Grande Fratello: antropologia pratica o semplice perversione?

Quello che sta succedendo al Grande Fratello Vip, é davvero poco edificante. E Le vicende successe in questa edizioni hanno dell’incredibile. Paragonabile a chi assiste ad un pestaggio in strada e al posto di aiutare o chiedere soccorso, resta a filmare la scena con lo smartphone. Le telecamere della Casa hanno ripreso per giorni un “branco” ben compatto che si è progressivamento “mangiato vivo” una preda fin troppo facile.

A poco valgono le riflessioni e i mea culpa espressi da Signorini, in merito alle responsabilità degli autori della trasmissione.

Con ventidue anni di messa in onda, il Grande Fratello ne ha offerti di spunti per far parlare di gossip, di cronaca, di cultura e di sport, e sicuramente le intenzioni iniziali erano buone, anche se, fin dall’inizio, era ben chiaro agli addetti ai lavori, che questo studio del comportamento umano avrebbe generato risvolti pericolosi.

Dal punto di vista mediatico, questo format è risultato vincente ed ha trascinato con sè una serie di programmi satellite che hanno avuto un discreto successo.

Da un punto di vista psicologico, resta il fatto che questa lente di ingrandimento puntata sulle dinamiche comportamentali che si sviluppano all’interno di una casa, con gruppo di persone messo in cattività, ha un che di perverso.

The Truman Show

Gli ingredienti di un esperimento da laboratorio ci sono tutti.

Mettete una ventina di persone in un ambiente chiuso e circoscritto. Dategli un solo bagno e una sola cucina. Uomini e donna in età fertile senza i loro partner. Rinchiudeteli per circa tre mesi, senza che possano comunicare con i loro affetti. Ma soprattutto, toglietegli ogni mezzo di comunicazione con il mondo, smartphone, radio e televisione da cui li avete resi dipendenti da anni. Poi sedetevi comodi con il vostro telecomando e state a guardare.

Ma cosa vi aspettate?

La posta in gioco è un trofeo che stimola l’ambizione e le telecamere sono l’opportunità di esibirsi. Prevaricare sugli altri è lo scopo ultimo e sublime. E ognuno gioca funzionando sulle proprie caratteristiche, portando con sè le proprie frustrazioni, il regresso psicologico che è la fondamenta del proprio carattere. La situazione e il contesto riducono inevitabilmente le capacità di controllo e spazzano via ogni soglia di tolleranza della razionalità umana.

Perchè dovrebbe stupire che qualcuno possa essere offensivo o che qualcuno possa essere ferito? Chi si scandalizza di cotanta indecenza, non ha letto Kant che, in merito alla differenza tra “emozioni” e “passioni”, dice più o meno questo: le passioni non sono soltanto, come le emozioni, disposizioni disgraziate dell’anima, gravida di molti mali, ma sono senz’eccezione cattive. La passione vi rinuncia, e trova il suo piacere e la sua soddisfazione nella schiavitù.

Quindi, di che stiamo parlando da ieri sera? Di bullismo o di istigazione al bullismo?

E qui entra in gioco il confine sottile tra ciò che è mediaticamente funzionale e ciò che è socialmente disfunzionale. Una scelta che gli autori dovrebbero tenere ben presente. La valutazione di inserire un concorrente che presenta un quadro emotivo fragile in gruppo potenzialmente lesivo per il suo benessere psicofisico, dovrebbe basarsi su criteri che vanno al di là dell’interesse per l’audience.

Non ci resta che piangere

Sono anni che i programmi televisivi convergono su una linea di educazione sociale deviante e lesiva a livello sociale e della comunicazione. Dalle discussioni dei salotti della De Filippi, alle cucine di Cracco, sono anni che assistiamo ad una degenerazione del linguaggio, degli atteggiamenti comportamentali che istigano alla discussione, all’arroganza e alla prevaricazione in un contesto di confronto verbale. Vince chi urla di più, vince chi ferisce di più. E gli altri zitti muti con la faccia sotto i tuoi piedi, per citare una nota battuta del film Non ci resta che piangere.

E davvero non ci resta che piangere, perchè il risultato è che ciò che viene insegnato, trasmesso o sdoganato, è di una povertà morale e culturale che ha dell’incredibile e che mal si accompagna poi al politically correct, altra grande burla ideologica.

Il politically correct che vuole ripulire la lingua italiana. Il politcally correct che non vede più spazzini e bidelli, ma operatori ecologici e scolastici. Il politically correct che non vede più neri ma persone di colore.

Cosa cambia? Ma davvero cambiando le parole cancelliamo il razzismo, la denigrazione e le offese?

Che differenza può esserci tra dire cieco o non vedente, se non valutando il tono e il contesto in cui viene usata la parola? In questo modo, ogni aggettivo rischia di diventare offensivo. Di questo passo non si potrà più dire basso, ma diversamente alto, non si potrà più dire brutto ma diversamente piacevole, e così via.

Ha ragione Sgarbi, quando dice che a breve un medico non potrà più dire a una persona che è stitica ma dovrà definirlo “non cagante”.

The Walking Dead

Ieri sera, a pagare le conseguenze di una situazione, che va ben al di là della semplice frase di Ginevra Lamboghini, non è stato solo il povero Marco, ma tutti coloro che proprio grazie a questa antitesi di concetti tra ciò che è mediaticamente funzionale e il politically correct, subiscono violenze psicologiche ogni giorno, in ogni ambiente. Dalla scuola al lavoro, passando per i contesti sociali di gruppo.

Il bandolo della matassa non è da ricercare nell’ edizione corrente del Grande Fratello Vip. E’ la matassa stessa.

Ovvero, questa serie di programmi spazzatura che da troppo tempo militano nei palisesti televisivi. Illusioni ottiche fuorvianti della cultura e della meritocrazia. Esempi deviati e malati della comunicazione.

Fautori dell’apparire e assassini dell’essere.

Programmi che uccidono la cultura e creano zombie ciondolanti che hanno fatto dello smartphone un’estensione naturale del corpo.

IO VI ACCUSO

E, a tal proposito, meritevole di essere citata la toccante lettera che un’insegnate ha scritto e che ha fatto il giro dei social.

Barbara D’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale… io vi accuso.

Vi accuso di essere tra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi.

Voi, con la vostra televisione trash, i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito in prima persona e senza scrupoli al Decadentismo del terzo millennio che stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.

Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di sé stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.

Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano con il vostro consenso di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.

Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi frustrato abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.

Parlo da insegnante,

Che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione. Che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima; che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che invece non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.

Ho visto nei miei anni di insegnamento prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. E provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.

Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.

Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.”

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”