Severino, il gigante buono non ce l’ha fatta contro il coronavirus

Questa malattia non guarda in faccia nessuno. Ieri ci ha lasciato Severino, il ristoratore di Diano Marina. Il gigante buono non ce l’ha fatta contro il coronavirus.

E’ incommensurabile il dolore che sta provando l’Italia oggi. Quanto dolore, quanti morti, quanta tristezza. Questa malattia non guarda in faccia nessuno. Serpeggia invisibile, beffarda ti sfiora, cinicamente colpisce, senza un vero criterio. Spietata, non si cura di nulla. E’ come se si fosse aperta la porta degli inferi e una creatura mostruosa, senza volto, impalpabile, si aggira nelle nostre case, nei nostri ospedali e si porta via i nostri cari. Un dissenatore che ti succhia i polmoni, lentamente, ti priva del bene indispensabile alla vita, l’aria. Ti punta, ti corteggia e se gli piaci ti prende e ti fa suo. E con un perverso gusto per la sofferenza, allarga il suo mantello e fa piombare nel buio dello sconforto anche chi non si ammala.

Quante sono le famiglie che hanno perso un padre, una madre, un figlio, un amico. La cosa più perfida e grottesca è che se ne vanno, completamente soli. Senza neanche un ultimo abbraccio, un ultima carezza. Soli.

Storie da Coronavirus

E’ straziante per chi se ne va, è straziante per chi resta.

Storie da coronavirus, scriveranno i posteri. Ma nessuna parola potrà dare anche solo l’idea dello sgomento, dell’angoscia, della paura che si è impossessata dei nostri cuori.

E’ un articolo triste, lo so. Ma è una fotografia della realtà che stiamo vivendo. E’ una guerra, ma è una guerra strana, dominata dal caso. E la gente non muore sotto i bombardamenti ma muore per una stretta di mano, per un abbraccio.

Sono tante le vittime, ognuna con un nome e un cognome. Dovremmo riuscire a nominarle tutte, ma non si può. E allora ne nomino uno per tutti, a rappresentanza di tutti coloro che non ce l’hanno fatta. Sarà il suo nome a rappresentare simbolicamente tutti i caduti di questa assurda guerra.

Severino, il gigante buono

Severino era un uomo passionale, sanguigno. Un uomo schietto e sincero. In cucina era un artista. Cucinava lui per prendersi gli onori e gli oneri del suo lavoro. Al suo fianco, Andrea, suo figlio, un ragazzone di cui Severino andava veramente fiero. In sala, la moglie Lina, il suo grande amore della vita. E poi Giorgia, la sua bellissima figlia. Accontentava tutti, e non lasciava che un solo cliente uscisse dal suo ristorante senza avergli offerto un limoncello. Usciva dalla sua cucina per salutare tutti, passava tra i tavoli per assicurarsi che tutti fossero soddisfatti perchè la sua più grande gratificazione era proprio la soddisfazione del cliente.

Severino era così. Un siciliano doc, un omone grande con un cuore ancora più grande. Una famiglia bellissima che amava più della sua stessa vita. Faceva il carrozziere a Torino e poi, un bel giorno, decide di mollare tutto e aprire un attività al mare. A Diano Marina, in provincia di Imperia, Severino è un’istituzione.

Era un uomo passionale, Severino. Amava la moto, una dolce compagna di avventure che condivideva con famiglia ed amici. Amava la natura. Severino amava la vita.

Quelle sere da Severino

Prima un albergo a Cervo e poi un ristorantino accogliente a Diano Marina, piccolo ma con un bel dehor fuori per accogliere più amici quando la stagione è buona. Un’attività a conduzione famigliare, perchè è così che fa una famiglia. Si vive e si respira tutti insieme.

Lui li abbracciava tutti i suoi clienti, ma non li chiamava così. Lui li chiamava “i miei amici”. E ogni volta che arrivavi da lui era come andar a trovare davvero un amico, un famigliare. Aveva sempre pronta una seggiola, un tavolo e ti accoglieva come si accoglie chi torna da un viaggio. Con lo stesso entusiasmo ti invitava a godere del pescato del giorno che lui stesso andava a comprare. Sempre attento a che tutto fosse fresco, sempre attento a farti felice con la sua buona cucina. E i suoi occhi brillavano sempre.

I suoi piatti erano opere d’arte, un sapore che sapeva di casa. Severino, l’artista dei fornelli.

In questo momento so che non vorrebbe tristezza. So che direbbe ancora convinto “io il coronavirus lo combatto con il peperoncino!”. Non è bastato il peperonicino e il gigante buono non ce l’ha fatta contro il coronavirus. Ma so che non vorrebbe vedere le lacrime. Sono convinta che sarebbe felice se oggi, un bicchiere lo alzassimo alla sua salute. Perchè Severino era un artista della vita.

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”