Sindrome di Down, parenti e amici il principale supporto

Parenti e amici sono il principale supporto per oltre il 40% delle persone affette da Sindrome di Down. Quasi la metà degli over 45 è senza occupazione. La richiesta delle famiglie: educazione all’autonomia e alla vita indipendente. Questi i dati salienti dell’indagine realizzata dal Censis in collaborazione con Aipd ( Associazione Italiana Persone Down): «Non uno di meno. La presa in carico delle persone con sindrome di Down per il perseguimento del miglior stato di salute e la loro piena integrazione sociale»

I risultati sono stati presentati il 9 novembre a Roma da Gianfranco Salbini, Presidente Aipd, Anna Contardi, già Coordinatrice nazionale Aipd e Ketty Vaccaro, Responsabile Area Welfare e Salute del Censis. Chi sono, come vivono, quali supporti hanno e soprattutto quali non hanno le persone con sindrome di Down e le loro famiglie? A queste e ad altre domande ha provato a rispondere l’indagine su un campione di 1.200 caregiver ( colui che presta le cure) intervistati in tutta Italia.

simbolo della giornata mondiale Sindrome di Down: fiocco giallo e azzurro

Il momento della diagnosi della sindrome di Down

Sempre più spesso la diagnosi viene comunicata ai genitori fin dalla gravidanza. Circa la metà dei genitori dei bambini tra 0 e 6 anni ha ricevuto la diagnosi prima della nascita del figlio, a fronte dell’appena 1,5% dei genitori che hanno figli tra i 25 e i 45 anni. «Merito del progresso della medicina e della diagnostica, ma anche un segno importante della volontà dei genitori di portare avanti la gravidanza anche dopo aver appreso la notizia, confermando una più positiva immagine sociale di questa condizione», ha commentato Ketty Vaccaro, Responsabile dell’Area Welfare e Salute del Censis. Ma ad aiutare i genitori nell’ affrontare positivamente la situazione nei primi tempi sono stati per lo più genitori, parenti e amici.

Cos’è la sindrome di Down

La sindrome di Down è la più comune causa genetica di disabilità intellettiva ed è dovuta, spiegano dall’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, “alla presenza, parziale o totale, di un cromosoma 21 in sovrannumero (trisomia 21). Si stima che l’attuale prevalenza nella popolazione generale vari tra 1:1000 e 1:2.000 nati“. La sindrome prende il nome dal medico britannico John Langdon Down, che ne fece un’ampia descrizione nel suo Observations on An Ethnic Classification of Idiots del 1866.

Le persone con la sindrome di Down possono avere tutte o alcune delle seguenti caratteristiche fisiche: mento anormalmente piccolo, fessure degli occhi oblique con pieghe della pelle all’angolo interno degli occhi, scarso tono muscolare, ponte nasale piatto. Un’unica piega palmare, lingua sporgente a causa della piccola cavità orale e alla viso piatto e largo, collo corto, macchie bianche su occhio e iride, note come macchie di Brushfield, e dita corte. Alto rischio di obesità.

L’accesso ai servizi e la presa in carico.

Poco meno della metà dei caregiver segnala la presenza nella propria Asl di appartenenza di un servizio pubblico o convenzionato dedicato alle persone con disabilità intellettiva e, tra questi, non tutti lo utilizzano. È alta la percentuale di chi non è informato e il 23% dichiara che questa tipologia di servizio non è presente. Inoltre la mancanza d’informazione condiziona evidentemente lo stesso utilizzo dei servizi. Infatti dall’indagine risulta che le persone meno abbienti, o con un basso titolo di studio, sono quelle che hanno le informazioni minori sulla realtà dei servizi esistenti. Solo un quarto del campione afferma che sul proprio territorio è stato realizzato un piano di presa in carico.

E, ancora una volta, emergono differenze significative a livello territoriale. Al Sud, il 73,2% dei caregiver afferma che il piano per la presa in carico della persona con sindrome di Down di cui si occupa non è mai stato realizzato.

digramma della sindrome di down con cromosomi

La percezione del livello di disabilità.

Con l’aumentare dell’età della persona con sindrome di Down, aumenta anche il livello di gravità percepito. Oltre i 45 anni, la disabilità viene percepita come grave o molto grave da quasi il 20%, con una netta impennata rispetto alla fascia d’età 25-44 anni, quando la disabilità è percepita molto grave appena dall’1,0%. «È un primo segno di come manchino servizi, supporti e in generale risposte soprattutto per gli adulti con sindrome di Down. E questo indica una strada alle istituzioni e a noi associazioni», commenta Anna Contardi, coordinatrice nazionale di Aipd.

Non è un caso che l’impatto della sindrome di Down sul lavoro dei caregivers sia significativo. Risulta infatti che il 25% delle caregiver donne ha ridotto il lavoro, mentre il 20,4% ha lasciato il lavoro o lo ha perso.

Il contesto di vita e la scuola

Col passare degli anni, aumenta il tempo trascorso in casa o nel centro diurno. Infatti fino a 14 anni, oltre il 90% frequenta la scuola. Tra 25 e 44 anni la percentuale di occupazione scende, infatti poco meno del 70% lavora o frequenta un centro diurno. La situazione si aggrava dopo i 44 anni, quando appena il 9,0% lavora, il 41,3% frequenta un centro diurno, ma ben il 44,8% non fa nulla e sta a casa.

La tendenza a stare a casa, ancora una volta risulta prevalente al Sud, dove evidentemente, come già indicato mancano i supporti. Per quanto riguarda la scuola, le difficoltà dell’inclusione vengono indicate soprattutto nella scarsa preparazione degli insegnanti curricolari, ma anche degli insegnanti di sostegno. È nelle scuole superiori, evidentemente, che la scuola inizia a mostrare maggiori carenze nell’offerta formativa e inclusiva per gli studenti con disabilità.

un ragazzo con occhiali con sindrome down seduto daventi a un libro

La vita sociale e sentimentale. 

Si esprime per lo più in attività strutturate, mentre risulta molto difficoltosa nelle attività informali. Oltre la metà non riceve e non va a casa di amici. Oltre il 60% non esce mai con amici. Ma quasi il 90% partecipa ad attività sportive o simili. Solo un quarto delle persone soggetto di indagine ha una vita relazionale affettiva e solo il 2,5% ha una relazione sessuale. Quest’ultima percentuale però è quasi doppia tra i 25 e i 44 anni. Segno che i tempi stanno cambiando e che, come cita l’indagine, “ci stiamo lasciando alle spalle quella visione angelicata e asessuata delle persone con sindrome di Down che ha caratterizzato il passato“.

Riguardo al lavoro, solo il 13,3% ha un contratto da dipendente o collaboratore. Di questi, il 35% percepisce un compenso minimo, il 35% un compenso normale.

Difficoltà e bisogni delle famiglie. 

Le difficoltà principali incontrate dalla famiglia riguardano l’integrazione nella scuola e nella società e la fatica di orientarsi tra i servizi sociali e sanitari. Molto significativi i dati sulle proposte d’intervento. Le famiglie chiedono progetti di educazione all’autonomia e alla vita indipendente, offerte di servizi per il tempo libero e politiche d’inclusione lavorativa oltre alla presa in carico complessiva della persona.

Per quanto riguarda il costo sociale della sindrome di Down, il costo medio annuo per paziente stimato risulta pari a 27.677 euro. Nello specifico, i costi diretti (legati alle spese direttamente monetizzabili sostenute per l’acquisto di beni e servizi) rappresentano il 15% dei costi complessivi. Il restante è dato da costi indiretti, legati agli oneri di assistenza che pesano sul caregiver.

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Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".