Il geum, dedicato a san Benedetto
Caso non così frequente tra le piante medicinali, il geum conserva in italiano il suo particolare nome latino. È stato infatti catalogato come Geum urbanum L. e appartiene alla famiglia delle Rosacee. Eppure nei secoli passati ha assunto tanti nomi popolari, di cui il più comune è senz’altro erba benedetta. Fu associato alla devozione tributata a san Benedetto e, in un certo senso, dedicato al patrono d’Europa.
Nel XV secolo, era diffusa la convinzione che dove cresceva il geum non sarebbe potuto passare il diavolo. Per questo si appendevano i suoi mazzolini alle porte d’ingresso delle case, per tenere lontani gli spiriti maligni. Per estensione, in medicina era considerato un antidoto contro il veleno di serpi, ragni e scorpioni, creature demoniache per eccellenza. In un trattato medico che risale al 1491, si sosteneva addirittura che bastasse portarne in tasca la radice per evitare di esserne morsi o punti.


Le cinque ferite di Gesù crocifisso, in Irlanda
Se in Italia c’è chi chiama l’erba benedetta ambretta, ombretta o garofanaia, anche in Irlanda assume epiteti curiosi. In gaelico è detta An Machall Coille, per indicare che, quale habitat, predilige i boschi umidi. Ma le sono stati affibbiati in inglese altri nomi curiosi. Essendo il suo fiore giallo a cinque petali, è nota come gold star o five wounds, in ricordo delle cinque ferite di Gesù in croce. E siccome la foglia ha un aspetto trifogliato, si è accostata alla Santa Trinità come Holy Trinity. Non solo, in Irlanda il geum è una delle tante specie sospettate di essere il vero trifoglio di san Patrizio.
Come vi abbiamo già anticipato in precedenti articoli, resta un mistero quale sia la vera identità botanica della pianta che il vescovo Pádraig scelse. L’ipotesi del geum è tuttavia, secondo noi, una delle più fantasiose. In ogni caso, anche nelle campagne dell’Isola di Smeraldo si usava per scacciare i demoni. Inoltre, la radice essiccata veniva infilata nei cassetti, tra i vestiti, per tenere lontane le tarme, e serviva per aromatizzare la birra bionda. E i pastori conducevano le pecore che avevano appena partorito a brucarla, per aumentare la montata lattea.


Una piccola descrizione botanica
Il geum è una pianta erbacea che raggiunge un’altezza massima di 80 centimetri circa e che ha fusto ramificato. È diffusa in tutta Europa e predilige i terreni umidi, senza disdegnare i centri abitati: da qui l’aggettivo urbanum, che ne completa il nome latino. Le foglie sono imparipennate, composte dai 3 ai 7 segmenti, di cui il più grande è quello posto all’apice. I fiori, che sbocciano tra maggio e ottobre, sono peduncolati, eretti, dai petali gialli arrotondati. I piccoli frutti sono provvisti di un lungo becco uncinato che si attacca ai vestiti e al pelo degli animali, per potersi meglio propagare.


Principi attivi e impiego terapeutico del geum
La droga medicinale è costituita dalla radice che contiene un olio essenziale ricco di eugenolo, di composizione glicosidica, resine e tannini. In passato, grazie agli studi dei medici danesi Aaskow e Buchaave, ebbe fortuna come febbrifugo, quale sostitutivo della china. Oggi è pure utilizzato nei disturbi digestivi e intestinali (dispepsie e enteriti), come tonico per combattere la stanchezza e per fermare piccole emorragie. Sotto stretto controllo medico, secondo Jean Valnet potrebbe essere utile persino a chi soffre di tubercolosi. In uso esterno, lenisce le congiuntiviti e le infezioni oftalmiche in genere e disinfetta le piaghe.
Opportuni sciacqui orali recano sollievo in caso di mal di denti. Il decotto si ottiene ponendo due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua fredda. Si fa bollire per 5 minuti e si lascia in infusione per un quarto d’ora. Si filtra, si dolcifica (a meno che non serva per impacchi) e si beve come fosse un tè, lungo la giornata. Assai ghiotte e salutari sono infine le insalate che si preparano con le sue tenere foglie primaverili.
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