Madreselva, assenzio, issopo, eliotropio, calendula, celidonia, cicoria, verbasco: tutte le erbe di agosto nell’almanacco medioevale
La madreselva era accompagnata da tante altre piante molto interessanti, per rappresentare il mese di agosto nell’almanacco medioevale. Di alcune vi abbiano già parlato, in precedenti articoli. Sfogliando l’archivio di ZetaTiElle Magazine, troverete infatti la calendula, la celidonia il verbasco e la cicoria. Su quest’ultima, aggiungiamo solamente che era già citata come specie da insalata nel Capitolare di Carlo Magno. Esso risale all’anno 779 ed è stato il primo capitolare della storia.
Quanto poi alla calendula, era un fiore molto amato da sant’Ildegarda di Bingen, oggi Dottore della Chiesa. La consigliava come antidoto in caso di avvelenamento e come lenitivo nelle infiammazioni della pelle. Nel Medioevo, la calendula era ingrediente comune in molte pietanze, specialmente zuppe.
Il verbasco era chiamato in Bretagna herbe de saint Fiacre e considerato uno dei migliori rimedi medicinali.
Nelle prossime settimane, invece, tratteremo altre erbe preziose, ossia l’assenzio, l’issopo e l’eliotropio. Oggi cominciamo con la madreselva, che è pianta medioevale per eccellenza. Il suo nome deriva infatti dal tardo latino matrisylva o sylvae mater.


La madreselva, detta anche caprifoglio, e gli Immortali Amanti
Nota pure come caprifoglio, per la forma a zampa di capra delle sue foglie, la madreselva è stata scolpita sulla tomba degli Immortali Amanti. Così sono conosciuti Abelardo ed Eloisa che, all’inizio del XII secolo, vissero una delle storie d’amore in assoluto più travagliate e commoventi. Essi sono sepolti nel cimitero di Père Lachaise, a Parigi, e la scelta del fiore di madreselva non è casuale.


Nel Medioevo, simboleggiava il legame d’amore eterno, molto prima che nel linguaggio dei fiori esso fosse rappresentato dalla rosa rossa. Nel 1180, è citato nel titolo del lai du chevrefoil, poesia scritta da Marie de France su un altro infelice amore, quello leggendario tra Tristano e Isotta. Attraverso i versi, la poetessa bretone paragonò il loro legame all’unione tra caprifoglio e nocciolo, per sempre avvinti come la vita e la morte.
Si diceva, infine, che se una fanciulla in età da marito avesse colto e portato a casa il suo fiore, si sarebbe sposata entro l’anno. Se poi lo avesse messo sotto il cuscino, avrebbe favorito dolci sogni d’amore. In quest’epoca, la radice era anche usata come erba tinctoria, per ottenere stoffe di colore azzurro.


Soave profumo antico
L’aroma della madreselva è molto intenso, con note di miele, di vaniglia e d’agrume. Era apprezzato sin dall’antichità, nella preparazione di cosmetici e unguenti profumati. I primi a utilizzarlo furono gli egizi, seguiti poi dai greci e dai romani. Ancora oggi, è un essenza assai utilizzata in profumeria, soprattutto in Provenza.


Le pipe e i bastoni da passeggio irlandesi
In Irlanda, il caprifoglio si traduce in lingua gaelica come féithleog e i suoi fusti erano usati in passato per realizzare i cannelli delle pipe. Anche nella selvaggia Isola di Smeraldo simboleggiava l’amore e, in particolare, la tenacia del sentimento che una donna prova verso l’uomo amato. Ghirlande di madreselva in fiore venivano messe sugli altari, quando si celebravano i matrimoni, per augurare buona fortuna ai novelli sposi. Un giovanotto per bene si recava a corteggiare la donna del suo cuore appoggiandosi a un bastone da passeggio di legno di caprifoglio. Questo avrebbe rivelato a tutto il villaggio che aveva le più oneste e onorevoli intenzioni nei confronti della ragazza e che l’avrebbe sposata.
Posto sopra la porta di casa, un rametto di madreselva teneva lontane da chi l’abitava la febbre e le persone malvage. C’era in proposito un detto: a mighty barrier to the ingress of the witch. Perché pare che il suo profumo penetrante fosse un’efficace barriera contro le streghe, che non ne sopportavano la dolcezza di miele. Persino il bestiame prosperava, se si piantava accanto all’uscio della stalla un rigoglioso caprifoglio.


