Partiamo con il dire che alla a fine del 2019 tutte le previsioni sugli andamenti turistici per i successivi vent’anni erano di forte crescita dei flussi. Poi è arrivata la “tempesta perfetta”. E dopo una tempesta bisogna reinventare. Reinventare il turismo insieme a tutto il resto.
Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020/2021, questo il titolo del rapporto del Censis datato febbraio 2021 che analizza quello che è stata la pandemia per il turismo: una tempesta perfetta.
La tempesta perfetta
Nel rapporto si legge che per essere tale, una tempesta perfetta deve avere determinate caratteristiche. Deve arrivare in modo assolutamente imprevedibile. Deve essere di potenza incredibile e a largo spettro. Deve durare più del normale e colpire attività cruciali e fragilità strutturali.
La pandemia da coronavirus che si è abbattuta sul settore turistico nazionale presenta tutte queste caratteristiche: inaspettata, estremamente invalidante sulla nostra vita in ogni suo ambito, con un impatto a spettro globale. Interessando cioè tutti gli anelli ecosistema turistico: aeroporti, logistica, servizi di base, hotel, B&B, ristorazione. Oltre naturalmente a intrattenimento, attrattori culturali, guide e l’elenco segue infinito.
Numeri agghiaccianti
Partiamo dal prima della tempesta. Nel 2019 circa 1,5 miliardi di persone hanno viaggiato consentendo al turismo di rappresentare il dieci per cento del Pil e di conseguenza dell’occupazione mondiale. Per ciò che riguarda il nostro paese, secondo i dati World Trade and Tourism Council (Wttc), l’impatto diretto del settore turistico nell’economia italiana si attestava intorno al 6% del Pil e al 7% dell’occupazione (con più di 1,5 milioni di posti di lavoro). Un settore, dunque, fondamentale.
Nel 2020 abbiamo vissuto l’anno più anomalo per il turismo globale che, a quasi vent’anni di distanza dallo stop dell’11 settembre, ha visto una nuova e devastante battuta d’arresto. A livello europeo l’Italia è uno dei paesi più colpiti. È quello con il più alto numero di esercizi ricettivi, più del 30% del totale di tutta l’unione, è il secondo paese per presenze straniere ed è tra i primi quattro per presenze negli esercizi ricettivi.
l’Istat parla di circa 219 milioni di presenze in meno rispetto al 2019, considerando i primi undici mesi dell’anno. Un dato che rappresenta un calo del -52,2% nonostante l’intervallo di sospensione della scorsa estate. Assoturismo conferma a fine 2020 una contrazione degli arrivi del 61,8%, seguita da una contrazione delle presenze complessive del 55%. Una perdita di presenze straniere del 71,2%.
Quale futuro per il turismo post Covid
Il. Rapporto del Censis, base per reinventare il turismo non è roseo. Scrive che difficilmente si potrà ripartire in tempi rapidi con una curva cosiddetta “a V”. Bisogna infatti considerare – oltre ai rischi sanitari e alle connesse preoccupazioni – la generalizzata riduzione delle disponibilità economiche. È dunque possibile che si torni sui numeri del 2019 in modo progressivo, forse non prima del 2023“.
Inoltre difficilmente la ripartenza potrà avvenire a prescindere dal tema della sicurezza sanitaria. E questo vuol dire attrezzare aeroporti, alberghi, porti, navi da crociera, in un modo completamente diverso dal passato. Per cui avere una gestione digitale dei flussi con una riprogettazione degli spazi.
Turismo a corto raggio
L’attenzione sul cliente si dovrà arricchire di distanziamento interpersonale e sanificazione che diventeranno elementi imprescindibili dall’offerta di accoglienza turistica. La ripresa del settore si legherà al turismo domestico di più corto raggio. Difficilmente alcune specifiche tipologie di turismo potranno ripartire nelle stesse forme. In primo luogo il turismo congressuale e fieristico, basato su grandi convention. Qui sarà necessario progettare forme di offerta con contenuti digitali, strettamente legate agli scenari post-pandemici con la creazione di una nuova figura sociale, il “turista virtuale “.
Nel reinventare il turismo si deve tener conto che dall turismo di prossimità però può partire una nuova chance per il patrimonio immobiliare dimenticato. Dal crollo del traffico aereo e del turismo internazionale è partita la ripresa del traffico veicolare sulle strade statali. Un turismo quindi fatto di spostamenti brevi, in auto, che ha come “ingrediente” fondamentale le seconde e terze case che sono nella disponibilità delle famiglie italiane. Un capitale fino ad ora poco utilizzato, quasi “inagito”, per via dei cambiamenti che hanno portato a viaggiare di più, andando più lontano e per periodi più brevi.
Lo smart working popola le seconde case
La crisi sanitaria legata alla pandemia, un po’ come è avvenuto nelle città, in cui i piccoli alimentari di quartiere hanno registrato un ritorno di clienti, ha offerto una seconda opportunità a molte luoghi turistici definiti secondari. Grazie anche allo smart working le seconde case hanno temporaneamente svolto la funzione di prima casa. Che sia ripiego o riscoperta, è comunque una tendenza che potrebbe andare al di là di questa fase emergenziale. Riportando in evidenza il miglioramento della qualità dell’offerta di vita di tante località turistiche minori.
Tutto queste considerazioni con la speranza che dalla tempesta perfetta si possa uscire non solo con un “rattoppo delle vele malandate”, ma con una nuova abilità di “monitorare il vento che si alzerà e di orientare i timoni nella giusta direzione”. Reinventare il turismo dopo la tempesta Covid richiede coraggio.