Salto Rewind: Matteo Codignola “Vite brevi di tennisti eminenti”

Oggi è il gran girono. Il Salone del Libro apre le sue porte ai tanti lettori affezionati. Una manifestazione che si esperimenta attraverso una nuova vetrina, lo streaming di SalToExtra, dove illustri nomi della cultura parteciperanno per dare il loro contributo. Anche noi, in qualche modo, celebriamo la manifestazione internazionale torinese, con #SaltoRewind. Il progetto letterario che partecipa anche a #IlMaggiodeiLibri e propone ogni giorno, per tutto il mese di maggio, la recensione di un libro. Oggi Roberto Tartara, giornalista, recensisce il libro di Matteo Codignola “Vite brevi di tennisti eminenti”

Recesione di Roberto Tartara

Associazioni Impreviste?

Nelle vacanze di gruppo c’è sempre quello che si alza all’alba, va al mercato dove conosce il banco giusto, torna, e si mette in cucina, e quando tu emergi dalla stanza sperando solo in qualcosa di nero e caldo, di cui al momento non sei sicuro di ricordare il nome, si intromette fra te e i fornelli annunciandoti trionfante che stasera, alè, gazpacho per tutti. Gar(dnar) Mulloy era un po’ così, con la cocciutaggine aggiuntiva che gli veniva dall’essere cresciuto negli acquitrini appartenuti fino a poco prima ai Seminole, l’ultima tribù a non avere mai firmato un trattato di pace con gli Stati Uniti.”

(Matteo Codignola – Vite brevi di tennisti eminenti)

C’è una scena nel ‘Grande Freddo’ che mi è tornata alla memoria istantaneamente leggendo le gesta del dimenticato Mulloy. Non è che proprio lì, sotto sotto, è nascosta la bravura degli autori, mi sono chiesto? Saper generare pensiero e, in questo caso, immaginazione nel lettore. Si riaprono i fatidici cassetti polverosi, chiusi e maleodoranti, nel mio caso dai tempi delle prime rivendicazioni dell’emancipazione femminile, e rivivono lacerti di mondi appartenuti a spazi dimenticati nella calotta cranica sovraffollata (spesso, sempre?) da pensieri inutili.

Leggo quel brano di Codignola e torno al 1983. A quell’era geologica appartenente all’uscita del Grande Freddo, ed ecco che davanti a me rivivono Michael (Jeff Goldblum), il giornalista, e Meg (Mary Kay Place), l’avvocato desiderosa di una gravidanza. Si ritrovano una mattina in cucina a far colazione a un orario molto più vicino al sonnellino postprandiale, quando tutti gli altri sono già in piedi da ore.

Meg è a tavola, scura in volto pensando forse alla sua complicata ‘ricerca’, quando Michael entra nella stanza ancora sciroccato, immerso nei fumi residui del sonno, diretto alla ricerca di “qualcosa di nero e caldo, di cui al momento non sei sicuro di ricordare il nome”. Riempie la tazza e si siede a fianco di Meg e con aria intontita la guarda. E fa: “Siamo i primi, vero?”. Che poi, alla fin fine, forse c’entra poco con la storiella del gazpacho. Eppure il risveglio a tarda ora e l’imprevisto che ne consegue generano una qualche similitudine, almeno sotto la mia calotta.

"Vite brevi di tennisti eminenti" - di Matteo Codignola la copertina gialla con il disegno di un ragazzo tennista con la racchetta in mano
“Vite brevi di tennisti eminenti” – Matteo Codognola

Riveberi lontani


Del libro di Codignola si possono dire molte cose, ma è pressoché innegabile che sia divertentissimo. Venti storie ambientate prima dei fatidici anni Settanta (intrecciate ai crocevia più tragici della storia del Novecento) che per gli aficionados sono una specie di periodo dell’oro intoccabile come la Trimurti indiana di Brahma & co. per gli induisti.

Spassose perchè ruotano attorno al concetto di tennis come ossessione che travalica l’equilibrio mentale dei protagonisti, in viaggio in psiche muy problematiche lungo decenni dove il tennis survoltato di oggi era inimmaginabile, ancora a metà strada tra le avvisaglie del professionismo (copyright Jack Kramer) e un dilettantismo resiliente.
Si trovano storie dal meraviglioso intrico di cui oggi abbiamo smarrito anche il profumo. Mannaggia.