Un ritratto botanico essenziale
Catalogata come Lonicera caprifolium L., questa pianta appartiene all’omonima famiglia botanica delle Caprifoliacee. Il nome Lonicera fu scelto da Linneo in omaggio al medico e naturalista tedesco Adam Lonitzer. Si tratta di un arbusto rampicante con fusti volubili, che si attorciglia facilmente su altre piante (biancospino, quercia e nocciolo, ad esempio). È curioso notare che forma spirali assai strette che procedono sempre in senso orario.


Attecchisce facilmente nei boschi di latifoglie sebbene, per la bellezza dei suoi fiori e per il profumo che emanano, sia ormai diventata specie ornamentale. Le foglie sono opposte a due a due, a margine intero, e quelle superiori sono spesso saldate alla base, al di sotto dei capolini terminali. Essi, che sbocciano da giugno ad agosto, sono composti di fiori tubolosi piuttosto lunghi, a due labbra. Hanno un caratteristico color crema, che sfuma dal giallo al rosato, e diffondono un odore deciso.


I frutti, che contengono numerosi semi, sono bacche carnose d’un rosso vivace e rappresentano un veleno mortale. Non devono mai essere ingeriti da chi voglia raccogliere la madreselva in natura. Si raccomanda, in generale, di non tentare di identificare la specie dalle fotografie, spesso artistiche, che illustrano i nostri articoli. Nel evidenziare un particolare, separato dal resto della pianta, a volte possono essere fuorvianti. Per essere sicuri di individuare l’erba in modo corretto, è sempre necessario ricorrere alle cosiddette chiavi botaniche, che portano a un riconoscimento certo.


Studi clinici che appartengono ormai al passato
Il caprifoglio era molto apprezzato dai medici dell’Età Moderna. Dai fiori, si distillava un’acqua prescritta da Rondelet (XVI secolo) e da Hoffmann (XVII secolo) contro asma, mal di testa, infezioni oftalmiche e per facilitare il parto. Nel XVIII secolo, Boecler e Koenig ne utilizzarono la corteccia nella cura della sifilide e della gotta. Il decotto delle foglie, secondo Chomel (1782) e Chaumeton (1819), giovava a chi contraeva malattie esantematiche. E c’era addirittura Nicolas Alexandre (XVIII) che ne impiegava le bacche mescolate a strame di cavallo quale impacco sulle piaghe!


Come lamentò Jean Valnet nel suo celebre testo “Fitoterapia. Cura delle malattie con le piante”, il caprifoglio richiederebbe studi più approfonditi. Tra i principi attivi, Valnet indicava, oltre all’acido salicilico, una sostanza antibiotica attiva contro il colibacillo e lo stafilococco. Per questo, gli attribuiva proprietà diuretiche e antisettiche. Egli, che per meriti scientifici fu creato in Francia Ufficiale della Legion d’Onore, aveva l’autorevolezza di proporre l’infuso delle foglie per uso interno. In caso di mal di gola e angina, definiva il decotto utile per gargarismi. Noi preferiamo consigliarvi di chiedere sempre il parere di un medico, prima di ricorrere alla madreselva, per la presenza di principi attivi velenosi nelle bacche.


Pianta del cuore, pianta di nostalgia
Colei che vi scrive questi articoli è legata alla madreselva da un particolare affetto. Quando era bambina, la mamma erborista le chiese di scegliere il nome per l’erboristeria di famiglia e fu proprio questa la specie prescelta da mettere sull’insegna. La mamma, che era anche una brava pittrice, ne dipinse sulle pareti i fiori sfumati di giallo e di rosa. Lei stessa, conseguito il titolo accademico, lavorò in negozio per alcuni anni. E ancora oggi, a distanza di diversi decenni, l’Erboristeria Madreselva esiste in un angolo sperduto del cuore. E conserva intatti tutti i ricordi di allora, di un tempo felice che non tornerà più.