Villa Azzurra: l’ex manicomio dei bambini di Grugliasco. Storie di elettroshock e altre follie.

Villa Azzurra, chiamata anche padiglione medico-pedagogico è stata per molti anni il manicomio dei bambini. Si trovava (e l’edificio si trova tutt’ora) a Grugliasco (TO), in via Lombroso ai confini con Collegno. Era stata costruita in ampliamento all’ “Istituto Interprovinciale Vittorio Emanuele III per infermi di mente in Grugliasco” del 1931. Villa Azzurra è stata una struttura per il ricovero di 150 tra bambini recuperabili e scolarizzabili e bambini non scolarizzabili. Di fatto, nella stragrande maggioranza dei casi, erano semplicemente figli di ragazze nubili o di famiglie povere che non potevano accudirli. Oppure bambini nati con patologie allora poco conosciute o con patologie note ma “scomodi” alle famiglie.

Il reparto venne definito “aperto”. Ma il meccanismo della gestione medica e infermieristica risulta invece identico a quello degli altri settori del manicomio. Cioè chiuso. Villa Azzurra è però stata, più che un luogo di ricovero, un lager, un teatro di orrori e follie esercitate su minori dai cosiddetti sani di mente. Per ogni bambino ricoverato a Villa Azzurra la Provincia pagava una retta di 8000 lire al giorno.

i cancelli azzurri di Villa Azzurra
i cancelli azzurri di Villa Azzurra a Grugliasco oggi- ph Monica Col

Legge 36/1904 Sui manicomi e gli alienati: tutti possono internare tutti

Partiamo prima di tutto con una domanda. Come era possibile far internare anche i bambini? Ricordiamo che  la legge n. 36 del 1904, intitolata “Legge sui manicomi e gli alienati”, recita nei primi articoli. “Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri e riescano di pubblico scandalo. E non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi“. Ma cosa ancor più grave contenuta nell’articolo 2: “L’ammissione degli alienati nei manicomi deve essere chiesta dai parenti, tutori o protutori, e può esserlo da chiunque altro nell’interesse degli infermi e della società”. Quindi tutti potevano far richiesta di internare tutti. Non ci vuole molto ad immaginare cosa ha voluto dire e quali conseguenze ha portato. Non solo sui bambini. La legge Basaglia modificherà poi questo stato di cose.

interni di palazzina dell'opedale psichiatrico di Grugliasco
Interni attuali del complesso psichiatrico di Grugliasco – ph Monica Col

L’ingresso a Villa Azzurra del dottor Giorgio Coda: l’elettricista

Villa Azzurra, quindi, con l’avvallo di leggi e sanità apre. E i bambini, infatti, arrivano. I problemi nascono o, forse peggiorano, quando, nel 1964, fa il suo ingresso come nuovo direttore della struttura, con nuove tecniche di trattamento terapeutico,il professor Giorgio Coda. Psichiatra, laureato con tesi in antropologia criminale, formatosi sotto la guida del dottor Marco Treves, direttore per molti anni dell’Ospedale psichiatrico di Collegno. I suoi metodi terapeutici gli valgono, tra i corridoi, i pazienti e gli infermieri il soprannome de “l’elettricista“. Ma l‘elettricista risulta  in qualità di esperto, proprio per la sua esperienza, anche  giudice onorario del Tribunale per i minorenni

Coda, quindi, arriva da un’esperienza come Vicedirettore nel vicino ospedale psichiatrico di Collegno e continua, questi trattamenti anche sui bambini di Villa Azzurra, gestita allora, e fino alla chiusura nel 1979, dall’Opera pia dei Regi ospedali psichiatrici di Torino.

Giorgio Coda, lo psichiatra definito elettricista foto di repertorio licenza CC

Le prime denunce per Villa Azzura e Giorgio Coda al Tribunale dei minori nel 1968

Maria Repaci, assistente sociale del Centro tutela minorile di Torino, invia quattro anni dopo l’arrivo di Coda, un rapporto di cinque pagine al presidente del Tribunale dei minori. Nello scritto si racconta la vicenda di un bambino di dieci anni, Alberto Bonvicini. Alberto è ricoverato prima nell’ Ospedale Psichiatrico di Collegno. per avere ingoiato una biglia di vetro, e poi trasferito a Villa Azzurra. Qui il bambino è legato al letto per settimane. L’inchiesta ci mette un anno ad arrivare nelle mani di un giudice istruttore.

