«Scrivo tanto. Nel 2020 mi sono trovato con un centinaio di brani. Scrivendo fotografo una parte di me, uno stato d’animo. Li fermo sul foglio perché mi fa stare meglio». È uscito il 16 aprile il nuovo album di Achille lauro, “Lauro”.
Una collezione di intenti e valori. Il nuovo album – che il cantante ha presentato come “ultimo” mettendo in allerta i fan su una probabile pausa artistica – raccoglie tutte le influenze stilistiche da cui Lauro prende ispirazione. A partire dal titolo che spiega lettera per lettera. “Lauro” come il titolo dell’album e del terzo singolo estratto e pubblicato il 19 aprile col videoclip ufficiale.
Il videoclip di “Lauro”, terzo singolo estratto dall’album
L’album “Lauro”
L per gLam rock, A per rockAndroll, U per popUlar musica, R per punk Rock, O per la classic Orchestra. Generi che in ordine l’hanno ispirato nella teatralità, nell’idea di sessualità e sensualità, nell’andare oltre ai pregiudizi, nell’anticonformismo, nell’attingere a qualcosa di più profondo. Tutto racchiuso in 13 canzoni intervallate da 6 discorsi ripresi dall’ultima partecipazione al Festival di Sanremo 2021 di cui è stato super ospite: “Lettera all’umanità”, “Dio benedica chi è”, “Dio benedica chi gode”, “Dio benedica gli incompresi”, “Dio benedica chi se ne frega”, “Dio benedica solo noi, esseri umani”.
Parte dall’umanità e torna agli esseri umani, che sono “solo noi” come il titolo del primo singolo estratto pubblicato lo scorso 19 febbraio. In mezzo tutte le sfaccettature del passato, del presente e del futuro. «Parlo della Generazione X – spiega Achille Lauro, che nato nel 1990 non ne fa parte – perché nei ragazzi di oggi, della Generazione Z, rivedo molti aspetti in comune con la generazione anni ’65-’70: non credono in Dio, che sia quello della religione tradizionale o di qualsiasi altro credo; accettano la dipendenza, oggi della tecnologia; non hanno fiducia nel matrimonio, in se stessi e in chi è venuto prima di loro. La piega più grande del presente è che i giovani non sanno chi vorranno essere. Vivono oggi e basta, cercano il successo immediato, i soldi, la fortuna e non guardano al futuro».
Guardando al futuro
Nel presentare il disco Lauro parla al futuro non solo per i messaggi che vuole comunicare, ma anche e soprattutto per le critiche che decide di anticipare. «Qualcuno si chiederà perché io abbia dedicato una canzone alla Generazione X, qualcun altro perché abbia intitolato un brano “Femmina”» dice.
E della canzone dedicata al mondo delle donne ammette: «Canto un punto di vista purtroppo molto raro. Il più comune è quello del maschio che si nasconde dietro la propria virilità. È una caratteristica che porta in stallo la coppia. In “Femmina” mostro quel lato e lo denuncio perché ne sono allergico. Ho avuto due fortune nella vita: aver capito presto chi volevo diventare ed essere cresciuto con coetanei e uomini più grandi che mi hanno fatto capire da cosa dovessi allontanarmi. Ho visto nella musica la possibilità di parlarne e realizzarlo».
Nell’album “Lauro” la femminilità è presente anche in “Marilù”, secondo singolo estratto presentato il 19 marzo. Una poesia intima e a tratti sorprendente che conferma la versatilità dell’artista.
Il passato di Achille Lauro
C’è tanto passato nel nuovo progetto di Achille Lauro: la religione cantata già dai tempi del primo mixtape, “Barabba Mixtape”, il ritmo dance che l’ha reso noto sin da “Thoiry RMX”, l’amore dalle tonalità oscure e sofferte di “Pour l’amor” e “La Bella e la Bestia”, il rock di “Rolls Royce”, le sostanze stupefacenti di “Angelo blu”. Un percorso di anni condensato in un disco che oggi lo consacra alla maturità artistica. «Nasce in maniera spontanea – spiega Achille Lauro –. Raccoglie tante frasi che ho inserito nel libro “16 marzo”. Ci sono tanti rimandi al passato: sono i pensieri che ho raccolto in tutti questi anni. Guardo sempre al futuro: sono un gran sognatore e immagino quello che non esiste, pur volgendomi al passato con nostalgia. Non riesco a vivere il presente, è il lato peggiore del mio carattere. Però tutte queste sensazioni mi servono per scrivere».
La copertina, curata in ogni minimo dettaglio come tutti i progetti di Lauro, è minimalista. Stupisce se si ripensa a quelle più decorate di “1969”, “1920” e “1990”, ma c’è un senso profondo dietro. «Bisogna andare oltre a quello che si vede e chiedersi perché sia così – dice Achille Lauro –. In questa cover c’è il gioco dell’impiccato con una sola lettera rossa, la O. Per me è la metafora della vita: il nome è volutamente incompleto perché indica la fine. Qualsiasi finale, che sia di lavoro, d’amore o in generale di un periodo di vita, dà sempre la scelta di proseguire. Ecco la O è rossa come quando alle elementari la maestra correggeva un compito. È rossa perché per me significa rifiutare una fine imposta».
La copertina del disco “Lauro”