Tumore e terapia del dolore: tra innovazione, sicurezza e nuove soluzioni, gestire il dolore per migliorare cure e qualità della vita. I massimi esperti italiani parlano a Bari al simposio organizzato da Istituto Gentili nell’ambito del XXIV Congresso dell’Area culturale dolore e cure palliative (Acd) della Siaarti
Chi affronta un tumore combatte su più fronti. Non c’è solo la malattia in sé, ma tutto ciò che le ruota attorno: i trattamenti invasivi, la fatica mentale, la paura costante. E poi c’è il dolore. Circa la metà dei pazienti oncologici soffre di dolore cronico, una presenza costante che accompagna ogni fase del percorso, anche quando la malattia sembra ormai superata. In mezzo a questo quadro, si inseriscono episodi acuti, violenti e improvvisi: il breakthrough cancer pain, o Btcp. Colpisce all’improvviso, anche più volte al giorno, con un’intensità tale da sconvolgere la quotidianità. Gestire questo dolore non è un dettaglio, ma una necessità. È parte integrante della cura, della qualità della vita e spesso anche dell’efficacia delle terapie.
Dolore oncologico: sofferenza anche dopo le cure
L’idea che la terapia del dolore serva solo nei momenti finali è un mito da sfatare. Secondo i dati esposti al simposio “Terapia del dolore: novità e sicurezza”, organizzato a Bari da Istituto Gentili nell’ambito del XXIV Congresso dell’Area culturale dolore e cure palliative (Acd) della SIAARTI, emerge con chiarezza che la terapia del dolore nei pazienti oncologici non riguarda soltanto le fasi terminali, come spesso si tende a pensare.
Il dolore può derivare sia dalla progressione del tumore, sia dagli effetti collaterali delle terapie – chemioterapia, chirurgia, radioterapia – e ha un impatto fortissimo su ogni aspetto della vita: da quello fisico a quello psico-sociale.
Ansia, depressione e stress si legano spesso al dolore cronico, compromettendo tutto il percorso di cura. Per questo motivo, il trattamento del dolore va affrontato fin da subito, con serietà e competenza. E va cucito su misura, come ogni terapia personalizzata.
Gli esperti della SIAARTI hanno evidenziato come la sofferenza cronica spesso si associ a disturbi psicologici importanti che, a loro volta, possono compromettere l’aderenza ai trattamenti oncologici. In altre parole: gestire bene il dolore significa anche aiutare il paziente a curarsi meglio.
Oppioidi: ancora troppi pregiudizi da smontare
Appena si nomina la parola “oppioidi”, scatta il sospetto. È comprensibile, vista la storia di abusi e dipendenze, ma nel contesto oncologico bisogna fare chiarezza.
Il dibattito è ancora viziato da pregiudizi e disinformazione, che spesso scoraggiano pazienti e talvolta anche medici. Eppure, secondo quanto ribadito dagli esperti presenti al simposio, questi farmaci, se impiegati in modo appropriato, da specialisti e in contesti controllati, rappresentano lo standard raccomandato a livello internazionale. Il Fentanyl, in particolare, è uno degli oppioidi più utilizzati nel mondo per il trattamento del dolore grave. Agisce in fretta, ha un’emivita breve (cioè, non si accumula nell’organismo) ed è ben tollerato anche in pazienti con insufficienza d’organo, come quelli con danno renale.
In un contesto di cure assistite dal personale medico, il Fentanyl è una strategia terapeutica fondamentale e sicura, Non a caso, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo ha inserito nella lista dei farmaci essenziali per la terapia del dolore nei pazienti oncologici.
Quando il dolore ferma le cure
C’è un aspetto spesso ignorato ma centrale: un dolore mal controllato può diventare così invalidante da portare il paziente a rinunciare alle terapie. Il dolore, in molti casi, diventa il vero ostacolo al completamento dei cicli oncologici. Secondo quanto emerge dalle relazioni mediche presentate al simposio, alcuni pazienti interrompono la chemioterapia o rinunciano alla radioterapia perché la sofferenza è diventata insopportabile. È qui che entra in gioco l’importanza di farmaci a rilascio rapido e potente come il Fentanyl che consente di affrontare tempestivamente gli attacchi acuti e limitare l’impatto sulla quotidianità.
L’innovazione al servizio della sicurezza
Oggi la ricerca non si ferma al principio attivo, ma lavora anche sui dispositivi che somministrano i farmaci, per renderli sempre più sicuri. Il futuro della terapia del dolore passa, dunque, anche per l’innovazione tecnologica. Durante il congresso, i relatori hanno discusso delle nuove soluzioni in arrivo: dispositivi di somministrazione del Fentanyl progettati per minimizzare il rischio di sovradosaggio accidentale, uso improprio o abuso. Strumenti che potranno offrire una maggiore sicurezza, ma anche contribuire a ridurre lo stigma nei confronti degli oppioidi, promuovendo un uso corretto e consapevole dei farmaci. L’obiettivo non è solo alleviare la sofferenza fisica, ma permettere ai pazienti di vivere meglio, più a lungo e con maggiore autonomia.
L’innovazione, in questo senso, non è solo una questione tecnica: è anche uno strumento culturale. Aiuta a superare i timori, a diffondere consapevolezza e a riaffermare un concetto chiave: curare il dolore fa parte della cura del cancro. E farlo bene può cambiare, in meglio, la vita di chi sta affrontando uno dei momenti più difficili della propria esistenza.
fonte Tumori, esperti: “Dolore invalidante per 1 paziente su 2 in ogni fase della malattia”
Foto copertina di valelopardo da Pixabay
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