Dalle indagini emerge un sistema fatto di vere e proprie torture ai danni delle persone ospitate nelle strutture dirette da Coda, sia a Grugliasco sia a Collegno. Alcuni ex degenti risultano non avere più denti, spezzati a seguito delle sedute di elettroshock. Il procedimento contro Coda, però, inizia solo sei anni dopo, nel 1974.

Oltre a ciò, secondo quanto si legge su Ospedali Psichiatrici di Torino – Archivio storico, a cura di Diana Cossa, ASL TO3, Villa Azzurra riceve anche altre denunce. “Alla fine degli anni Sessanta alcuni genitori denunciarono che i bambini ricoverati a Villa Azzurra erano abitualmente tenuti legati ai letti e ai termosifoni in condizioni igieniche pessime, tanto che si era diffusa l’epatite B. Per la prima volta ci furono procedimenti penali contro i medici accusati di violenze e i bambini furono trasferiti in una struttura gestita dalla Provincia sulla collina torinese, anche se il reparto psico – pedagogico – Villa Azzurra rimane aperto fino al 1979.

ilviale che porta a Villa Azzurra
Il viale che porta a Villa Azzurra – ph Monica Col

Il reportage fotografico di Vallinotto.

La spinta che porta a un primo intervento della magistratura arriva però dal fotoreporter Mauro Vallinotto, de l’Espresso, già famoso per le sue denunce sociali. “Io ero entrato dalla porta principale della palazzina B, ero salito al primo piano senza che nessuno mi intercettasse e avevo scattato una cinquantina di fotografie – dichiara in un intervista-. Erano bambini poveri, abbandonati, difficili. Ricordo di un bambino cerebroleso e cieco, la sua diagnosi fu: cattivo e aggressivo. Impensabile tutto questo. Erano solo dei bambini cresciuti in ambienti difficili, abbandonati a se stessi. Erano semplicemente vivaci, lasciati e buttati lì, fino ai loro 14 anni. Poi, il passaggio successivo era il manicomio di Collegno .

Sono un giornalista che ha sempre creduto nella denuncia senza censura. Queste foto, una in particolare di una bambina nuda e legata in un letto, furono coraggiosamente pubblicata dal giornale l’Espresso nel 1970, in un articolo di Gabriele Invernizzi. Dopo due ore dall’uscita del giornale, già c’erano i carabinieri e la magistratura a Villa Azzurra“.

un bambino nel letto di Villa Azzura scatto del 1970 bianco nero
Uno scatto di Mauro Vallinotto a Villa Azzurra dal reportage de l’Espresso e esposto in successive mostre

Il turbamento del giudice Sansa

Adriano Sansa, giudice al Tribunale dei minori di Torino a metà degli anni sessanta, racconta l’“enorme turbamento” entrando a Villa Azzurra, il “manicomio dei bambini” .“C’era un silenzio assoluto, questi bambini erano dei piccoli adulti tristi”. “Reparto 10, trentasei bambini e ragazzi – si legge in La fabbrica della follia, racconto del manicomio e delle sue vite – completamente abbandonati in uno stato di totale inerzia. Non sono integrati in alcun modo, né è prevista alcuna attività di gruppo o ricreativa. Vi sono ragazzi ricoverati da diversi anni che non pronunciano parola”. Il processo comunque, nonostante le evidenze e l’irruzione dei carabinieri e della Magistratura, inizia solo quattro anni dopo. Villa Azzurra, il manicomio dei bambini va avanti per altri nove.

