottima occasione per darsi la possibilità di ascoltarsi e, perché no, ritrovare un equilibrio con sé stessi.

5) Vivere un’esperienza senza filtri

Viaggiare da soli non consente solo a noi stessi di conoscerci meglio, ma anche agli altri. Quante volte vi è capitato nella vita di tutti i giorni di comportarvi in una determinata maniera non tanto perché lo voleste davvero, ma perché era ciò che gli altri (la famiglia, gli amici, i colleghi…) si aspettavano da voi? Viaggiando da soli, questo difficilmente accade.

L’assenza delle persone che ci vivono nel quotidiano, e che per forza di cose hanno di noi un’immagine ben precisa, ci permette di essere liberi di presentarci al mondo come meglio crediamo. Il che, attenzione, non significa mentire, ma semplicemente mostrarsi per la persona che ci si sente realmente.

Insomma, non voglio necessariamente dire che viaggiare da soli sia meglio che viaggiare in compagnia, ma è sicuramente un’esperienza da fare! …e spero con quest’articolo di avervi invogliati a farlo.

Mafalda Goveani
Mafalda Goveani
Ingegnere, organizzatrice di viaggi Dice di sé: Piemontese di nascita, ma parigina d’adozione. Ingegnere di professione, ma organizzatrice di viaggi per vocazione. Da piccola per divertimento costruivo castelli di sabbia in riva al Mediterraneo, qualche anno dopo per lavoro ho contribuito a costruirne di veri nella sabbiadel Deserto Arabico. Nel 2017 ho creato il blog MaffyTour, concretizzazione di un brand nato per gioco con degli amici dieci anni prima e sviluppatosi pian piano in un progetto che, unendo la mia passione per i viaggi e quella per la pianificazione, ha dato vita alla mia idea di “Ingegneria del Viaggio”.