5 è il numero perfetto: dalla graphic novel al cinema

Non a caso questa questa recensione esce oggi, 5 maggio (5) alle ore 5.00, perchè 5 è il numero perfetto. Ma perchè proprio il 5?

Il periodo di quarantena forzata, dovuto al Coronavirus, oltre a portare alla luce il cineasta che c’è dentro ognuno di noi, ha permesso agli amanti del cinema, quello vero, quello fatto da professionisti, di passare ore ed ore davanti allo schermo, in compagnia di film e serie TV. Merito delle varie piattaforme che, con lo sport anch’esso in quarantena, hanno rafforzato la programmazione di “sceneggiati”, come si diceva una volta, e lungometraggi a beneficio degli appassionati. Così ho avuto la possibilità di apprezzare “5 è il numero perfetto”: dalla graphic novel al cinema.

5 è il numero perfetto

Peppino Lo Cicero è un guappo della camorra in pensione, un killer spietato e affidabile, ma che non ha mai avuto velleità di carriera nell’organizzazione. Vive la vecchiaia con e per il figlio, Nino, figlio d’arte sui generis, anch’egli al soldo della camorra. L’uccisione del figlio in un agguato, riporterà il protagonista alla vita di un tempo, per strada ad uccidere, accompagnato da Totò o’ Macellaio, vecchio complice e compagno di ventura.

Aiutato da Rita, l’amante di un tempo, Peppino farà giustizia, a modo proprio, seminando cadaveri per la città, ma troverà la via per una nuova vita, quasi una redenzione. Una località lontana, una spiaggia assolata e deserta, dove però gli echi della vita passata non tarderanno a farsi sentire.

5 è il numero perfetto, dalla graphic novel al cinema. Nella foto la locandina del film, su sfondo nero, con le facce dei protagonisti in rosso

Western napoletano

Napoli 1972: una città buia e silenziosa, piovosa e sporca, lontana anni luce da quella descritta in “Gomorra”. La location ideale per un western metropolitano.

Dai Quartieri spagnoli al Rione Sanità passando per il Rettifilo, è un susseguirsi di cadaveri, sangue e sparatorie. Pistole fumanti e corpi crivellati di pallottole: quasi un tributo alla “Triologia del dollaro” di Sergio Leone. I due protagonisti, Peppino e Totò (assonanza secondo me non del tutto casuale), sembrano Wyatt Earp (Burt Lancaster) e Doc Holliday (Kirk Douglas), in “Sfida all’OK Corral”.

I portagonisti e il regista

Toni Servillo, nel ruolo di Peppino Lo Cicero, è pressochè perfetto. Un protagonista molto “bogartiano”, con tanto di trench e cappello di feltro. Sempre più bravo, e calato alla perfezione nel personaggio: killer spietato e metodico, padre affettuoso e premuroso. Un controsenso tipicamente italiano.

Carlo Buccirosso, nel ruolo di Totò o’ Macellaio, è una piacevole sorpresa. Impegnato forse per la prima volta in una parte drammatica, anzichè nel solito ruolo da commedia all’italiana, caratterizza benissimo il personaggio, compreso il colpo di scena finale. Impressionante la somiglianza con Peppino De Filippo.

Valeria Golino, la bellezza mediterranea che non invecchia mai. Un ruolo assolutamente non di contorno, anzi fondamentale per lo sviluppo della trama. Brava e beella come sempre.

Igort, al secolo Igor Tuveri, autore della graphic novel omonima e regista del film. Opera prima dell’artista cagliaritano dietro la macchina da presa. Prova superata. Il regista ci propone una Napoli “fumettosa”, narrata lentamente, a capitoli, come si conviene al miglior albo a fumetti. Bellissima la fotografia, azzeccati i costumi, e decisamente intriganti i personaggi di contorno: “Mister ics” è da antologia del cinema.

Già, però: ma perché 5 è il numero perfetto? Io lo so, ma non lo dico.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.