Si chiamava Gianfranco D’Angelo ed era un vero signore

Il mio personale ricordo di Gianfranco D’Angelo, purtroppo scomparso oggi. Una stella che va ad unirsi al firmamento degli artisti.

Molti nati dopo gli anni ’90 non possono certo neanche immaginare cosa fossero gli anni ’80, ne perchè noi siamo così “attaccati” a quel periodo, tanto da avere gli occhi lucidi ogni volta che ne parliamo. E’ una cosa ancora diversa dal fenomeno dei Sixsty. Negli anni sessanta, il boom economico, la rinascita del Paese da un periodo bellico da dimenticare, la nuova tecnologia che arrivava nelle case con aspirapolveri, lavatrici e TV erano sinonimo di benessere per tutti. Ma gli anni ’80 erano uno spazio intertemporale che esplodeva in colori, immagini e nuove forme di espressione, tra arte e creatività assoluta.

Anche la comicità e il modo di fare TV erano coinvolte in un turbinio di novità che si allontanavano definitivamente dai cliché imposti dal perbenismo e dalle tradizioni.

Il nuovo che avanza

Una TV che aveva solo due canali e che si proponeva rigorosamente in bianco e nero, veniva surclassata dal techicolor e, proprio all’alba del mitico decennio, dai nuovi canali “pirata” che di li a poco si sarebbero imposti, a furor di popolo, come la nuova TV che avanza.

Non era facile piacere e arrivare nei cuori degli spettatori. Non era facile, soprattutto per quegli artisti che, fino a quel momento, avevano ricoperto ruoli che, a volte, restavano appiccicati addosso all’attore come una nuova identità.

Bisognava rinventarsi e, soprattutto, togliersi di dosso quel bigotto doppiopetto da prima serata che ormai stava stretto un pò a tutti. E anche le signorine cominciarono ad essere più “ardite” nell’abbigliamento. Ci voleva un nuovo format che segnasse il confine definitivo tra il pudore e la libertà di espressione.

E’ così che nacque il Drive In.

Drive In

Come dicevo, siamo proprio all’alba del mitico decennio e un giovane regista e autore dal nome Antonio Ricci ha un’idea artistica semplice ma talmente efficace da diventare una vera e propria rivoluzione nel mondo della comicità.

Prendi un luogo simbolo americano, per esempio un Drive in, metti delle “cameriere-coniglietto” che vanno in giro con un vassoio di bibite e popcorn, aggiungi un pubblico giovane e felice e intrattieni tutti con delle gag veloci e divertenti e il gioco è fatto. Ma ci vogliono dei comici e soprattutto, un capo cordata che sappia coordinare, fare da spalla ed essere allo stesso protagonista. In due parole, il miglior cast di comici da quel tempo ad oggi e ancora non eguagliato.

Non è stato facile rivederli tutti insieme, tanti anni dopo. Ci è voluta la volontà e la professionalità di Toni Campa per rivedere almeno una parte di questa “banda” tutta insieme su un palco, e non poteva essere che quello del Le Roi di Torino.

Gianfranco D'angelo con giacca a paillette e risvolto giallo, pantalone nero, davanti al microfono su un palco insieme a Margherita Fumero, vestita con tailleur rosa, Sergio Vastano, con completo nero e Enroco Beruschi con completo scuro, camicia bianca e cravatta rossa
Eh…forse…sono passati trent’anni da quei, chiamiamoli, “tormentoni”…Il varietà televisivo aveva bisogno di rinnovamento e negli anni ’80, con Antonio Ricci, ci siamo riusciti. Poi le cose sono cambiate, non dico che si sia tornati indietro, ma… Ma quelli erano gli anni ’80, dove i programmi RAI erano alquanto arretrati e noi abbiamo inventato un programma di rottura, ma che il pubblico si ricorda ancora”. Gianfranco D’Angelo

La banda del Drive In

Era proprio forte la banda del Drive In. C’era il fior fiore der mejo. Ezio Greggio passava da cRRRRicatrrutto a venditore ambulante, passando per il battitore d’asta (tosta, per tutti i gosti) più famoso della Padania.

