Il narciso, fiore di aprile, che nel Medioevo era una pianta selvatica
Il narciso ha avuto un passato di fiore selvatico. Nel Medioevo, era piuttosto comune in tutti i Paesi europei che si affacciano sull’Oceano Atlantico. La sua bellezza, tuttavia, è stata la sua disgrazia, perché i suoi bulbi venivano sottratti ai terreni incolti per essere trapiantati nei giardini. Nei secoli, si fece sempre più raro sino a sparire dal paesaggio che prima illuminava con i suoi colori di luce. Per questo in molte Nazioni, ormai, è specie protetta, per preservare i pochi esemplari che ancora brillano lungo le rive o nelle radure dei boschi.


Come la pratolina, anche il narciso donava il bianco e il giallo della sua corolla ai giorni di Pasqua. La luce ardente della vita che ha vinto le tenebre della morte. I raggi del sole imprigionati in un fiore splendente come fiamma. Del resto, è citato nella Genesi quale fiore del Paradiso Terreste, simbolo del Paradiso che Gesù ci ha promesso con la sua morte e risurrezione. Era il fiore pasquale per eccellenza anche per l’uso curativo che si faceva, sempre in epoca medioevale, dei suoi bulbi. Pestati e applicati in cataplasma, curavano le piaghe e le scottature della pelle, rendendo il corpo intatto come quello di Gesù che risorge dalla morte.


Il mito greco di Narciso
Nel linguaggio dei fiori, tuttavia, il narciso rappresenta la vanità, l’egoismo e l’amor proprio, in riferimento all’antico mito greco. Narkissos era figlio della ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso. L’indovino Tiresia gli aveva predetto che sarebbe diventato il più anziano fra tutti gli uomini, purché non guardasse mai il proprio volto riflesso in uno specchio. Tutto andò bene finché il giovane non commise l’errore di respingere una donna innamorata.


La ninfa Eco, infatti, perse la testa per la sua bellezza e desiderava dichiarargli il suo amore. Ma era vittima di un sortilegio: riusciva a parlare soltanto ripetendo le ultime parole udite. Così Narkissos non la comprese e la respinse con sdegno. Ebbe pietà di lei Nemesi, la dea della vendetta, che, allora, condusse il ragazzo davanti a una sorgente dalle acque limpide. Lì Narkissos si specchiò per la prima volta e… si vide talmente bello che s’innamorò di sé stesso! Per ammirarsi, si sporse al punto che cadde in acqua e, dato che la sorgente doveva essere assai profonda, annegò. La pietà divina lo trasformò nel fiore omonimo e il narcisismo divenne il termine con cui definire l’atteggiamento di coloro che vivono nell’idolatria di sé medesimi.


Altre tradizioni, nel mondo
I romani immaginavano Plutone incoronato di narcisi e attribuivano a questo fiore la virtù di rasserenare il riposo eterno dei defunti. In Cina, dove la coltivazione fu introdotta solo in epoca medioevale, era invece un simbolo benaugurale, da offrire come dono per l’anno nuovo. Infine, i poeti arabi paragonarono il narciso all’uomo giusto e pio, perché il gambo dritto ricorda l’atteggiamento di chi prega con devozione innanzi ad Allah.


Cenhinen Bedr, emblema del Galles
La festa liturgica di san Dewi o Davide, patrono del Galles, cade il 1° marzo. Durante la parata, a Cardiff, si indossa un porro sul cappello. In altre parole, il porro contraddistingue il Galles, come il trifoglio l’Irlanda, come la rosa l’Inghilterra e come il cardo la Scozia. Fu lo stesso san Davide, nel VI secolo, a consigliare ai soldati gallesi che lottavano contro gli invasori sassoni di mettere un porro sul loro elmo. Lo stesso fu replicato durante la guerra dei Cent’Anni: le truppe gallesi indossarono addirittura uniformi bianche e verdi, per riprodurre i colori del porro.
Ma, a partire dal XIX secolo, in Galles al porro fu affiancato come secondo simbolo proprio il narciso e questo avvenne per due motivi. Per prima cosa, va considerata la grande diffusione che questo fiore aveva in campagna, quale pianta spontanea. E poi, in lingua gallese, il narciso si chiama Cenhinen Bedr, che significa “porro di san Pietro”. Come dare torto ai gallesi se, a un certo punto, preferirono un tipo di “porro” più vistoso e più profumato?


Lent lily e Easter lily, in Irlanda
Se nell’almanacco medioevale il Narciso rappresentava la Pasqua, in Irlanda fu piuttosto considerato un fiore da Quaresima. Il suo nome irlandese è Lus an chromchinn, che vuol dire “pianta dal capo piegato”. Ma in inglese diventa Lent lily, ossia “giglio di Quaresima”. Perché l’Easter lily, nell’Isola di Smeraldo, è invece la calla, di cui vi parleremo la prossima settimana.
Il narciso è, dunque, il fiore dalla testa piegata: non poteva essere che un segno di sfortuna e di morte. Se il primo a sbocciare avesse avuto il capo piegato in direzione dell’osservatore, quello sarebbe stato per lui un anno funesto. Era il principale nemico delle galline irlandesi: se un fiore singolo fosse sbocciato accanto al pollaio, non sarebbero nati pulcini dalla covata di una chioccia. Al limite era meglio che ci fossero tanti narcisi fioriti, intorno al pollaio stesso. Se fossero stati almeno 13, alla schiusa delle uova qualche pulcino sarebbe comunque riuscito a nascere.


Un piccolo ritratto botanico
Tra le specie di narciso sono diverse quelle che hanno origini selvatiche. Appartengono tutte alla famiglia delle Amarillidacee e il trombone tutto giallo è stato catalogato come Narcissus pseudonarcissus L. Ci sono poi il narciso bianco, ovvero Narcissus poeticus L., la tazzetta o Narcissus tazzetta L. e la più grande giunchiglia o Narcissus jonquilla L.


Il sostantivo Narcissus deriva dal verbo greco narkào che significa: stordisco, addormento. Fa riferimento al profumo molto intenso e inebriante che hanno i narcisi selvatici, meno apprezzabile nelle varietà coltivate. Prendendo in considerazione il trombone, esso ha radice a bulbo ed è alto sino a 40 centimetri circa. Presenta larghe foglie lineari, lunghe come il fusto appiattito che abbracciano alla base. Ogni fusto reca un solo fiore, che sboccia tra marzo e maggio. È formato da un verticillo di 6 tepali giallo pallido che circonda una corolla secondaria a forma di bicchiere, detta corona o tromba, che è giallo scura. Il frutto è una capsula che si apre a maturazione in tre parti.


Il narciso è anche una pianta medicinale?
Per il narciso, la droga è costituita dalla pianta fresca in fiore ma – attenzione! – è una pianta tutt’altro che rassicurante, se usata come rimedio fitoterapico. I principi attivi costituiscono un vero e proprio cocktail di alcaloidi: narcisina, licorina e galantammina. Nella medicina popolare, era usato un tempo come emetico, per far vomitare sostanze nocive, ma era assai pericoloso perché provocava spesso avvelenamenti. I suoi bulbi, scambiati per comuni cipolle e mangiati da persone o dal bestiame, sono stati causa di frequenti intossicazioni.
Oggi si usa soltanto più nei preparati omeopatici, su prescrizione medica, come disinfiammante delle mucose, depurativo ed emmenagogo. Ciò non esclude, tuttavia, che i suoi fiori d’oro e di luce, quando li ammiriamo trafitti di sole, siano una gioia per gli occhi e per l’anima.
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