titolo Espresso 1970
Titolo dell’Espresso del 1970

Giorgio Coda , direttore di Villa Azzurra. Le imputazioni al processo del 1974

«Coda Giorgio, nato a Torino il 21 gennaio 1924, ivi residente, in via Gian Francesco Re 29, libero, presente, difeso di fiducia dall’avvocato Mussa, è imputato del reato di cui agli articoli 81 cpv., 572 I” e 2″ comma, 61 n. g C.P., per avere con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, quale medico dell’ospedale psichiatrico di Collegno prima e dell’ospedale Villa Azzurra poi, e pertanto pubblico ufficiale, maltrattato nell’ospedale di Collegno numerosissimi pazienti, persone cioè sottoposte alla sua autorità per ragioni di cura, in genere praticando loro elettro-massaggi transcranici e lombo-pubici, e nell’ospedale Villa Azzurra sottoponendo numerosi bambini, anche minori degli anni quattordici, tra i quali Alberto B., a contenzioni lunghe e dolorose, facendoli legare al letto per intere giornate e intere nottate, e in taluni casi, in periodo invernale, facendoli legare mani e piedi al termosifone acceso.

Ciò al solo fine di punirli per infrazioni a regole disciplinari e di comportamento; usando quindi mezzi punitivi per sé giuridicamente illeciti, cagionava in tal modo a Giovanni C., sottoponendolo a elettromassaggi, lesioni gravi consistenti nella perdita di numerosi denti con conseguente indebolimento permanente dell’organo della masticazione. Commettendo i fatti con abuso della sua qualità di pubblico ufficiale. In Collegno dal 1956 al 2 dicembre 1964 e in Grugliasco dal 1 dicembre 1964 ». Così si legge negli atti di apertura del processo Coda riportati sul libro del giornalista Papuzzi Portatemi su quello che canta, Einaudi.

una macchina per elettroshock del 1960 Siemens konvulsator III ECT machine from ca 1960.(licenza CC)

La condanna con amnistia

Nel processo di primo grado che vede Giorgio Coda imputato per le sevizie contro i piccoli pazienti del manicomio di Villa Azzurra, Coda viene condannato a cinque anni di reclusione, al pagamento delle spese processuali e all’interdizione della professione medica per 5 anni. Tre anni di reclusione gli vengono amnistiati. Il fatto che Coda sia anche giudice onorario del Tribunale dei minori, cosa che nessuno sapeva, neanche il giudice Rodolfo Venditti, (il magistrato a capo della Corte del processo), finché l’avvocato non la tira fuori dal cilindro come un coniglietto, fa scattare l’amnistia. I reati vanno in prescrizione e si arriva alla Cassazione.

Ma è evidente che in quel momento è in discussione l’intero sistema degli ospedali psichiatrici in Italia. Coda, infatti, si dichiara vittima di una macchinazione. I giornali torinesi fanno notare come lo psichiatra, nonostante l’utilizzo dell’elettroshock su centinaia di pazienti, sia finito a processo soltanto a seguito della denuncia di una assistente sociale. Insomma nessuno si sbilancia. Tranne chi ha subito le torture.

Villa Azzurra : non colpevole

La pena finale della Casssazione riguarda solo l’operato di Coda a Collegno. Villa Azzurra, nonostante foto, denunce e testimonianze dirette dal manicomio dei bambini non avrà colpevoli. Così recita la sentenza «i casi di atroce contenzione che hanno data certa sono successivi al periodo in cui il Coda fu a Villa Azzurra. Sugli altri casi ristagna una incertezza cronologica che le risultarne processuali non consentono di superare». I giudici determinano l’insufficienza di prove. Una parte delle contenzioni potrebbero essere state ordinate sotto Coda. Potrebbero, questo è il problema. La probabilità, anche se praticamente certa, non fa certezza.

finestre di Villa Azzurra in cui notano le piastrelle dei bagni
una finestra di Villa Azzurra in cui si vedono ancora le piastrelle colorate dei bagni dei bambini ph Monica Col

Gli elettroshock

Secondo l’illuminata testimonianza di Giorgio Coda, durante il processo, il trattamento tramite elettricità avrebbe dovuto curare il paziente. La fantomatica cura era chiamata da Coda Elettroshock o elettromassaggio, a seconda che venisse praticato alla testa o ai genitali. Le scariche di elettroshock erano praticate senza anestesia e, quasi sempre, senza pomata e gomma in bocca. In questo modo al paziente saltavano i denti. Durante il processo, Giorgio Coda ammette d’aver praticato circa 5000 elettromassaggi per sottolineare, a sua difesa, quanto fosse navigato in quella pratica. Ovviamente omette di dire quali risultati clinici fossero stati ottenuti.