Sergio Vastano era uno studente della Bocconi, eterno fuori corso con la sindrome del “rifiuto del 18“. Ezio Briaschi era “il Paninaro“, simbolo della moda “troooppo giusta“e degli idiomi nati tra le file dei licei italiani.C’erano Lory Del Santo, Carmen Russo Nadia Cassini e Tini Cansino, belle bambole un pò svampite, sciocche e ingenue con due “roberti” prorompenti.

C’era Giorgio Faletti che da Passerano Marmorito (località in provincia di Asti fino a quel momento ignorata anche dalle cartine geografiche) con un berretto e un calzoncino da colonia estiva aveva la passione per i giuMbotti. C’era il commissario Zuzzurro con il suo valido aiutante Gaspare, praticamente un fumetto vivente con la brioches sempre pronta. Francesco Salvi, il camionista di passaggio che aveva sempre il problema di una macchina da spostare, e i Trettrè (Edoardo Romano, Gino Cogliandro e Mirko Setaro) che, per loro, tutto pareva “na strunzata”.

Dal Drive In sono passati anche Carlo Pistarino, Massimo Boldi e Teo Teocoli, e tanti altri, con gag impossibili diventate storia.

E poi c’era lei. La regina del palcoscenico che aveva già fatto storia al fianco del grande Macario, Margherita Fumero, in tre parole, una nessuno e centomila. Il binomio inscindibile la unisce ad Enrico Beruschi. La Fumero è, all’occorrenza, Margherita, la moglie di Enrriiico, ed insieme diventano anche brasiliani in una “brutta fazenda“.

Ho dimenticato qualcuno?

Gianfranco D’angelo

Di quando l’ho incontrato, ricordo il suo sorriso gentile, il suo tono della voce, basso e calmo, le sue mani perfettamente curate che si muovevano piano e con classe mentre mi raccontava cosa significasse per lui l’epoca del Drive In. Mi parlava di un mondo che io vedevo solo da un 24 pollici, ma che per lui era l’Universo.

Un’artista che aveva indossato i panni di Raffaella Carrà smitizzando il caschetto biondo nazionale senza mai essere irriverente. Aveva ironizzato sulla decaduta aristocrazia italiana con la caricatura a Marina Lante delle Rovere e poi l’imitazione di Sandra Milo: semplicemente geniale.

E poi spaziava dall’addestratore di Ass Fidanken, al complice malandrino di Ezio Greggio, passando da spalla a subrette nel tempo di una pubblicità.

Un uomo che, come tutti i comici, aveva gli occhi perennemente umidi di un velo di malinconia. Mi aspettavo di trovarmi di fronte a un personaggio un pò goffo e smodato, e invece avevo davanti un vero signore. Un uomo che mi congedò con un baciamano inaspettato e che si muoveva con una classe mai vista, voltandomi le spalle rinchiuse in una giacca nera con uno sfavillante risvolto giallo di paillettes.

Parlare per più di trenta righe del Drive In e degli anni 80 potrà sembrare fuori tema, ma in realtà Gianfranco D’Angelo E’ il Drive In ed E’ il simbolo degli anni ’80.

Non solo.

Gianfranco D’Angelo è uno dei “rivoluzionari” della comicità italiana che hanno fatto la storia della televisione. Ma ciò che più conta è l’uomo che si nascondeva dietro quella giacca di paillettes. Un signore d’altri tempi dalla squisita galanteria e con un amore infinito per la vita e per l’allegria.

Gianfranco D'angelo con giacca nera di paillettes e risvolto giacca giallo sorride, affianco a lui Tina Rossi, con capelli neri ricci e una camicetta senza maniche bianca
Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”