Avere averi o essere veri?

Avere averi o esser veri? è il nuovo dilemma proposto alla nostra Margherita

Ciao Margherita, mi imbarazza molto scriverti questa lettera…non so che idea ti farai di me, anzi sono sicura che te ne farai una pessima. Ho 37 anni e 2 anni e mezzo fa ho conosciuto un uomo, oggi sessantenne, estremamente…messo bene economicamente. A parte tutte le proprietà che ha, ti dico solo che dove abitiamo è una villa con un parco di quasi due ettari…taccio sul resto.

In questi due anni, io che venivo da una famiglia normale, ho vissuto come una principessa; non solo perché il mio compagno mi ha sempre tenuta su di un piatto d’argento ma anche perché ho potuto togliermi tutti gli sfizi, soddisfare i capricci, fare viaggi e comprare ogni sorta di roba…E qui viene il brutto, cara Margherita…solo dopo quasi tre anni di relazione con questo uomo ho capito di non averlo mai amato, di essere solo stata attirata dai suoi averi.

Ora il problema è questo: dentro di me vorrei avere al mio fianco un uomo, meglio se più giovane della persona con cui sto ora, ho voglia di sentirmi innamorata davvero, dall’altra però mi scoccia perdere tutto il benessere di cui sono circondata. Mi sento una ***. Mi sento di aver approfittato della genuinità dell’amore del mio compagno. Ho paura però a tornare alla mia mediocrità. Mi vergogno di me stessa. Ho sbagliato.

Cara amica, intanto grazie per avermi concesso la tua fiducia nell’avermi inviato uno spaccato del tuo vissuto di cui ti risulta – come da tue parole – alquanto imbarazzante parlare. Tuttavia, io non sono qui per giudicare. Io sono “un’amica” virtuale che ascolta e che, eventualmente, può dire il proprio parere.

Tu dici che ti sei messa col tuo compagno solo per “i suoi averi”, ovvero i suoi soldi. E questo ti porta a sentirti una *** (ho oscurato il termine ma penso che tutti possano capire qual era la parola in questione). Io, invece, penso che probabilmente non erano i soldi ad attirarti, quanto il tipo di vita che lui ti avrebbe potuto offrire e che effettivamente, da come scrivi, ti ha offerto. Non sembra, ma sono due cose diverse.

Tu non eri, secondo me, tanto alla ricerca di cose materiali (viaggi, regali, ecc.) ma eri alla ricerca delle emozioni che derivano dall’aver una vita finalmente agiata e caratterizzata da abbondanza (in un periodo storico dove ce n’è poca in generale!). E questa voglia di agiatezza può, talvolta, travestirsi da amore; poi, per carità, immagino che tu possa volere una gran bene al tuo compagno che tra l’altro ti tratta come una principessa. Ma “voler bene” – nella coppia – è diverso da “amare”. E di questo te ne sei resa conto presto.

La tua email, quindi, dimostra quello che potrebbe parere banale ribadire: la felicità, quella vera, non si compra.

Io prima di decidere cosa fare della tua vita, comincerei ad essere meno severa con me stessa. Uno sbaglio, ammesso che di sbaglio si sia trattato, è una cosa umana che può capitare a tutti. Una scelta, anche se errata, può a volte essere modificata. Il lasciarsi sedurre dal dorato luccichìo di una vita agiata e di averi, è assolutamente comprensibile.

E’ probabile che smettendo di condannarti con tanta severità, tu possa arrivare presto ad avere la giusta tranquillità per vedere chiaramente che strada prendere, indipendentemente da ciò che eventualmente lascerai e da ciò a cui potrai andare incontro, imboccandola.

Un forte forte augurio e un abbraccio

Margherita

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Margherita Fumero
Margherita Fumero
Attrice teatrale televisiva e cinematografica. Allieva di Macario, ha lavorato per anni in coppia con Enrico Beruschi. Tra le sue partecipazioni più famose: Drive In di Antonio Ricci e Camera Cafè nel ruolo della stagista Wanda. Dice di sè: Descrivermi? Io? Già è difficile descrivere una persona che si conosce da diverso tempo, figuriamoci se stessi, ma...ci proverò! Anche perché non è così scontato che un individuo si conosca in tutte le sue sfaccettature, nonostante sia in “compagnia di se stesso” da tutta una vita. Infatti, ci sono parti di noi che ci sfuggono, altre che sono sotterrate negli strati più profondi del nostro animo, oppure altre che semplicemente non vogliamo vedere. Io, complice il lavoro che faccio, ho dovuto scavare dentro di me, anche per fare arrivare al pubblico l'emozione che deriva dall'essere in una particolare situazione. In più – e lo dico per chi non conosce la mia formazione – ho frequentato l'Accademia di arte drammatica, non di “arte Comica”! Fu Macario che mi consigliò di dedicarmi al comico, attraverso la frase che cito in tutte le interviste dove mi chiedono dei miei esordi: “con quella faccia lì, devi far ridere”, mi disse. Tuttavia, non si deve pensare che essere attori comici significhi per forza conoscere solo il lato divertente della vita; anzi! Si dice che i più grandi comici della storia siano stati dei depressi; un po' come i clown che, in alcune scuole di mimo e recitazione, vengono presentati come personaggi in realtà tristi. Io, in realtà, a parte qualche triste e naturale accadimento – come quelli che la vita riserva più o meno ad ognuno di noi – non posso sicuramente dire che sia o sia stata una persona infelice. Al contrario: la mia “voglia di far ridere” deriva da quella serenità che ho sempre respirato in famiglia. Mia mamma Luisa era un po' come me: ironica, sorridente e con la battuta pronta. Il mio papà Gino era più riflessivo, più incline alla saggezza, ma sempre sereno. Io ho fatto un bel frullato di queste caratteristiche, ci ho aggiunto quello che la natura mi ha regalato attraverso il temperamento et voilà: signore e signori, questa è la Fumero! Una signora buffa ma dignitosa; un soggetto autoironico ma profondamente rispettoso degli altri; una donna che può interpretare mille personaggi, pur rimanendo sempre se stessa. Una persona che finge sul palcoscenico ma che è profondamente vera nella vita reale.