I testimoni a favore di Coda

Contemporaneamente, va avanti l’istruttoria per Villa Azzurra, con un procedimento separato, per il reato di abuso di mezzi di correzione. Coda è interrogato due volte e cita tre testimoni a difesa: il dottor Guglielmo Parascandalo, neuropsichiatra a Villa Azzurra, e le assistenti educatrici Marisa Bertoni e Elda Camoletto. I tre testimoni non lo tradiscono; ridimensionano tutte le accuse, si appellano a necessità terapeutiche. Secondo Parascandalo, scopo della contenzione “era quello di evitare che i ragazzi facessero del male a sé e agli altri. Dichiara inoltre, così come la Bertoni e la Camoletto, “di non avere mai visto ragazzi legati al termosifone“.

Contesto che durante il periodo di mia direzione di Villa Azzurra si siano verificati, su mio ordine, episodi di contenzioni al letto, per punizione, e tanto meno al termosifone- dichiara Coda nella sua testimonianza al processo per Villa Azzurra, il manicomio dei bambini -. Ricordo che per evitare episodi di tal genere, avevo dato ordine alla suora capo-reparto di portar via i lacci di contenzione. Mi risulta che l’episodio di Alberto B., che venne trovato da un’assistente del Centro di tutela minorile legato al termosifone, accadde dopo che io avevo lasciato da alcuni mesi la direzione di Villa Azzurra “.

ex palazzo di giustizia di Torino in via corte d appello
il vecchio tribunale di Torino dove si svolse il Processo Coda

Prima Linea lo gambizza dopo la sentenza

A luglio del 1974 la sentenza del processo che vede Giorgio Coda imputato. eesponsabile del reato ascritto limitatamente ai fatti relativi all’ospedale psichiatrico di Collegno. Dopo questa sentenza Prima Linea decide di gambizzare lo psichiatra nel suo studio di via Casalis. In studio oltre a Coda, il collega Treves e Carla Simonessa, l’infermiera-segretaria. Il commando incatena l'”elettricista” di Villa Azzurra al termosifone e lo obbliga a inginocchiarsi. Dopodiché un primo proiettile colpisce la spalla destra, un secondo la sinistra, mentre un terzo manda in frantumi il ginocchio.

Coda finisce alle Molinette in prognosi riservata. La modalità dell’assalto non è casuale, quasi un contrappasso. Infatti, durante il processo allo psichiatra del manicomio dei bambini di Villa Azzurra era emerso un episodio, denunciato da un gruppo di assistenti sociali, di un bambino legato a un termosifone e poi liberato con ustioni alle braccia e alla schiena. Dal suo letto d’ospedale Coda dichiara alla stampa: “Ho sempre fatto del bene”.

fronte di villa azzurra il manicomio dei bambini
fronte di Villa Azzurra oggi ph Monica Col

Conclusioni

Molte le morti sospette durante il trattamento di Giorgio Coda. Alcuni suicidi negli istituti fecero nascere il dubbio che potessero essere stati provocati dalla paura o dalla sofferenza. Molti dei suoi pazienti, malgrado molto più giovani del direttore di Villa Azzurra, non gli sopravvissero.

Da allora l’edificio versa in grave stato di abbandono. L’ultimo progetto è stato presentato il 26 maggio 2022. Un villaggio residenziale universitario da 250 posti . Un progetto del valore di oltre 24 milioni di euro che dovrà essere completato entro il 31 dicembre 2025. Ad oggi, visto lo stato documentato nelle foto e nessun lavoro in atto, ci sembra una data “folle”. Nessuno psichiatra di Collegno, durante tutta l’istruttoria, si è presentato a testimoniare contro Coda

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Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".